Sincerità

Essere sinceri non è facile. E' la libertà che mette l'uomo in peri­colo costante di insincerità; è l'in­telligenza che gli permette la fuga dal vero ogni qual volta il vero non coincide con determinati inte­ressi personali. Allora l'intelligenza diventa scaltrezza: va alla ricerca di motivazioni magari filantropiche o spirituali, si vale di interpreta­zioni « culturali » per trovare giu­stificazioni al proprio comporta­mento o per evadere dalla situa­zione concreta in cui l'uomo do­vrebbe impegnarsi per vivere la verità di sé nell'attimo presente.

Si è insinceri quando si sfugge alla situazione presente rifugian­dosi nel passato con tono di no­stalgia; lo si è altrettanto quando la fuga è nel futuro, caratterizzata dall'attesa passiva di situazioni nuo­ve che non si verificheranno finché noi stessi non le prepariamo vi­vendole magari nella solitudine per farle diventare vere-per-noi nell'at­timo presente. E si è insinceri quan­do la fuga dalla situazione con­creta si maschera di vaghe velleità universalistiche, di contestazione « globale », di riforme « globali ».

Il cristiano non si trova, quanto a pericolo di insincerità, affatto av­vantaggiato, anzi. Ha maggiori pos­sibilità di fuga in quanto gli è facile mascherare l'egoismo sotto forme religiose, con giustificazioni di teologia morale («fin qui è le­cito »... « in questo caso non sono obbligato »), con cavilli giuridici, con analisi esegetiche Gesti non intendeva dire questo »); oppure sentirsi esentati dall'obbligo umano e cristiano di tendere alla perfe­zione in quanto « le attuali vecchie strutture ecclesiastiche non permet­tono un vero sviluppo della perso­nalità ».

E' il trionfo del fariseismo teolo­gizzato, e proprio in un'epoca nella quale volentieri e donchisciottesca­mente si spara sul fariseismo del mondo moderno nonché sulla Chie­sa che ha paura di assumere nei confronti di esso l'atteggiamento di Gesù verso i farisei.

Il fatto è che Gesù non era fari­seo, mentre noi siamo dei farisei. E la Chiesa che annuncia il Van­gelo non è farisea perché non è fariseo lo Spirito che glielo fa an­nunciare, mentre noi, uomini della Chiesa, speso lo siamo coprendola di ridicolo e rendendo bugiardo con la nostra vita lo Spirito di Verità.

Diceva Don Foresi in una recente conversazione tenuta a più di tre­cento sacerdoti e seminaristi che quando in noi non vive l'uomo nuo­vo, Cristo, siamo fondamentalmente farisei perché abbiamo la tenta­zione di teologizzare i nostri at­teggiamenti accidiosi, il nostro borghesismo, i nostri impulsi istintivi ed egoistici, la falsa affermazione di sé, la propria carriera, la pro­pria volontà di potenza; e che per questo il Movimento più che urlare contro il fariseismo della società attuale tende a dire: eliminiamo prima da ciascuno di noi l'insince­rità per essere « veri » come Cristo.

Sarà il nostro « essere-veri » in ogni situazione concreta a far pren­dere coscienza agli altri della pro­pria insincerità. Chi è « vero » non ha bisogno di giudicare. Il cristia­no se è cristiano può vivere il « nolite iudicare ». Il fariseismo si smaschera da solo quando viene a trovarsi di fronte alla verità vis­suta.

Silvano Cola