Il nostro ideale

V. La carità è potente

Quando ci siamo consumati in uno fra noi — e ciò richiede la perfetta rinuncia del nostro io — allorché ci separiamo per necessità di studio, di lavoro o d'altro, portiamo nel nuovo ambiente non tanto lo spirito nostro, ma quello di Gesù, di quel Gesù che è nato spiritualmente nella perfetta comunione fraterna. Ognuno potrebbe dire: in me vive Cristo.

E' come se prima tutti insieme uniti fossimo stati un'ostia santa intera. Ed ora tanti pezzetti d'ostia santa: ogni pezzette porta in sé Gesù.

Presa questa carica dall'unità, cogli altri nel mondo ognuno cerca di vivere « da Gesù » e perciò, ad esempio, ama senza pretendere d'essere riamato. Da ciò infatti si distingue il vero cristiano. Dice la Scrittura: « Poiché se amate coloro che vi amano che premio avrete voi? Non fanno forse altrettanto anche i pubbli­cani? Amate i vostri nemici; fate del bene a coloro che vi odiano: pregate per coloro che vi perseguitano e vi calunniano ».

Comportandoti cosi non perderai la pace, quella pace che è lo stesso Gesù in te, e tornerai fra gli amici coll'amore vivo nel cuore e quindi con la capacità di riunirti con essi.

Questa unità, che va mantenuta più perfetta possibile, all'inizio ti costerà. Dio infatti diffonde la sua carità ove è il nulla di noi. Per questo le spiritualità dei santi sono basate sull'annientamento come per Giovanni della Croce, o sulla « povertà altissima » d'ogni cosa come per Francesco, o sulla piccolezza, come per Teresina. Ed è proprio questo annullamento di sé che ha fatto la grandezza di Maria perché la più umile fra tutti.

Esser uno col fratello vuol dire dimenticare completamente se stessi, per sempre. Non ritrovarsi possibilmente più. E' perdere tutto per vivere i dolori e le gioie degli altri, per mostrare a fatti a Gesù il nostro amore: è essere crocifissi con lui vivo nel fratello e con lui esser gloriosi. Dice san Paolo: « Chi è infermo che io non sia infermo? Chi è scandalizzato che io non arda?».

La carità sola conta e la carità è potente. Sentendoti peccato col fratello peccatore, errore col fratello errante, fame col fratello affamato, scomunica col fratello scomunicato, la vita che è in te passa anche in lui e sei da lui riamato. Vedi chiaramente che questo « entrare » nel fratello porta la rinascita del fra­tello. Egli rivede la luce perché sente l'amore e nella luce la speranza, che allontana ogni disperazione. E in lui rinasce la carità verso di te e verso tutti. Lo Spirito di Gesù è arrivato con ciò in un altro membro del suo mistico Corpo.

Il tuo è un rivivere un po' veramente la vita di Gesù. E' quasi un continuarlo. Dice la Scrittura: « ... il quale fece per noi peccato colui che non conobbe peccato affinché noi diventassimo in lui giustizia di Dio ».

Farti l'altro, come Gesù, per far l'altro come te, per donargli cioè quella pienezza di gaudio che la comunione, nel mutuo amore, ti ha fatto sperimentare.

E queste conversioni si operano amando così come Egli ha amato. Veramente, quando è in noi la carità, è Cristo in noi che dice: « Confidate, ho vinto il mondo ».

E noi possiamo quasi ripetere le sue parole ad una ad una: « Io sono la luce del mondo » per esempio. Infatti da questa nostra unità emana una luce che le persone semplici e buone desiderose sinceramente di Dio, come anche i pecca­tori umiliati dal peso dei loro peccati, riconoscono come luce di Gesù. E questa luce colpisce a volte talmente coloro che vengono dal mondo pagano di fatto, che procura all'istante la conversione, nel senso che l'anima dapprima attaccata a mille cose sente che c'è qualcos'altro a lungo bramato inconsciamente e che solo la può saziare e dissetare: Gesù.

Questa luce rivoluziona tutto ed in alcuni cade anche come chiamata di Dio a lasciare tutto, per seguire Gesù. In questi casi ogni distacco è facile e desiderato pur di essere con Gesù in mezzo ai fratelli.

Allora si vedono chiaramente gli sconvolgimenti operati da Gesù. Il suo messaggio opera anche la divisione: due contro tre. « Non sono venuto — ha detto — a portare la pace, ma la spada; venni a dividere il figlio dal padre e la figlia dalla mamma e la nuora dalla suocera ».

Gesù non è venuto a mantenere il quieto vivere del mondo, che lascia tanta noia nell'anima; è venuto a distruggere questa pseudo-pace ed a comporre una famiglia di figli di Dio, di fratelli suoi che camminano nella luce, fratelli il cui Padre è quello che sta nei cieli: « Padre nostro che sei nei Cieli... ».

Chiara Lubich