Non una devozione, ma un modo di essere Chiesa

 

«Carisma femminile», profilo mariano e sacerdozio
in Chiara Lubich

di Silvano Cola

 

Presentiamo una raccolta di testi del nostro tempo che riguardano l’affiorare nella ecclesiologia e nella mariologia e nella stessa antropologia e psicologia attuali, in contemporanea con il tema del carisma femminile, l’argomento specifico del profilo o dimensione mariana della Chiesa. Si termina con alcuni brani di Chiara Lubich che fin dal 1949 ha anticipato, si può dire, questa rivoluzione antropologico-spirituale. Nei testi riportati ogni affermazione ha un peso esistenziale importante e tanti altri potrebbero essere citati. Offriamo questi solo a titolo indicativo, come contributo a futuri approfondimenti e sistematizzazione.

Il “profilo mariano” nasce nella Chiesa, si potrebbe dire, quando Gesù disse a Pietro: «Tu mi ami? Tu mi ami? Tu mi ami più di costoro?», prima di potergli dire: «Pasci le mie pecorelle» (Gv 21, 15-17).

Come mostrano altri articoli di questo stesso numero, l’importanza fondamentale del profilo mariano della Chiesa viene affermata oggi al più alto livello d’autorevolezza. Il magistero di Giovanni Paolo II, che ha aperto la strada in questo senso, è stato assunto nel Catechismo della Chiesa Cattolica: «la dimensione mariana della Chiesa precede la sua dimensione petrina» (n. 773).

Papa Benedetto ha ripreso in piena continuità la linea del suo predecessore. Per coglierlo basterebbe questo brano pronunciato durante la concelebrazione eucaristica in occasione della consegna degli anelli cardinalizi ai nuovi eletti, nella solennità dell’Annunciazione il 25 marzo 2006:

«Questa provvidenziale coincidenza ci aiuta a considerare l’evento odierno in cui risalta in modo particolare il principio petrino nella Chiesa alla luce dell’altro principio, quello mariano, che è ancora più originario e fondamentale»; aggiungendo poco oltre che «tutto, nella Chiesa, ogni istituzione e ministero, anche quello di Pietro e dei suoi successori, è “compreso” sotto il manto della Vergine, nello spazio pieno di grazia del suo “sì” alla volontà di Dio»1.

Ma già l’8 dicembre precedente, durante la Messa di celebrazione del 40° anniversario della conclusione del Vaticano II, aveva ricordato che «l’ aspetto petrino della Chiesa è incluso in quello mariano».

Non è possibile affrontare qui la vastità di temi implicati nel profilo mariano della Chiesa ed il suo rapporto inscindibile con il principio petrino.

Ci limitiamo perciò, nella rassegna di testi che riportiamo, a tre realtà intimamente legate: il carisma o genio femminile, Maria, il sacerdozio cosiddetto “mariano”.

Il «carisma femminile»

Nella Chiesa cresce sempre più la consapevolezza dell’importanza del “genio femminile”, non solo per la vita del popolo di Dio al suo interno, ma pure in assoluto, come persona e nella società, in sintonia con un’istanza culturale che è andata affermandosi anche grazie alla lotta delle donne iniziata due secoli fa per avere riconosciuti i diritti umani pari agli uomini.

È chiaro dalla Bibbia che la rottura tra uomo e donna e la loro reciproca alienazione si è verificata alle origini, ed ha segnato la storia, finché Gesù Cristo, offrendo per l’umanità la sua vita sulla croce, ha stimato l’essere umano più grande di sé, perché l’amore vede l’altro più grande (cf Fil 2, 3), e col suo esempio ci ha invitati a vedere lui stesso in chiunque si ama, tanto da offrire la possibilità di pregustare in qualche modo il paradiso in terra quando ha detto: «Dove due o tre sono riuniti nel mio nome (nell’amore come Cristo ce l’ha mostrato) io sono in mezzo ad essi» (Mt 18, 20).

Il filosofo Emmanuel Lévinas ha contribuito a ridare il giusto valore alla donna quando rovescia la valutazione delle tradizionali categorie di virilità e femminilità, sostenendo che «la virilità è il simbolo del soggetto che non vuole farsi alterare dall’“altro”, mentre la femminilità è liberazione da questo senso di proprietà e di chiusura»2. Affermazione oltretutto logica dopo aver spesso ripetuto nelle sue opere che «amare è appunto considerare l’altro come insostituibile, come unico»3.

Per rendersi conto di questo servizio d’amore a Gesù nel prossimo basterebbe guardare alle biografie di grandi sante e santi del passato, oltre ai carismi fioriti nella Chiesa in ogni tempo attraverso gli ordini religiosi femminili e maschili. Ma nell’ultimo secolo si è andato scoprendo e delineando quel “profilo mariano della Chiesa” che è sempre stato fondamentale per la vita di essa, esprimendone la santità, tanto che il grande teologo svizzero Hans Urs von Balthasar è arrivato a scrivere che «l’elemento mariano governa nascostamente nella Chiesa come la donna lo fa nel focolare domestico»4. Ma di lui si parlerà più avanti.

Mi pare comunque di poter dire che, all’interno del cattolicesimo, la visione più avanzata che ha anticipato i tempi nei riguardi del carisma femminile (mariano) sia stata quella di Edith Stein, oggi riconosciuta santa dalla Chiesa cattolica, che già negli anni 1928-1933 aveva scritto:

«Nella misura in cui (donarsi a Dio) è dono d’amore a Dio Amore e, nello stesso tempo, cammino verso la perfezione compiuta del proprio essere, essa rappresenta il raggiungimento più alto di ogni aspirazione femminile, ossia della perfezione ideale della donna; o, più esattamente, il compimento più elevato dell’essere umano in genere, ma sentito più vivamente e desiderato più immediatamente dalla donna in quanto donna»5.

E dice ancora: «A nessun altro essere sulla terra Cristo si è legato come alla donna (Maria), che è stata creata a sua immagine come nessun’altra persona prima e dopo di lei, che ha avuto da tutta l’eternità un posto nella Chiesa come nessun altro, chiamando così in ogni epoca le donne alla più intima unione con lui, per proclamare il suo amore, far conoscere la sua volontà a re e papi, preparare la strada della sua signoria nel cuore degli uomini. Non esiste una vocazione più alta di quella di essere sponsa Christi»6.

 La novità originale è che Edith Stein, in un altro passo, invita anche l’uomo allo stesso “amore sponsale” per Cristo, quando dice:

«Io credo che quando l’abbandonarsi al Signore si compie in modo puro e completo, l’amore sponsale dell’anima deve essere alla base tanto della donna come dell’uomo»7.

Ovviamente non si tratta di una consapevolezza cresciuta soltanto all’interno del cattolicesimo, ma anche – e per certi versi prima – in altre tradizioni cristiane. Un esempio per tutti: il grande teologo ortodosso Paul Evdokimov scriveva già nel 1958 un libro sulla donna e la salvezza dell’umanità, del quale si potrebbero citare interi brani di grande bellezza e anticipatrici dei tempi. Riporto soltanto una frase, che appare severa ma fa riflettere:

«Alla donna spetta il compito di raddrizzare lo zelo maschile che scade tanto spesso e sempre di più verso la profanazione dei misteri e la perdita dei valori spirituali»8.

Maria e la Chiesa

Ancora una testimonianza in certo senso “esterna” al cristianesimo istituzionale, per mostrare quanto una tale percezione costituisca un segno dei tempi. La filosofa laica francese, Simone Weil, che muore nel 1943, scrive:

«La Vergine… la pura innocenza. Il Cristo era particolarmente obbediente sin dall’infanzia, e tuttavia, sulla Croce, ciò che ha sofferto gli ha insegnato l’obbedienza. La verità che diventa vita: è questa la testimonianza dello Spirito. La verità trasformata in vita»9.

E di Maria dice: «Il bello è un ordine perfetto. Anche l’anima interamente obbediente è un ordine perfetto»10.

Già in una delle sue prime opere, von Balthasar affermava:

«È Maria la prima alla quale è stata accordata la forma comunicabile della grazia dell’incarnazione. Per quanto ella sia assolutamente una creatura e non affatto Dio, la sua essenza nasce in Dio, vicinissima a quella del Figlio. Questa essenza si trova in Dio come condizione della incarnazione del Verbo, alla fonte originaria delle “vie della Sapienza”. Maria, in quanto tipo originario della donna, vive tutta per Dio e per suo Figlio nella perfetta recettività della sua essenza in Dio. La sua vita, il suo cammino e il suo terrestre progredire sono unicamente caratterizzati dall’accoglienza sempre progressiva della Volontà di Dio in sé»11.

Nel 1965, poi, definisce la Chiesa «l’unione di coloro i quali, riuniti e costituiti dall’immacolato “sì” pronunciato da Maria e dalla grazia che ci rende somiglianti a Cristo, sono disposti ad accettare con prontezza la volontà salvifica di Dio nei confronti propri e nei confronti di tutti i fratelli».

E spiega che la forma della Chiesa è dunque doppiamente “mariale”, e lo è in modo permanente; perchè il piano cristologico (somiglianza a Dio) significa partecipazione allo stile di vita di Cristo, stile di vita che è il sale della terra cui non è lecito diventare insipido e che è il solo in grado di fermentare questo basso mondo.

E non si può non considerare, almeno per inciso che quando, nel 1950, Pio XII proclamò il dogma dell’Assunzione di Maria, superando così un certo inconscio dualismo antropologico, fu C. G. Jung a dichiarare con entusiasmo che «questo dogma è attuale da ogni punto di vista e lo ritengo il più importante avvenimento religioso dai tempo della Riforma», perché finalmente «Maria è unita al talamo celeste quale sposa al Figlio e come Sophia con la divinità»12.

Per quanto riguarda ancora la teologia, Antonino Grasso, parlando di Maria come Nuova Eva prototipo dell’umanità redenta e «interlocutrice della salvezza», la vede come Donna nella quale risalta lo splendore della bellezza in quanto «segno di corrispondenza armonica e vitale, e come valore intratrinitario di completezza». Ma afferma che questa lettura è ritenuta possibile solo se si libera Maria da quel ruolo negativo che le è stato attribuito nel passato, «e se si riconosce come indispensabile la teorizzazione della recettività e dell’accoglienza come principio interpretativo della storia del cosmo in unione col Risorto, nello Spirito».

Ma soprattutto ci ricorda che «uomini e donne, fratelli e sorelle di Maria nel discepolato, hanno molto da apprendere spiritualmente da lei. Maria li conduce verso la pienezza della loro vocazione cristiana che è la maturità spirituale in Cristo, cioè la pienezza della fede e della adesione a Lui (…) Maria è certamente il paradigma dello spirito di servizio che deve animare ogni carisma nella Chiesa. Maria insegna a tutti ad esorcizzare il potere e il prestigio da ogni uso egoistico e individuale».

In un altro passo completa le sue considerazioni sull’essere di Maria come persona affermando che, ad esempio, «l’Annunciazione è un dialogo in cui Maria esprime la sua libera volontà e dunque la piena partecipazione del suo Io, personale e femminile, all’evento dell’Incarnazione. Questo significa che con Maria si ha la nascita della personalità cristiana e l’avvento della donna autentica. Da questo derivano importanti conseguenze: come persona Maria non è solo paradigma per le donne, ma anche per gli uomini, in quanto è voluta per se stessa, come donna, partner all’inizio della Nuova Alleanza, e in quanto tale ella risponde a nome di tutta l’umanità; è la rappresentante e l’archetipo sia degli uomini che delle donne»13.

Si spinge più oltre il Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, il card. Ignace Moussa I Daoud, Patriarca emerito di Antiochia dei Siri. Durante il Sinodo dei vescovi sull’Eucaristia, ha detto:

«Anche dalle mani di Maria riceviamo il dono dell’Eucaristia.        
Dio ha disposto che, grazie a Lei, l’Incarnazione, la Redenzione, l’Eucaristia e la comunione giungessero a noi.          
Maria fu la prima a ricevere nel suo grembo il Corpo e il Sangue di Cristo. 
L’Incarnazione fu la prima comunione della storia. Primo tabernacolo fu il suo cuore immacolato.    
La liturgia siriana invoca Maria, che porta nel grembo il Bambino Gesù, chiamandola “secondo Cielo”.          
Prima di ogni apostolo e sacerdote è Maria che ha dato Gesù al mondo.     
Maria e l’Eucaristia non possono essere dissociate.          
Dunque Maria è stata il primo sacerdote, la prima persona al mondo ad aver celebrato l’Eucaristia, ad aver reso “reale” e donato il Corpo e il Sangue di Cristo»14.

Benedetto XVI, nella menzionata omelia nella Basilica di San Pietro, l’8 dicembre dello scorso anno, durante la Messa di celebrazione del 40° Anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II, ricordava che:

«in Maria, l’Immacolata, incontriamo l’essenza della Chiesa in modo non deformato. Da lei dobbiamo imparare a diventare noi stessi “anime ecclesiali”: così si esprimevano i Padri, per poter anche noi, secondo la parola di San Paolo, presentarci “immacolati” al cospetto del Signore, così come Egli ci ha voluto fin dal principio (cf Col 1, 21; Ef 1, 4)».

Il sacerdozio mariano

Veniamo ora a Chiara Lubich che ha spesso parlato esplicitamente del profilo mariano anche a sacerdoti e seminaristi e che, per quanto riguarda il “genio femminile” della donna nell’umanità e nella Chiesa, ha pronunciato un discorso fondamentale a Trento il 1° gennaio 1995 in occasione della Giornata della Pace15.

Per quanto riguarda il profilo mariano che tutti i sacerdoti e vescovi sono chiamati a vivere, essa ne compie una mirabile sintesi con il profilo petrino di cui essi diventano espressione col sacramento dell’Ordine. Senza disgiungerli mai, perché ambedue sono inseparabilmente a servizio dell’unità della Chiesa, però rilevando che il valore supremo nel Regno di Dio è l’accoglienza della Parola di Dio che chiede loro di essere pronti ad amare fino a dare la vita.

Ecco alcuni testi, nella loro maggior parte inediti.

Il 29 agosto del 1961, alla chiusura di un incontro con la sezione maschile dell’Opera di Maria, Chiara delineava ancora la finalità del Movimento intero, con un linguaggio evidentemente proprio del tempo:

«Abbiamo sentito un desiderio imperioso di far trionfare l’Amore oggi in cui l’odio sembra dominare il mondo. E abbiamo sentito di portare alti i valori dello spirito in questo mondo in cui tanto valore si dà alla materia. Noi tutti siamo stati affascinati dal bene in quest’epoca in cui il male trascina tanti.

È una rivoluzione, la nostra, e il Signore da anni va arruolando anime e anime al suo servizio. Abbiamo visto le prime: lui ha preso delle giovanette, inermi, incapaci, gente che di per sé è la meno adatta a far quanto stiamo dicendo, ma è proprio per dimostrare che l’Opera è di Dio. Poi ha chiamato dei giovani che trovano nella verginità la forza, e trovano nella mira al sacerdozio qualche cosa di assolutamente grande per servire la Chiesa. Infine il Signore ha anche chiamato tanti uomini e donne maturi, perché portino proprio in quel mondo, che sembra dominato dal principe di questo mondo, il Regno di Dio. E noi sappiamo come anche il nostro spirito non si sia fermato qui (…). È entrato in tanti Ordini religiosi maschili e femminili e ha dato più coscienza a tanti sacerdoti; ha dato il senso maggiore del proprio dovere a tante suore; ha fecondato l’apostolato di moltissimi ministri di Dio (…). Inoltre Lui ci ha indicato – e tutti noi lo sappiamo nel segreto del nostro cuore – un capo: è Maria. È sempre stata Lei la condottiera delle battaglie della Chiesa. È lei, una donna, quella che fa vincere il bene sul male».

Questa “rivoluzione” pacifica, ispirata dalla “passione per la Chiesa” di Chiara e del Movimento, stava infatti penetrando anche negli Ordini religiosi:

«La nostra unica passione deve essere la Chiesa, la Chiesa più bella, la Chiesa rinnovata, non da riforme che noi non siamo capaci di fare, ma dall’amore e dall’aderenza quindi alla volontà di Dio»16.

 «Secondo me l’attributo che meglio si addice alla Chiesa è quello di Madre. Tutta la nostra vita ideale è un’esperienza di questo. La madre fa tutto quanto fa la Chiesa: istruisce, nutre, guida. È un’autorità materna, la sua, perché se ad es. nel Papa il primato d’autorità non può essere disgiunto da quello dell’amore, chi batte tutti nell’amore è la madre. La madre sa anche morire per i propri figli così come deve saper fare il vescovo se esso è chiamato a continuare Gesù. Il “nessuno ha maggior carità... è stato detto ai primi vescovi…

Che la Chiesa sia madre, credo che a noi l’ha rivelato lo Spirito Santo. È troppo evidente, era troppo profonda questa convinzione, proprio quando la Chiesa ci studiava, ci correggeva, ci ammoniva, magari col silenzio, che è peggio delle parole.

Forse gli uomini della Chiesa non lo sapevano che essi mostravano a noi la maternità della Chiesa. Ma era così. E fu questa fede che ci fece andar avanti per anni ed anni»17.

Chiara sviluppa la qualità mariana che un sacerdote dovrebbe raggiungere, inaugurando una scuola di spiritualità comunitaria, appunto per sacerdoti, il 24 ottobre del 1966:

«Se i sacerdoti nostri sapranno posporre tutto, anche il sacerdozio, per assicurare la presenza di Gesù fra loro, vivendo come bambini il Regno di Dio, sarà inevitabile che Gesù faccia venire fuori una pastorale nuova, dei seminari nuovi (…). E se ci sarà l’unità anche con la parte laica del Movimento, si darà origine a quella che ho chiamato “città-chiesa”, o “società-chiesa” che farà vedere al mondo come esso sarebbe se fosse tutto clarificato da Gesù, dal suo Vangelo (…). Stiamo mettendo qui la prima pietra di una realtà che sboccia dopo il Concilio, ma che ha le sue radici prima del Concilio, perché le ha in Dio che ha suscitato questo Movimento».

La novità stava nel fatto che bisognava premettere ad ogni attività lavorativa o intellettuale la norma delle norme che sta alla base della spiritualità di comunione: «Come io vi ho amati, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 34-35).

Si può capire l’importanza di questo orientamento educativo se si pensa alla formazione eminentemente individualistica che si era ricevuta, e quindi, ad esempio, alla difficoltà che avevano i sacerdoti in ministero a convivere nello stesso presbiterio. E si doveva inoltre guarire dall’appoggiarsi con una certa enfasi sulla “grandezza” del sacerdozio ordinato, se alla base non esisteva una vita cristiana veramente evangelica.

Perciò è importante constatare come Chiara, col suo carisma, ha sempre visto e parlato del sacerdozio:

«Oggi i tempi esigono più che mai l’autenticità: non bastano più semplici uomini ordinati sacerdoti: occorrono preti-Cristo, preti-vittime per l’umanità. Cristi autentici, pronti a morire per tutti»18.

«Il sacerdote mariano è quel sacerdote che mette al primo posto Dio. Lui non è che ignori di essere stato scelto, eletto, per una cosa veramente straordinaria, perché Gesù ha detto: “come il Padre ha mandato me, così io mando voi”. Lui è cosciente di avere doni, carismi straordinari, però essi fanno sempre parte dei doni di Dio, non sono Dio (...). In realtà tutti i cristiani, sacerdoti o laici o vescovi, devono scegliere Dio e tutto il resto deve essere messo dopo, come dono di Dio. (…) Quindi il sacerdote mariano è uno semplice, che ha Dio come Ideale. Poi lui, invece che fare il fabbro, che fare l’operaio, fa il sacerdote, conscio che il Signore lo ha eletto per una cosa veramente eccezionale. Bisogna non sottovalutare questo aspetto; però è una cosa da spostare per Dio. Dio prima»19.

«La novità che porta l’Opera di Maria è appunto il sottolineare in maniera preponderante che i sacerdoti devono essere Gesù abbandonato vivo. (…). Sacerdoti che con l’amore perdono tutto, anche certe etichette che possono avere, o certi atteggiamenti, perché non occorre avere nessun atteggiamento se non quello che aveva Gesù in croce, che è morto per i propri fratelli. Ecco il sacerdote: è Gesù abbandonato vivo. Poi lui funge anche da ministro di Dio, e ha la grazia straordinaria, che non si può misurare, tanto è grande, di rappresentare Cristo stesso (…). Ma noi sottolineiamo l’aspetto vittima»20.

«Qual è il rapporto tra la nostra spiritualità e Maria? È essere altra Maria per il mondo, portando Dio. Ma c’è un modo particolare col quale noi, figli di Maria, possiamo portare Gesù? Questa è una cosa che fa impazzire di gioia: Maria ha portato fisicamente Gesù bambino, e l’ha generato al mondo; noi possiamo generare Gesù mistico in mezzo a noi (“Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”) essendo Maria»21.

«La verginità è la presenza di Maria nel sacerdote»22.

E allora, ecco il focolare sacerdotale:

«Io lo vedo come un focolare cenacolo, come un focolare Emmaus, diciamo, perché c’è la presenza di Gesù sacerdote»23.

È questo, insomma, il carisma che l’Opera di Maria ha donato e può donare anche ai sacerdoti e a tutto il mondo ecclesiastico: far ricuperare in pienezza la vita richiesta dal sacerdozio battesimale, comune a tutto il popolo di Dio, per diventare capaci di servire, fino a dare la vita. Non si tratta che di rimettere al centro della propria vita l’Amore, il carisma che contiene tutti gli altri carismi, come san Paolo ha scritto: «Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova…» (1Cor 13, 1 ss.).

Rispondendo a una domanda dei responsabili dell’Opera di Maria il 18/09/1996, Chiara, parlando dei focolarini sacerdoti, aveva affermato che il loro sacerdozio «va compreso senza alcun riferimento al potere. Se c’è una funzione gerarchica nell’Opera, essa deve essere tutta e solo carità».

Descrivendo queste e altre caratteristiche fondamentali del profilo mariano, Chiara poteva concludere un suo discorso al St. Mary’s College dell’Università statale del Surrey, nei pressi di Londra dicendo che, incrementando il contributo tipico che porta il profilo mariano alla Chiesa,

«essa apparirà agli occhi di tutti più bella, più santa, più dinamica, più familiare. Sarà una Chiesa amante, accogliente, meglio orientata alle sue nuove frontiere: quelle dell’ecumenismo, del dialogo interreligioso e con chi non crede; con continue novità, con nuove vocazioni, una Chiesa carismatica, una Chiesa mariana, più missionaria, più evangelizzatrice. E tutto questo sarà a gloria di Dio e della Madre di lui»24.

Silvano Cola

 

 

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01) “L’Osservatore Romano”, 26 marzo 2006.

02) Cf E. Lévinas, La differenza dei sessi, a cura di Antonino Magnanimo, in Internet, opera 5.

03) Cf Il volto dell’Altro, intervista fattagli da Renato Parascandalo, in Internet, risposta n° 7.

04) Cf Punti fermi, Rusconi, Milano 1972.

05) Edith Steins Gesamtausgabe (Opere complete), vol. 13, Herder, Freiburg im Br., p. 104.

06) Ibid., p. 77.

07) Ibid., p. 110.

08) La femme et le salut du monde. Etude d’Anthropologie chrétienne sur les charismes de la femme, Casterman, Parigi 1958, p. 219.

  9) Quaderni IV, Adelphi, Milano 1993, p. 373.

10) Quaderni II, Adelphi, Milano 1985, p. 171.

11) Théologie de l’Histoire, Plon, Parigi 1954, pp. 125-126.

12) C.G. Jung, Risposta a Giobbe, Il Saggiatore, Milano 1965, p. 162.

13) La figura e la missione della Madre del Signore, cap. 12, 2,1-2,3, in Internet, alla stessa voce.

14) Il testo può vedersi nell’edizione italiana del “Synodus Episcoporum Bollettino”, n. 9 del giorno 6/10/2005, dove non c’è l’ultima frase, che appare invece nella versione pubblicata da “Adista”, 29 ottobre 2005, p. 12.

15) Cf C. Lubich, La dottrina spirituale, Città Nuova Ed., Roma 2006, pp. 283-289; pure il capitolo “Maria fiore dell’umanità”, ibid., pp. 204-216.

16) Da una lettera a fra Tommaso Giunti, certosino dell’Abbazia di Chiaravalle di Milano, del 5 dicembre 1961.

17) Scritto del 4 dicembre 1962.

18) Il celibato sacerdotale, in: “Città Nuova”, n° 3/1970.

19) Risposte ai Gens, Frascati, 29 febbraio 1975.

20) Risposte a domande, Loppiano, 27 maggio 1985.

21) Risposte ai Gens, Frascati, 29 dicembre 1975.

22) Alla Scuola sacerdotale, Frascati, 17 marzo 1975.

23) Ibid., 31 marzo 1979.

24) I Movimenti ecclesiali e il profilo mariano della Chiesa, in: “Nuova Umanità” 28/2 (2006) p. 150.