DON FORESI RISPONDE

Riprendiamo alcune domande fatte a Don Foresi dai Gen, la sezione giovanile del Movimento dei Focolari, durante il loro ultimo congresso a Rocca di Papa-Roma

Vergini per esser padri

Quale senso può avere la verginità per il mondo d'oggi?

C'è tanto bisogno di verginità e di vergini, perché c'è tanto bisogno di paternità. Cioè più si è vergini più si è padri e ma­dri di persone. La verginità non significa essere dei celibi o delle persone che non hanno trovato da sposarsi. « La verginità si­gnifica aver sposato Dio e l'uma­nità ».

Un aspetto che conferma quan­to detto lo troviamo nella crisi che passa oggi la famiglia dove la paternità normale non basta più. Occorrerebbero infatti o dei padri che siano padri anche in un senso universale oltre che na­turale, oppure dei vergini che possano supplire a tanti di que­sti padri che non sono più ca­paci di contenere le aspirazioni della gioventù moderna.

Per questo c'è bisogno della verginità, oggi. Perché mai, co­me oggi, c'è bisogno di famiglia, di paternità.

Verso la sintesi cristiana

Come vedi la situazione mondiale oggi e come noi Gen possiamo in­serirci?

E' una domanda che richiede­rebbe varie risposte. Perché al­tro è inserirsi nell'Africa, altro a Firenze, negli USA o nell'Ar­gentina, ecc.

Ho la sensazione che stiamo attraversando un'epoca di gran­de travaglio. Travaglio che de­riva dalla crisi che sta avvenen­do nelle due grandi ideologie che hanno caratterizzato questi ultimi due secoli.

C'è una crisi profonda nelle democrazie occidentali (l'hanno chiaramente manifestata i fatti del maggio '68 in Francia, quel­li dell'università di Berkeley ne­gli USA, e quelli delle principali università europee), e c'è un tra­vaglio anche nelle democrazie popolari socialiste, basti vedere i fatti di Polonia che denunziano la crisi profonda di una ideo­logia e di certi regimi.

Assistiamo dunque a un mon­do che sta orientandosi: il so­cialismo sta orientandosi verso forme più libere e il mondo occidentale liberale sta orientan­dosi verso forme socialiste. Ri­tengo che con gli anni, forse coi decenni, da questi antagonismi che ci sono sia sul piano poli­tico che su quello ideologico, si arrivi a una sintesi culturale, lenta.

E la vera sintesi è quella cri­stiana.

Quindi noi ci stiamo avvici­nando al cristianesimo anche nelle forme umane attraverso il grande travaglio che l'umanità sta attraversando. Quando ci ar­riveremo, non lo so. Quello che vedo è unicamente l'esistenza di questa trasformazione e di que­sto cammino. Cosa ci sarà ri­chiesto per allora? Di essere uomini completamente liberi e completamente sociali al tempo stesso.

Naturalmente questo compor­terà una unione sempre maggio­re delle Chiese. Infatti col pas­sare delle trasformazioni, delle generazioni, sempre più ci si av­vicina al genuino cristianesimo che deve abbracciare tutto e tutti e fare un'unica Chiesa. Io questo lo spero e lo credo. Lo credo per questo moto profon­do che c'è in atto nell'umanità e nelle Chiese. E poi perché io mi accorgo che nel vostro grup­po ci sono cattolici, luterani, an­glicani e voi vi sentite tutti fra­telli. Cosa vuol dire? Che siete il mondo di domani che già si realizza, che già si sta realiz­zando.

Sapienza come vita

Che cos'è la Sapienza, come fa un cristiano a vivere nella Sapienza, a distinguere la vera dalla falsa Sapien­za nella vita di ogni giorno?

Quando si vuol parlare di sapienza bisogna rifarsi a delle categorie, o schemi mentali, un po' diverse da quelle in cui sia­mo vissuti per secoli nel mondo occidentale, perché c'è nella do­manda stessa il pericolo d'inten­dere la sapienza come un modo di pensare, divino magari, so­prannaturale e contrapposto alla saggezza umana.

La sapienza è un po' miste­riosa, perché è qualcosa che va al di là del nostro modo di pen­sare. Noi siamo abituati gene­ralmente a " ragionare ", a pen­sare con un pezzo della nostra anima che è il ragionamento.

Ora noi sappiamo che esiste — sul piano umano — al di là del ragionamento un pre-ragionamento; esso è stato evidenziato dalla psicologia del profondo. E come c'è una psicologia del profondo sul piano umano, cosi c'è nel piano divino.

Quand'è che noi viviamo pro­fondamente, esistenzialmente la nostra vita cristiana? Quando ciascuno ama Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima. Se cia­scuno ama Dio di questo amore cosi profondo, assoluto, si trova a pensare non con un pezzo d'a­nima, ma col profondo dell’ani­ma. Allora incomincia ad avver­tire dell'anima quello che si dice dei sensi, cioè il sentire dell’ani­ma. Quando una persona è pre­sa così da Dio comincia non solo a conoscere, ma a sentire con l'anima. E anche se questo sentire non è a volte trasporta­bile sul piano del ragionamento, del raziocinio, vi è un istinto di­vino in noi che ci fa subito accorgere se una cosa è giusta o sbagliata. E questa è la forma di conoscenza più alta che noi possiamo avere su questa terra.

Generalmente ci hanno abi­tuati a pensare che conosce di più chi sa più ragionare, mentre in realtà conosce di più chi «sen­te » di più la verità. E questo può essere dato a tutti: alle per­sone che sanno ragionare e han­no studiato e alle persone che non hanno studiato e non san­no ragionare. E in realtà non è logico basare la conoscenza (co­me facciamo noi occidentali) sul ragionamento, sul modo di pen­sare del cervello, ma sul " sen­tire " dell'uomo preso nel senso più profondo e più pieno.

Tutti abbiamo il dono della sapienza, già col battesimo, ma per arrivare a sentirla dentro di noi, nel nostro modo di parlare, nei nostri rapporti, bisogna che la nostra vita sia completamente donata a Dio e al prossimo; che ci sentiamo soli come degli ere­miti davanti a Dio e al tempo stesso immersi e uniti con tutta l'umanità. Dio infatti ci vede da soli e ci vede in un unico corpo.

Se siamo in Dio e in unità con il prossimo, per noi sarà facile distinguere la sapienza dal­le altre cose, e non dico dalla falsa sapienza, ma dal ragiona­mento, dal chiacchierare, dalla conversazione, tutte cose che so­no anch'esse una forma di co­noscenza, ma in realtà superfi­ciale, esteriore.

Naturalmente, per dialogare con gli altri, questa sapienza de­ve diventare anche conoscenza intellettuale, e per questo ci vuo­le lo studio e la conoscenza della vita cristiana anche nel suo aspet­to intellettuale. Però agli altri come a me serve più una goccia di sapienza che tutti i libri, per­ché è la sapienza che riempie quel vuoto profondo che c'è nel­l'anima di una persona quando comincia a diventare cosciente della vita, quell'esigenza che poi si manifesta in forme esteriori di reazione, di contestazione a qualche cosa che non sentiamo adeguato a quello che vorrem­mo.

E' con l'esperienza, con il con­tatto quotidiano con Dio che si acquista la sapienza e che si in­comincia a sentire le cose che sono di Dio e quelle che non sono di Dio, e si distingue subito nelle vicende della vita quello che è sapienza, che è verità, da quello che non è sapienza e ve­rità.