Autocoscienza

La nevrosi, si afferma in psichiatria, in definitiva si riduce sempre ad una falsa assolutizzazione o del­l'io o degli altri o di qualcosa. In altre parole è chiu­sura alla dinamica della vita, rifiuto di stabilire rela­zioni, rifiuto di accettarsi come parte e di riconoscere quindi gli altri come soggetti veri, ossia portatori anch'essi di valori, sempre parziali ma pur sempre valori, distinti e differenti dai propri ed esigenti una integrazione vitale reciproca per il raggiungimento comune di una verità più profonda di sé, dell'uma­nità e del cosmo, e in ultima analisi di Dio che è la « verità » dell'essere.

Le frasi di san Paolo: « ... poiché noi conosciamo in parte... ora conosco in parte » (1 Cor. 13, 9.12) sono verità assolute nell'ordine dell'esistenza nel tempo; eppure l'uomo è portato a dimenticarsene, cosicché il proprio punto di vista, la propria formazione cul­turale basata su alcuni libri, la propria formazione religiosa basata su alcune formule o su qualche espe­rienza soggettiva, la propria posizione, finiscono di venir considerati inconsciamente valori assoluti o po­sizioni "centriche " attorno a cui tutto il mondo ruota. Lo stesso processo si compie collettivamente, e allora province, nazioni, civiltà e razze si autodefiniscono * centrali ", " fondamentali ", " uniche " o qualcosa del genere.

Su queste posizioni è evidente che ogni comunione diventa irrealizzabile, e mancando lo scambio la vita si atrofizza e il mondo invecchia. E' vero che sul piano commerciale, culturale e politico si tenta di raggiungere una stabilità di scambi, ma restano a livello di superficie lasciando inalterato in profon­dità il senso di sé come valore centrico.

Sarebbe necessario che fosse anzitutto il singolo uomo ad avere coscienza profonda della propria limi­tatezza e del proprio bisogno degli altri, senza dimen­ticare tuttavia di essere anche portatore di valori relativi di cui gli altri hanno * relativamente " bisogno. « Essere uno » è il finalismo intrinseco al­l'essere tanto individuale che sociale e cosmico, e il compito dell'uomo è appunto quello di provocare e far progredire la comunione (esiste altro concetto di progresso"?), e cioè di aprirsi agli altri per dare e per ricevere; e se non si vuole restare sul piano di una pura velleità romantica è necessario iniziare con chi ci sta accanto.

Ma a livello profondo, ossia di autentica comu­nione personale, l'unità direbbe Paolo è unità di animo e di pensiero (cf. Fil. 2, 2). E la difficoltà per l'uomo sta appunto qui. Come posso uniformare il mio pensiero a quello di un altro quando ad esempio sono convinto di una cosa, quando ne ho una visione chiara? Ebbene, è qui che normalmente ci si assolutizza proprio perché ci si dimentica che quella * visione chiara " è anch'essa soggettiva e sto­rica, ossia « visione parziale » o se vuoi « profezia parziale »; valore parziale, insomma, di fronte al quale conservi la radicale libertà di perderlo se hai l'anima tesa ai valori assoluti.

Assoluta, però, non è la verità di nessun uomo al mondo e nessuna formulazione di qualsiasi dot­trina, e pertanto l'unità di pensiero non la realizzi abbandonando la tua visione chiara per assolutizzare quella dell'altro; se cedo la mia idea è solo per qual­cosa di effettivamente assoluto, e volere o no di va­lore assoluto al mondo c'è solo l'amore, la carità, il valore che resterà anche quando la « conoscenza verrà abolita » (1 Cor. 13, 8). Non a caso Paolo pre­mette come condizione per la unità d'animo e di pensiero di possedere « un medesimo amore », e conclude esortando « ciascuno a stimare gli altri, con umiltà, da più di se stesso » per salvare l'unico vero valore.

Umiltà, ossia riconoscimento del proprio limite, della propria parzialità; umiltà come dono (regalo) agli altri della parziale verità che si è e che si ha, poiché una volta stabilita la comunione « anche nel caso che su qualche cosa la pensiate diversamente, Dio vi rivelerà anche (la verità su di) quella» (Fil. 3, 15).

E' il Verbo, presente come luce nella reciprocità dell'amore.

Ed è anche, in fin dei conti, la guarigione delle nostre quotidiane nevrosi.

Silvano Cola