Il volto missionario della Chiesa in una parrocchia di Imola (Romagna)

 

«Abbiamo sciolto le vele»

di Ottorino Rizzi

 

Il recente documento della Conferenza episcopale italiana è stato per la parrocchia di San Giovanni evangelista ad Imola una conferma e un ulteriore invito a prendere il largo. In una situazione socialmente complessa, il parroco e i suoi collaboratori laici portano avanti da tempo la nuova evangelizzazione, mettendo a frutto i talenti dei singoli e delle varie realtà aggregative.

«Dare radici»

La nostra parrocchia di 3.500 cattolici, come tante altre comunità di periferia, è composta in maggioranza da persone provenienti da altre regioni, soprattutto dal Sud dell’Italia, ed è più viva la sera, quando tutti ritornano dal lavoro. Tante sono le famiglie straniere, soprattutto dell’Africa.

In questa situazione si soffre per la mancanza di relazioni profonde ed è difficile conoscersi e aiutarsi. Il nostro quartiere, infatti, è caratterizzato dalla frammentazione della vita delle persone e dal “nomadismo” a cui costringono il lavoro, le relazioni sociali, il tempo libero. Tutti, però, sentono l’esigenza di legami “caldi” e di ideali veri, capaci di dare senso a ciò che si vive.

Dare radici: ecco in una parola l’urgenza a cui il Consiglio pastorale, qualche anno fa, ha sentito di dover rispondere. Non potendo “riconoscerci” tutti nelle tradizioni della nostra terra romagnola, occorreva trovare radici in qualcosa di più profondo che facesse sentire tutti “in famiglia” e nello stesso tempo salvaguardasse le diversità di ciascuno.

Abbiamo trovato la risposta nell’arte di amare che Gesù propone nel Vangelo, e nel “dialogo” ecclesiale, ecumenico, interreligioso e interculturale, indicato dal Concilio e che ci sembra abbia trovato piena eco negli Orientamenti pastorali dei nostri vescovi per il primo decennio del 2000 (cf Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, nn. 56ss; e in particolare il n. 58). Tra questi dialoghi, ci interessa e ci impegna soprattutto quello con persone di cultura diversa.

Per diventare famiglia:
l’arte di amare

Per un anno intero, ogni mese, tutta la parrocchia ha approfondito un punto dell’arte di amare (amare tutti, amare per primo, farsi uno con l’altro, amarsi reciprocamente, dare la vita per l’altro…) e ha invitato ognuno a portare la propria esperienza al termine della messa domenicale.

È cresciuto così il nostro essere famiglia: oltre a tradurre il Vangelo in vita, ciascuno ha condiviso la propria storia e le proprie potenzialità. Sono fioriti così legami di amicizia e di stima reciproca.

Un signore che lavora come grafico, presente alle messe domenicali, ha avuto l’idea di stampare un libretto che proponesse a tutti i parrocchiani l’arte di amare con un linguaggio laico per poi condividerne i frutti anche con quanti non partecipano direttamente alla vita della comunità.

Ci siamo lasciati guidare sempre dalla certezza che ognuno è parte della nostra comunità per il fatto di essere già salvato da Gesù sulla croce. Vale perciò la pena spendere energie, anche economiche, affinché il nostro “patrimonio” di vita che è Gesù sia accessibile a tutti.

Comunità aperta: il dialogo

L’approfondimento sul dialogo invece è sfociato in una serata dal titolo «Diversi amici diversi».

Originale ed evocativa l’ambientazione: gli angeli, venuti a conoscenza del sogno di Dio di riunire in una sola famiglia tutti gli esseri umani, desiderosi di aiutarlo, fanno un viaggio sulla terra e portano a Dio le bellezze della Campania, della Sicilia, della Romania, del Congo, della Sardegna, del Veneto, del Marocco, del Sudan, della Puglia, della Romagna. Questi “angeli” sono le persone delle varie regioni e nazioni presenti in parrocchia che con i loro canti e i loro balli presentano i doni della loro terra.

Un angelo, però, non ha trovato nulla di interessante nel suo viaggio se non una piccola “zolla” che con vergogna presenta a Dio. Il Signore, che ritiene preziosa anche la più piccola cosa fatta per amore, decide di seminare proprio in quella “piccola zolla” (Zolino è il nome del nostro quartiere) presentata con umiltà, le bellezze portate dagli altri angeli per realizzare a Zolino il suo sogno: un mondo unito dove la diversità è ricchezza e, col dialogo, ognuno accoglie e valorizza l’altro.

La festa si è conclusa con un patto comune tra tutti: vivere l’amore reciproco incarnando il “decalogo del dialogo”, cioè l’arte di amare.

La Caritas parrocchiale

Sarebbe lungo l’elenco dei frutti maturati dall’arte di amare vissuta in parrocchia. Tra i più significativi, la nascita della Caritas parrocchiale.

Già negli anni ’90 e anche nell’ultimo documento i vescovi chiedevano una Caritas parrocchiale in ogni comunità (cf Il volto missionario delle parrocchie, n. 10).

L’arte di amare, educando al rapporto col fratello e intercettando il “desiderio di prossimità” che è nel cuore di tutti (cf Comunicare il Vangelo…, n. 37), ha fatto crescere la necessità di darsi strumenti concreti per venire incontro ai bisogni e alle difficoltà di molte persone della parrocchia.

Non è stato difficile, in un clima crescente di familiarità,  trovare uomini e donne disponibili a farsi carico dei deboli, dei malati e delle situazioni disagiate di alcune famiglie sprigionando la “nuova fantasia della carità” suggerita dal Papa (Nmi 50). Così, una rete di relazioni rompe ogni giorno di più la solitudine e l’individualismo di tanti.

Pastorale integrata...

Nella nostra parrocchia sono presenti molte Associazioni e Movimenti: alcuni più “famosi” come l’Azione Cattolica, Comunione e Liberazione, il Movimento dei focolari, l’Agesci, il Rinnovamento nello Spirito, il Gruppo di preghiera di Padre Pio; altri conosciuti solo all’interno del quartiere come il Circolo Culturale Arca, la Polisportiva e i gruppi parrocchiali di giovani, famiglie, anziani, ecc.

Per non cadere nel rischio di ridurre la parrocchia a un condominio, dove ognuno è chiuso nel proprio appartamento, ci siamo domandati come cementare i legami di amicizia tra tutti. E ancora come valorizzare il carisma di ciascuno e come collaborare insieme per realizzare gli scopi della parrocchia. Vale a dire come portare avanti quella “pastorale integrata” di cui oggi parlano i vescovi e che da tempo è desiderio profondo di tutte le parrocchie.

Quanti dialoghi, quanti confronti e anche quante fatiche in questi anni per superare le inevitabili difficoltà che ogni giorno si presentano, soprattutto quando si tratta di lavorare insieme per individuare la volontà di Dio sulla parrocchia o semplicemente per preparare una festa comunitaria…!

Il primo passo che abbiamo sentito di fare è stato quello di imparare a conoscerci e stimarci, e a valorizzare il carisma dell’altro amandolo come il proprio.

Così due momenti dell’anno sono dedicati alla condivisione di esperienze vissute nelle varie Associazioni e Movimenti e alla preghiera degli uni per gli altri.

È da questa condivisione, grazie soprattutto all’Azione Cattolica e agli Scout, che è nata l’iniziativa “Estate Ragazzi”: quindici giorni all’inizio dell’estate in cui circa 80 ragazzi delle elementari e delle medie trascorrono tutto il giorno in parrocchia, compreso il pranzo. Ognuno dà qualcosa: i giovani dei vari gruppi fanno da animatori nelle riflessioni e nei giochi, gli adulti gestiscono la cucina o conducono i laboratori, la Polisportiva e il Circolo Arca forniscono l’organizzazione tecnica e coordinano la preparazione del progetto educativo. Ormai questa “Estate Ragazzi” è un appuntamento atteso con gioia sia dai ragazzi che dai loro genitori.

Anche alcuni momenti liturgici sono caratterizzati da questo desiderio di lavorare insieme per cui è diventato normale che, guidati dalla commissione liturgica, tutti, dai bimbi agli anziani e dai diversi gruppi, possano offrire idee e disponibilità per animare le processioni mariane o le principali celebrazioni liturgiche dell’anno.

... sulla base
di una comune identità

Occorreva imparare anche a mettersi insieme a servizio della comunità parrocchiale. Così abbiamo deciso di conoscere di più la parrocchia, la sua storia nei secoli e i compiti che il Concilio e i vescovi le affidano oggi. Per un anno, il 2001, la vita della parrocchia è stata ritmata da una riflessione sulle caratteristiche e sui segni di riconoscimento di una autentica comunità cristiana ricercati nel Vangelo, negli Atti degli Apostoli, nei Padri della Chiesa e nei documenti Christifideles laici e Comunione e Comunità. Il lavoro si è concluso con un approfondimento dell’identità della parrocchia.

Nei mesi di ottobre-dicembre, con ritmo quindicinale, la domenica dopo la messa delle ore 10.30, chi lo desiderava poteva fermarsi in chiesa per un approfondimento comunitario dei compiti della parrocchia e dello stile di vita che la deve caratterizzare. Ogni incontro si concludeva con una domanda. La domenica successiva il tempo a disposizione era dedicato a raccogliere i contributi personali e le testimonianze su quella domanda. È stato questo un momento molto importante di confronto per tutte le componenti della comunità parrocchiale.

Al termine, un senso di pienezza, di bellezza e di gioia era nel cuore di tutti, insieme alla gratitudine per il dono della Chiesa che ci incontra e ci abbraccia attraverso la parrocchia.

Quando l’8 dicembre, festa di “compleanno” della parrocchia, abbiamo rinnovato il Consiglio pastorale parrocchiale, la disponibilità a candidarsi e a eleggere i componenti è stata totale, oltre ogni aspettativa. Per l’esperienza vissuta, il nuovo Consiglio pastorale ha pensato di darsi uno stile di lavoro che fosse il più comunitario possibile, cominciando a realizzare quel “discernimento comunitario” che si auspicano i nostri vescovi (cf Il volto missionario della parrocchia, n. 2).

La spiritualità di comunione

Un dono speciale è stato il richiamo dei vescovi alla spiritualità di comunione (cf Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia nn. 63ss e Nmi 43).

In questi due ultimi anni abbiamo cercato di mettere molta attenzione nel vivere la spiritualità di comunione che il Papa definisce il «principio educativo da far emergere in tutti i luoghi dove si plasma l’uomo e il cristiano».

Abbiamo cercato anche di non dimenticare il suo richiamo: «Non ci facciamo illusioni: senza questo cammino spirituale, a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione», perché è molto facile per noi cadere nel rischio di valutare la vivacità della parrocchia solo per il numero e il successo delle iniziative e non per la crescita dell’amore e della presenza di Gesù fra di noi.

Anche la festa parrocchiale dello scorso mese di settembre è stata impostata sulla spiritualità di comunione e il momento forte è stata una serata dal titolo: «Vien dans mon jardin».

Abbiamo immaginato la parrocchia come un giardino in cui vivono tanti fiori diversi, tutti belli e necessari. Una farfalla, desiderosa di felicità per la sua breve vita, incontra un’ape.

Col suo aiuto, conosce vari “fiori”: Ornella racconta alla farfalla come “ha scoperto Gesù nell’altro”; Davide il suo “condividere gioie e dolori” che egli ha imparato nel farsi uno con la sua ragazza, morta il mese precedente; Marino e Beatrice, separati e sposati solo civilmente, raccontano dell’incontro con tanti amici in parrocchia con i quali hanno scoperto che si può vivere come “nella Trinità dove l’amore circola”; Claudia dice alla farfalla come, animando un gruppo di signore che si ritrovano a ricamare e a cucire, aiuta tutte ad accogliere l’altra come un dono; Luisa e Fatima raccontano che, sebbene di religione diversa, hanno sperimentato la bellezza del “mettere in comune i beni” in occasione della nascita di un figlio.

Un clima di ascolto profondo ha accompagnato tutta la serata e la gioia è rimasta nel cuore di ognuno.

Al termine, tutti hanno ricevuto in dono dall’ape e dalla farfalla un vasetto di miele sul quale erano scritti alcuni punti fondamentali per vivere la spiritualità di comunione: è il nutrimento quotidiano che rende dolce la vita nel giardino della comunità.

Parrocchia e territorio

La nostra parrocchia vive all’interno di un quartiere e considera il “territorio” come lo spazio in cui incontrarsi e mettersi al servizio di tutti.

Per questo cerca di collaborare con altre presenze: partecipa alla festa della scuola, organizza insieme al Centro sociale una festa per il quartiere, attraverso la Caritas parrocchiale coopera con le associazioni laiche di volontariato per dare risposte più complete possibili alle situazioni di bisogno e di difficoltà delle famiglie del territorio.

Abbiamo anche capito l’importanza dell’impegno sociale e politico e qualcuno della comunità parrocchiale è stato eletto tra i rappresentanti del quartiere per il dialogo con l’amministrazione comunale.

La «Via Mariae»

Altre due particolari iniziative hanno interessato il quartiere e la città.

Nell’anno del Rosario abbiamo pensato di coinvolgere, intorno a due artisti della parrocchia, gli artisti della città per una riflessione sui momenti più significativi della vita di Maria presentati nel Vangelo, nei quali ognuno potesse rileggere le tappe fondamentali della propria avventura umana e cristiana.

La Via Mariae ha così interessato oltre trenta artisti e duecento bimbi della scuola. Col loro apporto si sono realizzati una mostra e due momenti di musica e canti su Maria. L’iniziativa ha visto la partecipazione di oltre 2.500 persone.

In seguito il vescovo ha proposto la Via Mariae all’intera diocesi, come esempio di «nuove forme di omaggio a Maria; un percorso spirituale e culturale… da imitare e valorizzare».

Ora è in corso l’iniziativa Umana unità. Di fronte al buio della violenza e dell’ingiustizia che oggi sembra avvolgere l’umanità è possibile annunciare la luce della fraternità universale?

Il Movimento dei focolari, presente in parrocchia attraverso il Movimento parrocchiale, utilizzando una lista preesistente di mail-artisti, ha invitato moltissime persone a dare un contributo visivo ispirandosi al Messaggio che Chiara Lubich aveva inviato alla prima “Giornata dell’Interdipendenza”.

Sono arrivati quasi trecento disegni da persone di varie parti del mondo, come tanti occhi che guardano da angolazioni differenti e con sensibilità diverse l’ideale che abita nel cuore di ciascuno: un mondo unito.

Arricchiranno la mostra, che sta per essere inaugurata, varie iniziative tra cui un evento sportivo tra giovani di popoli diversi, e due appuntamenti con il complesso internazionale Gen Rosso, capace di offrire testimonianze di fraternità universale e dire con la musica il desiderio di pace che ciascuno è chiamato a concretizzare nel proprio vissuto.

Mi sembra di poter dire che l’azione di Dio è davvero visibile in questa  parrocchia, dove tante persone e realtà aggregative diverse mettono in circolazione i loro doni.

Sono stupendi i volti di coloro che testimoniano che «anche oggi è possibile, bello, buono e giusto vivere l’esistenza umana conformemente al Vangelo e, nel nome del Vangelo, contribuire a rendere nuova l’intera società» (cf Il volto missionario delle parrocchie, n. 1).

Ottorino Rizzi