Chiesa nel mondo

 

Destinazione universale dei beni

Dopo lunga gestazione è stato pubblicato dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace un importante documento dal titolo: "Per una migliore distribuzione della terra". Per l’elaborazione di questo testo sono stati coinvolti esperti di ogni parte del mondo. Esso si basa sul principio della destinazione universale dei beni, uno dei cardini della dottrina sociale cristiana. II problema della terra non tocca soltanto l’America Latina, ma riguarda anche l’Africa, l’Australia, la Nuova Zelanda e le Filippine. Senza dire degli effetti negativi che questo problema crea anche nelle nazioni economicamente più ricche col flusso sempre crescente ed incontrollabile dell’immigrazione clandestina. Il documento è articolato sostanzialmente in tre parti. La prima fa il punto sulla situazione attuale, rilevando gli enormi problemi suscitati in questo secolo dalla concentrazione della proprietà terriera nelle mani di pochi ricchi e dalla spinta della popolazione rurale verso le grandi città, dove si stanno moltiplicando insediamenti umani di sottosviluppo. La seconda parte è di carattere teologico-biblico sul senso e il valore della terra e mette in luce che essa appartiene a Dio che la dona a tutti suoi figli, perché ne facciano un uso sociale. "La dottrina sociale della chiesa, basandosi sul principio della subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni, analizza le modalità di esercizio del diritto di proprietà della terra come spazio coltivabile e condanna il latifondo come intrinsecamente illegittimo" (n. 32)."La funzione sociale direttamente e naturalmente inerente alle cose e al loro destino, consente alla chiesa di affermare nel suo insegnamento sociale: "Colui che si trova in estrema necessità, ha diritto di procurarsi il necessario dalle ricchezze altrui". Il limite al diritto di proprietà privata è posto dal diritto di ogni uomo all’uso dei beni necessari per vivere. Questa dottrina, già elaborata da San Tommaso d’Aquino, aiuta nella valutazione di alcune complesse situazioni di grande rilievo etico-sociale, quali l’espulsione dei contadini dalle terre che hanno lavorato, senza che sia stato assicurato loro il diritto di ricevere la parte dei beni necessari per vivere, e i casi di occupazione di terre incolte da parte di contadini che non ne sono proprietari e vivono in uno stato di estrema indigenza" (n. 31)."Per la dottrina sociale della chiesa il latifondo contrasta nettamente con il principio che "la terra è data a tutti e non solamente ai ricchi", cosicché "nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario" (n. 32)

Nella terza parte del documento si indicano anche alcuni strumenti in grado di aiutare gli esseri umani a vivere una vita dignitosa: le cooperative tra contadini, la formazione professionale, il credito. Naturalmente la chiesa non entra in una programmazione tecnica, ma si limita a stimolare la creatività umana, perché non si fermi ad una semplice riforma agraria ma cerchi le forme più adatte al benessere sociale di tutti.

A questo proposito il vicepresidente del Pontificio Consiglio, il vescovo vietnamita Nguyen Van Thuan, dichiarava ai giornalisti che, essendo stato recentemente in Australia, dove i vescovi hanno aiutato alcuni gruppi aborigeni ad ottenere terra, si era reso conto di persona che non basta una semplice distribuzione o restituzione della terra, ma "è fondamentale un programma adeguato di educazione e di formazione. Se la terra non viene gestita con criteri moderni non dà reddito e i contadini non hanno altra strada se non quella di metterla in vendita, diventando così di nuovo dei senza terra".

Questo documento è una preziosa sintesi della dottrina sociale della chiesa e "si propone di far volgere lo sguardo di tutti verso uno degli scenari più tetri e dolorosi della corresponsabilità, anche di tanti cristiani, in gravi forme di ingiustizia e di emarginazione sociale e dell’acquiescenza di troppi di loro di fronte alla violazione di fondamentali diritti umani" (n. 60).Certamente il problema della terra è molto complesso e presenta svariate sfaccettature a seconda dei Continenti. Che "lo spirito del Giubileo ci sproni a dire: "Basta!" ai tanti peccati individuali e sociali che provocano situazioni di povertà e di ingiustizia drammatiche e intollerabili!" (n. 61).

 

"Maria e la liberazione umana"

È questo il titolo del libro tanto discusso, del teologo srilankese Tissa Balasuriya della Congregazione degli Oblati di Maria Immacolata. L’opera pubblicata già nel 1990 aveva suscitato perplessità nei vescovi del posto e in seguito anche nella Congregazione per la dottrina della fede, che nel luglio del 1994 inviava all’autore una serie di osservazioni e domandava una chiarificazione.

Purtroppo le cose poi precipitarono e nel gennaio del 1997 il libro veniva censurato perché conteneva gravi errori e l’autore, non più riconosciuto teologo cattolico, incorreva nella scomunica.

In questi giorni da un comunicato della Congregazione degli Oblati si è venuto a sapere che il consiglio generale della stessa, lo scorso novembre, aveva deciso di mandare, d’accordo con la Congregazione per la dottrina della fede, una delegazione nello Sri Lanka per incontrare e dialogare personalmente col Balasuriya.

La delegazione, guidata dal padre generale, Marcello Zago, ha avuto un dialogo fraterno e profondo col religioso. Al colloquio hanno preso parte Daniël Corijn, vicario generale, e Ronald N. Carignan, consigliere generale. Il Balasuriya era accompagnato dai padri Dalston Forbes, Anselm Silva e Oswald Firth. Il padre Bernard Quintus, provinciale oblato del Sri Lanka che ospitava il gruppo, era presente come osservatore.

Dal dialogo, durato ben sei giorni, è venuto in luce che il Balasuryia non aveva alcuna intenzione di negare la fede cattolica; al contrario, cercava una via di inculturazione del cristianesimo nelle culture asiatiche, così diverse da quelle occidentali. Egli ha quindi sottoscritto la sua adesione piena alla dottrina della chiesa.

Così il giorno 15 gennaio di quest’anno, nella vigilia della festa del patrono dello Sri Lanka – il beato Joseph Vaz – nella cappella del vescovado di Colombo, alla presenza dell’arcivescovo del posto, del presidente della conferenza episcopale di questo Paese e del nunzio apostolico, il Balasuriya ha fatto la sua professione di fede, recitando il credo di Paolo VI.

Secondo la dichiarazione dell’arcivescovo di Colombo, riguardo al futuro Balasuriya "si dice d’accordo nel sottomettere i suoi scritti riguardanti la fede e la morale all’imprimatur dei suoi superiori, religiosi e diocesani. Ha anche promesso di astenersi da ogni dichiarazione che sia in contraddizione con questa riconciliazione". In seguito a ciò l’arcivescovo, con l’approvazione della Congregazione per la dottrina della fede, ha dichiarato soddisfatte le condizioni poste dalla Congregazione stessa ed ha ritirato la scomunica, riammettendo il padre Balasuriya nella piena comunione ecclesiale.

Questi nella sua dichiarazione scritta ha affermato: "L’impegno della mia vita è stato sempre quello di sforzarmi di essere un vero discepolo di Gesù Cristo, di servire la chiesa e di lavorare per una liberazione umana integrale e per una società più giusta. A questo scopo ho cercato di promuovere la teologia nella prospettiva di un’inculturazione della fede in Asia".

Naturalmente il periodo trascorso è stato doloroso. "È mia speranza ed è mia preghiera - egli conclude - che col tempo ogni ferita sarà guarita e potremo lavorare tutti insieme nella costruzione di una chiesa che cresce in maturità e aspira al compimento del regno".

Nella concelebrazione eucaristica che ha suggellato la piena comunione ristabilita, il padre Zago ha ricordato come in questo periodo tutti avevano sofferto ed ha concluso: "Siamo grati a Dio per questa grazia della riconciliazione e ci impegniamo a mettere in atto tutti i nostri sforzi per arrivare ad una più profonda guarigione nei nostri cuori e nelle nostre comunità".

La vicenda ha avuto una conclusione significativa, non per il trionfo di qualcuno, ma per lo stile ecclesiale adottato. In questo modo, senza trascurare la difesa della verità ma attraverso l’amore fraterno e il dialogo vero, con pazienza storica e senza produrre spaccature dannose per tutti, si è potuto andare avanti insieme nel faticoso, delicato ma imprescindibile cammino della conoscenza teologica e dell’inculturazione.

 

Sposati che si risposano

Nel discorso tenuto al tribunale della Rota romana per l’inizio dell’anno giudiziario, il papa ha parlato del grave dramma dei fedeli cattolici sposati che annodano nuove unioni matrimoniali. Tra l’altro ha detto che le esigenze procedurali nelle cause di nullità matrimoniale non devono ostacolare o ritardare la soluzione di situazioni difficili, sempre nel rispetto della verità e della carità, ma anche con "un’intelligente attenzione al progredire delle scienze umane".

Ha posto, quindi, in risalto la "costante preoccupazione di adeguare l’attività del tribunale alle necessità pastorali dei nostri tempi", e si è richiamato allo spirito del diritto canonico di favorire "l’unità nella carità" anche nei procedimenti relativi alla validità del vincolo matrimoniale.

"Come non pensare - dice il papa - all’icona del Buon Pastore che si piega verso la pecorella smarrita e piagata, quando vogliamo raffigurarci il giudice che, a nome della chiesa, incontra, tratta e giudica la condizione di un fedele che fiducioso a lui si è rivolto?".

Ha poi menzionato "l’angoscioso e drammatico problema che vivono quei fedeli, il cui matrimonio è naufragato non per propria colpa e che, ancor prima di ottenere un’eventuale sentenza ecclesiastica che ne dichiari legittimamente la nullità, annodano nuove unioni, che essi desiderano siano benedette e consacrate davanti al ministro della chiesa".

A questo punto il papa ha espresso la sua preoccupazione e il suo impegno affinché "le cause matrimoniali siano portate a termine con la serietà e la celerità richieste dalla propria natura", e "per favorire una sempre migliore amministrazione della giustizia" ha istituito una commissione interdicasteriale incaricata di preparare un progetto per snellire lo svolgimento dei processi matrimoniali.

Si comprende sempre più che il retto intendimento del consenso matrimoniale "non può essere coartato in via esclusiva - ha aggiunto - in schemi ormai acquisiti, validi indubbiamente ancora oggi, ma perfezionabili con il progresso nell’approfondimento delle scienze antropologiche e giuridiche".

Pur nella sua autonomia e specificità "il diritto canonico deve, soprattutto oggi, avvalersi dell’apporto delle altre discipline, storiche e religiose". Naturalmente, in un processo così delicato, "la fedeltà alla verità rivelata sul matrimonio e la famiglia" costituisce "sempre il definitivo punto di riferimento".

 

Convegno di vescovi a Castel Gandolfo"

Una preziosa occasione per cogliere in modo più intenso e vitale il senso della collegialità effettiva ed affettiva e della comunione ecclesiale concretamente vissuta": così Giovanni Paolo II, nella sua Lettera inviata per l'occasione, ha definito il XXI Convegno di spiritualità che dal 13 al 19 febbraio ha riunito al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo 105 cardinali e vescovi "amici del movimento dei Focolari", provenienti da ogni parte del mondo, 45 nazioni in tutto.

Rievocando l'icona di Maria nel Cenacolo che, assieme a Pietro ed agli altri Apostoli, attende il dono dello Spirito Santo, il Papa, nel suo messaggio, tra l'altro ha detto ai vescovi: "La missione apostolica e la missione della Madre di Dio sono intimamente unite e complementari. L'ideale di santità, a cui tende l'intera missione della Chiesa, è, infatti, già preformato e prefigurato in Maria. La Chiesa possiede dunque accanto al profilo petrino, un insostituibile profilo mariano: il primo manifesta la missione apostolica e pastorale affidatale da Cristo, il secondo esprime la sua santità e la sua totale adesione al piano divino della salvezza".

Da qui anche l'augurio con cui il Papa ha concluso il Suo messaggio: "Nell'augurare alle vostre Comunità cristiane di riproporre fedelmente questo duplice profilo della Chiesa, il profilo mariano e quello petrino, affido i frutti spirituali del vostro Convegno alla materna protezione della Vergine Maria, Regina degli Apostoli e Madre dell'Unità".

"Penso che il Papa si rifaccia qui ad una intuizione del teologo svizzero Hans Urs von Balthasar il quale ha espresso la convinzione che le figure principali attomo a Gesù, come gli Apostoli e Maria, abbiano un significato permanente per la vita della Chiesa. Vale a dire, come nella Chiesa, attraverso il ministero gerarchico, è continuata la realtà di Pietro, così non poteva non continuare la realtà di Maria, e questo specialmente attraverso i carismi e quindi attraverso la testimonianza della vita e dell'amore". Così il card. Miloslav Vlk, arcivescovo di Praga e promotore del Convegno, ha commentato il messaggio del Papa.

La fondatrice dei Focolari, intervenuta due volte, parlando di tale spiritualità ha richiamato idee ed esperienze delle origini, che hanno portato alla riscoperta della vocazione fondamentale del cristiano: "essere un altro Gesù", possibile per l'amore evangelico vissuto con radicalità che chiede non solo di agire per amore, ma di "essere l’amore".

In profonda sintonia con quest'anno di immediata preparazione al Giubileo, dedicato allo Spirito Santo, in apertura del convegno, il card. Vlk, aveva parlato della "potente azione dello Spirito nel nostro tempo che rende palpabile nella vita della Chiesa, per l'amore reciproco, la presenza di Gesù quale protagonista di sviluppi appassionanti".

Per sei giorni si è realizzato tra i vescovi un ampio scambio di testimonianze che ha fatto percepire dal vivo la dimensione comunitaria ed universale del ministero episcopale, non solo all'interno della compagine ecclesiale, ma specialmente nel dialogo fra le Chiese, le religioni e le culture.

Nell'approfondire, i tre grandi ambiti della santificazione, della comunione e della testimonianza, i vescovi hanno dedicato particolare attenzione ai frutti della spiritualità dell'unità nella vita e nella missione dei sacerdoti, delle famiglie e dei giovani. Ed hanno messo a fuoco il proficuo incontro fra carismi e ministeri, nel quadro di un'ecclesiologia di comunione. Nuovi orizzonti si sono aperti con la presentazione degli sviluppi più recenti dell'ecumenismo e del dialogo interreligioso dei Focolari con i buddisti in Tailandia e con i musulmani afro-americani. Per un pomeriggio è intervenuto al convegno anche il card. James Francis Stafford, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, da cui dipende anche l’Opera di Maria. Egli ha consegnato a Chiara Lubich da parte del suo dicastero il riconoscimento ufficiale della diramazione dei "vescovi amici del Movimento dei focolari".

a cura della redazione