Una dimensione emergente nella teologia

 

Sul profilo mariano della Chiesa

di Brenda Leahy

 

Fu Hans Urs von Balthasar a parlare, ancora negli anni ’50, in modo innovativo del “profilo mariano” della Chiesa quale dimensione complementare di quella petrina e di altri profili che emergono dal Nuovo Testamento. L’intuizione del grande teologo fu recepita e portata avanti da Giovanni Paolo II come una delle linee direttrici del suo Pontificato. Nei mesi passati pure Benedetto XVI si è soffermato ripetutamente su tale principio. Ne abbiamo parlato con Brendan Leahy, professore di teologia dogmatica alla Pontificia Università di Maynooth (Irlanda) e autore del saggio “Il principio mariano nella Chiesa” (Città Nuova, Roma 1999).

 

 

GEN’S: Il principio mariano nell’insegnamento di Benedetto XVI. Facciamo breve memoria delle occasioni in cui il nuovo Pontefice ne ha parlato.

È stato in due occasioni di particolare rilievo: l’8 dicembre 2005, quando si sono commemorati i 40 anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II, e il 25 marzo 2006, quando Benedetto XVI consegnò ai nuovi cardinali l’anello cardinalizio. Ricordiamo brevemente i passaggi salienti.

L’8 dicembre, Papa Ratzinger, con riferimento agli insegnamenti del Vaticano II ha affermato: «Maria è così intrecciata nel grande mistero della Chiesa che lei e la Chiesa sono inseparabili come sono inseparabili lei e Cristo. Maria rispecchia la Chiesa, la anticipa nella sua persona e, in tutte le turbolenze che affliggono la Chiesa sofferente e faticante, ne rimane sempre la stella della salvezza. È lei il suo vero centro di cui ci fidiamo, anche se tanto spesso la sua periferia ci pesa sull’anima». Ed ha spiegato: «Il Vaticano II doveva esprimersi sulle componenti istituzionali della Chiesa (…). Ma questo aspetto “petrino” della Chiesa è incluso in quello “mariano”. In Maria, l’Immacolata, incontriamo l’essenza della Chiesa in modo non deformato. Da lei dobbiamo imparare a diventare noi stessi “anime ecclesiali”, così si esprimevano i Padri».

Se, nel testo appena citato, il profilo petrino viene considerato come incluso nel profilo mariano, alla messa con i nuovi cardinali, Benedetto XVI, ricordando analoghe affermazioni di Papa Wojtyla, non ha esitato ad affermare che il principio mariano nella Chiesa «è ancora più originario e fondamentale» di quello petrino e che quest’ultimo va pertanto considerato alla luce del profilo mariano.

Nella sua omelia ha quindi spiegato: «L’icona dell’Annunciazione, meglio di qualunque altra, ci fa percepire con chiarezza come tutto nella Chiesa risalga lì, a quel mistero di accoglienza del Verbo divino, dove, per opera dello Spirito Santo, l’Alleanza tra Dio e l’umanità è stata suggellata in modo perfetto. Tutto nella Chiesa, ogni istituzione e ministero, anche quello di Pietro e dei suoi successori, è “compreso” sotto il manto della Vergine, nello spazio pieno di grazia del suo “sì” alla volontà di Dio».

Ed ha proseguito: «Si tratta di un legame che in tutti noi ha naturalmente una forte risonanza affettiva, ma che ha prima di tutto una valenza oggettiva. Tra Maria e la Chiesa vi è infatti una connaturalità che il Concilio Vaticano II ha fortemente sottolineato».

Poco oltre, Benedetto XVI è tornato ancora una volta sul tema dei due principi: «Le due dimensioni della Chiesa, mariana e petrina, si incontrano dunque in quello che costituisce il compimento di entrambe, cioè nel valore supremo della carità, il carisma “più grande”, la “via migliore di tutte”, come scrive l’apostolo Paolo (1Cor 12, 31; 13, 13)».

 

Al cuore del profilo mariano: la Parola, accolta e vissuta

 

GEN’S: Il profilo mariano, quindi, come principio dell’accoglienza dell’iniziativa divina ovvero del dono della Parola, del Verbo che si fa carne, e quindi come dimensione che deve sottostare a tutta la vita ecclesiale…

Vanno effettivamente colti nella loro diversità, nella vita della Chiesa, la dimensione del dono da parte di Dio ovvero di Cristo e quella dell’accoglienza e della risposta.

Quanto al dono, possiamo dire che sin dall’epoca apostolica (cf At 4, 32) sono venuti in rilievo tre pilastri su cui si regge la Chiesa come popolo di Dio: Parola, sacramenti e ministero ordinato. Essi sono lo stabile fondamento della Chiesa, la “roccia” – e in questo senso il principio “petrino” (da pietra, roccia) – su cui è costruito tutto l’edificio; roccia che è in definitiva Cristo stesso presente in mezzo alla comunità: il Crocifisso-Risorto che parla ed opera nella Parola, nei sacramenti, nei suoi ministri. Ha qui il suo fulcro la Chiesa come realtà da Cristo istituita.

Non bastano, però, questi pilastri per dar vita alla realtà della Chiesa. Essa prende forma nella storia solo se trova in noi una risposta corrispondente. È questa, appunto, la dimensione dell’accoglienza ovvero dell’attualizzazione esistenziale che Hans Urs von Balthasar – ravvisando in Maria la prima credente e quindi il modello della vita cristiana e ecclesiale – ha chiamato la “dimensione mariana” ovvero il “profilo mariano” della Chiesa.

Potremmo dire che tutta la storia della Chiesa – e la stessa storia dell’umanità – è il tempo che passa fra il dono di Cristo e la nostra attualizzazione e risposta; risposta che è iniziata in Maria e, per grazia, in lei era anche totale; risposta che si compirà quando tutta la Chiesa e tutta l’umanità saranno – se così si può dire – “mariane”: totalmente spalancate a Dio e ai suoi doni, abitate dalla Parola e perciò permeate dallo Spirito del Risorto che suscita la comunione.

 

Espressioni del profilo mariano: la fede e la carità reciproca

 

GEN’S: Ma come si realizzano, più in concreto, questa accoglienza e questa attualizzazione? Ovvero in che cosa consisteva la risposta di Maria e come questa risposta si può fare vita in noi?

Mi sembra che – sia nella vita di Maria che nostra – si possono distinguere due grandi momenti: il suo “fiat” al momento dell’annunciazione e il suo “fiat” sotto la croce, cui corrisponde, nella nostra vita, da un lato la fede e dall’altro la carità vissuta nella sua piena dimensione ecclesiale.

– Con il suo «Eccomi, sono la serva del Signore…» (cf Lc 1, 38), Maria lascia che il Verbo si faccia carne in lei. A ben guardare, tale “sì” non è un’esclusiva di lei ma, in maniera diversa, ci chiama tutti in causa. Quel primo fiat è infatti l’amen, la risposta della fede, la totale disponibilità ad accogliere e lasciar portare frutto in noi l’agire di Dio: la Parola che si vuole far carne in noi, e l’azione del Risorto nei sacramenti che ci unisce intimamente alla sua stessa vita. È con questo “amen” della fede, suggellata dal battesimo, che si costituisce la Chiesa: senza questo “sì” la Chiesa non ci sarebbe.

Ma questo primo “sì” ha un seguito ed è. nella vita di Maria e nostra, il cammino verso un secondo “fiat”: quello di Maria sotto la croce. Qui non si tratta solo di aprirsi all’agire di Dio, ma di aprirsi allo stesso tempo totalmente agli altri. Se il primo “sì” era quello della fede, questo secondo è quello della carità vissuta nella sua piena dilatazione ecclesiale.

In realtà, quest’apertura interpersonale in Maria inizia a realizzarsi già nella sua visita a Elisabetta (cf Lc 1), ma si compie e diventa totale nell’icona del IV Vangelo che ci presenta Maria sotto la Croce. In quel momento il Figlio divino sostituisce a se stesso il discepolo prediletto (cf 19, 25-27). Maria perde il “suo” Dio e accoglie, al posto di Gesù, uno dei suoi discepoli: si apre senza riserve agli altri, a tutti noi, all’intera umanità.

Sta proprio in questo la piena attualizzazione della vita ecclesiale: perché giunga a compimento la vita della comunità cristiana occorre non solo ascoltare la Parola, essere battezzati, ricevere l’Eucaristia o essere in unità col ministero della Chiesa. Occorre un’apertura decisa agli altri e quindi alla reciprocità interpersonale; ma ciò vuol dire: occorre svuotarsi radicalmente di sé per donarsi all’altro ed accogliere l’altro, così come ha fatto Gesù stesso in croce e come ha fatto a sua volta Maria.

È allora che la vita che Gesù ci comunica nella Parola e attraverso i sacramenti, diventa pienamente nostra e la Chiesa manifesta il suo essere profondo, il suo essere “corpo” – e quindi visibilità – di Cristo. La comunità cristiana diventa così veramente epifania di lui, del suo amore, della comunione trinitaria che lo unisce da sempre nello Spirito con il Padre: popolo «adunato dall’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (LG 4).

E proprio per questo «segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (LG 1).

Può venire da qui, a mio avviso, una luce nuova sul sacerdozio regale dei battezzati che, compreso in questa chiave, rivela ancor più la sua dimensione mariana: attraverso la vita della fede e la carità reciproca tutti siamo chiamati, ad immagine di Maria, a dar vita e visibilità a Gesù in seno all’umanità.

 

Profilo mariano e carismi

 

GEN’S: Per Hans Urs von Balthasar, e similmente per Giovanni Paolo II, il profilo mariano ha un legame particolare con i carismi.

Se il profilo mariano in un senso più largo ha a che fare con la risposta di tutti i fedeli al dono di Cristo, esso trova una sua singolare espressione nella realtà dei carismi, i quali hanno, infatti, una speciale attitudine a portarci a rispondere sempre più pienamente al dono di Cristo. Come sempre rinnovate irruzioni dello Spirito del Risorto, essi suscitano inedite forme di vita e attualizzazioni del messaggio evangelico che imprimono nuovo dinamismo alla vita e alla missione dell’intero Popolo di Dio. Così essi ci fanno in qualche modo rivivere Maria nel suo lasciar accadere, nello Spirito Santo, l’evento dell’incarnazione. Viene da qui il loro particolare legame con il profilo mariano.

Viene spontaneo pensare qui, fra l’altro, ai moderni Movimenti ecclesiali e alle nuove comunità. All’alba del terzo millennio Giovanni Paolo II ha espresso la sua gioia al veder emergere il profilo mariano della Chiesa anche grazie ad essi. Papa Wojtyla ha ravvisato in loro delle significative espressioni della dimensione carismatica della Chiesa. Tutti i carismi, e quindi i Movimenti e le Comunità, sono, infatti, ciascuno a modo suo, espressioni del “carisma” di Maria: attraverso di loro si ripete e si attualizza nel cuore della Chiesa nei modi più svariati il “sì” di Maria. Tutti insieme concorrono quindi ad aiutare la Chiesa ad esprimere il suo profilo mariano.

 

Maria e i diversi profili della Chiesa

 

GEN’S: Ma quale è il carisma di Maria?

Per approfondire questo argomento, sulla scia di von Balthasar vorrei soffermarmi innanzi tutto sulle diverse missioni che emergono già nella vita terrena di Gesù e che ci fanno capire meglio la molteplicità di espressioni e di forme in cui si esprime la vita della Chiesa lungo i tempi.

Secondo Hans Urs von Balthasar, Gesù Risorto, presente nella sua Chiesa fino alla fine dei tempi, non può essere isolato dalla “costellazione” della sua vita storica, come ce la presenta il Nuovo Testamento. Se, nella vita terrena, troviamo Maria, Giovanni Battista, i Dodici, le sorelle di Betania ed altri ancora, come una “costellazione umana” attorno a Gesù, nella nuova comunità scaturita dalla sua risurrezione, ciascuna di queste figure rimane – con la sua esperienza di risposta al Dio incarnato, per opera dello Spirito Santo, in Gesù Cristo – come una dimensione costitutiva del suo Corpo, la Chiesa.

Possiamo considerare quest’esperienza fondante della Chiesa come un’anticipazione di ciò che essa sarà lungo il suo cammino: Gesù Risorto cammina in mezzo ad un popolo unito al punto da essere un corpo, un’anima sola, ma questo popolo non è una realtà monolitica, uniforme, bensì un corpo animato da diversi carismi, con diverse espressioni della fede, diversi profili.

 

GEN’S: Sarebbe utile una parola in più sui vari profili.

Possiamo cercare di illustrare a rapidi tratti alcuni di questi profili.

È ovvio che Pietro, il primo fra gli apostoli, trova una sua continuazione nel Papa e nei vescovi. Esclamarono i vescovi radunati a Calcedonia: “Pietro parla attraverso Leone”. Vale a dire: pur nella indiscutibile singolarità della persona di Pietro, c’è una presenza mistica di Pietro nei suoi successori.

Ma anche gli altri personaggi che hanno avuto missioni fondanti, rimangono presenti nella vita della Chiesa, nel senso che quanto loro vivevano nell’incontro con Gesù (nella loro esperienza di fede) si riflette nel cammino del popolo di Dio.

Giovanni Battista, che ha dato la sua vita per testimoniare Gesù-Verità, continua ad essere presente nella Chiesa attraverso la dimensione del martirio. Basti pensare come nel secolo trascorso ci siano stati altrettanti martiri quanti in tutti i secoli precedenti.

Il discepolo amato, Giovanni, rappresenta l’aspetto della contemplazione d’amore che si perpetua anch’esso nel cuore della Chiesa. Questa dimensione è rappresentata da tutti coloro che si impegnano a vivere i consigli evangelici e la cui missione è quella dell’amore contemplativo. Con la loro vita e testimonianza essi comunicano il messaggio che nell’amore tutto è possibile.

Il principio jacobita è basato su Giacomo, fratello-cugino del Signore, che pare abbia preso il posto di Pietro quando questi lasciò Gerusalemme (At 12, 17). Al cosiddetto Concilio degli apostoli egli portò avanti la mozione decisiva per la riconciliazione tra cristiani giudei e gentili (At 15, 13-21). Giacomo rappresenta soprattutto la continuità tra l’antica e la nuova alleanza, la tradizione. È anche questa una dimensione permanente: custodire il senso storico, la continuità, la tradizione, e quindi tornare sempre alle origini.

Paolo non ha conosciuto Gesù nella sua vita terrena, ma il Cristo Risorto si è manifestato a lui in un modo unico, tanto da poter annoverare pure lui fra quanti compongono la “costellazione” di persone attorno a Gesù nell’epoca fondante della Chiesa. Paolo è missionario, apostolo dei gentili. Vediamo continuare la sua missione nell’irruzione dall’alto, imprevista e sempre nuova, di missioni inedite nella storia della Chiesa. È un principio profetico, in cui sono implicati i grandi carismi missionari, le grandi conversioni, le grandi visioni che si riversano sulla Chiesa in virtù di parole che vengono dallo Spirito.

Potremmo similmente considerare come la missione delle due sorelle di Betania, Maria e Marta, amiche di Gesù, abbia una sua continuazione nelle esperienze di ospitalità, di servizio, di amicizia e di amore concreto che troviamo nella Chiesa. E si potrebbe proseguire, mettendo in luce come tutte le missioni fondanti all’origine sono continuate lungo i secoli nelle molteplici dimensioni della vita e della fede della Chiesa.

Continuano nella vita della Chiesa pure la presenza e il carisma di Maria. Anzi, per la sua posizione tutta particolare nel mistero della salvezza, Maria ha nella Chiesa – come hanno sottolineato Papa Wojtyla e Papa Ratzinger – una missione e un carisma che includono e animano dal di dentro tutti gli altri profili. Con il suo duplice “fiat”, Maria porta lo spirito vero e universale che sta alla base di tutta la vasta gamma di carismi che, nella molteplicità delle loro espressioni, sostengono e arricchiscono il cammino del popolo di Dio nella storia.

 

Profilo mariano e profilo petrino

 

GEN’S: Profilo mariano e profilo petrino, come due dimensioni della Chiesa, non in dialettica reciproca ma complementari. Sarebbe interessante una parola in più sul rapporto fra i due profili.

In base a quanto detto fin qui, si intuisce quanto il rapporto fra il profilo petrino (la dimensione del dono che ci viene da Cristo) e il profilo mariano (la dimensione della risposta ovvero dell’attualizzazione e della vita che si esprime in maniera speciale nei carismi) sia essenziale e debba essere dinamico. Ne ha parlato, in qualche modo, già due secoli fa, John Henry Newman.

Da una parte, il profilo petrino rende testimonianza “oggettiva” della Parola di Dio, ci comunica la grazia di Cristo nei sacramenti e serve l’unità della Chiesa attraverso l’insegnamento autorevole della fede e il suo ministero di guida; dall’altra parte i carismi, come espressioni del profilo mariano, ci sostengono, sul versante esistenziale, nel nostro rispondere sempre più pienamente, ad imitazione di Maria, al dono di Cristo.

Come devono rapportarsi coloro che svolgono sul versante istituzionale della Chiesa un ministero gerarchico (anch’esso, in realtà, un carisma) e coloro che sono, sul versante più vitale e esistenziale, portatori di un carisma profetico? Afferma la Lettera agli Efesini che il popolo di Dio è edificato sul «fondamento degli apostoli e dei profeti» (Ef 2, 20); urge perciò l’unità nell’amore fra tutti.

Profilo petrino e profilo mariano, ministeri e carismi, sono chiamati dunque a rapportarsi dinamicamente l’uno con l’altro alla luce della spiritualità di comunione, secondo quella circolarità delle relazioni che caratterizza la Chiesa-comunione come partecipazione alla stessa vita e all’amore delle tre divine Persone.

 

Gesù in mezzo
e Gesù abbandonato

 

GEN’S: Quale il contributo del Movimento dei focolari, che porta anche il nome di “Opera di Maria”, a questo dinamismo della Chiesa-comunione?

Senza la pretesa di poter esaurire tale contributo, vorrei mettere in luce qui i due cardini centrali che qualificano la spiritualità dell’unità così come viene vissuta e comunicata dal Movimento dei focolari: la presenza del Risorto fra coloro che sono riuniti nel suo amore (“Gesù in mezzo”) e l’amore per Gesù crocifisso e abbandonato.

Dove, sulla base della Parola e della grazia dei sacramenti, si vive l’amore reciproco, si verifica quella speciale presenza del Risorto che Chiara Lubich chiama “Gesù in mezzo”. La comunità cristiana diventa allora il luogo in cui Gesù non solo è presente per grazia ma nasce e rinasce, prende “carne” nella collettività e quindi si manifesta al mondo. Lasciar accadere questa sempre nuova “nascita” di Gesù nei rapporti fra i vari componenti nella Chiesa è a mio avviso un’espressione particolarmente significativa del profilo mariano a cui tutti siamo chiamati a concorrere. Dove per l’amore vicendevole si stabilisce questa presenza di Cristo, la vita della Chiesa è profondamente informata dalla vita trinitaria e la realtà della comunione acquista allora tutta la sua densità. Quando siamo uno in Cristo, avviene infatti che – ad immagine della Santissima Trinità – ciascuno sia l’Uno, il Cristo intero, e porti pertanto l’intero Corpo mistico dentro di sé.

È questa la realtà della Chiesa come «un cuor solo e un’anima sola», così come ce la presentano gli Atti degli Apostoli (At 4, 32; cf anche 1Cor 1, 10; Rm 15, 6; 1Pt 3, 8), ed è ciò che alcuni Padri hanno chiamato l’“anima ecclesiastica” ovvero l’anima-Chiesa1 che possiamo veder prefigurata in un modo speciale in Maria.

Ma per giungere a tale pienezza dei rapporti ecclesiali, non possiamo non ricordare l’indispensabile chiave: il mistero di Gesù crocifisso quale fonte e modello decisivo della comunione e quindi anche del rapporto fra il profilo petrino-istituzionale-ministeriale e quello mariano-carismatico. Secondo l’esempio di Cristo, di cui Paolo parla in Fil 2, 1-11, a base di tutti i rapporti all’interno della Chiesa va posto un amore che porta le persone a svuotarsi di sé per vivere l’altro. È questa per l’Apostolo la via e la regola-base che deve informare tutti i rapporti nel Corpo di Cristo, e non solo fra i singoli, ma anche fra ministri e laici (reciprocamente!) e fra i diversi carismi.

Come abbiamo visto sopra, della fede che opera per mezzo della carità (Gal 5, 6) Maria è modello. Ad immagine della sua totale apertura non solo verso Dio ma anche verso gli altri, siamo chiamati ad amarci gli uni gli altri come Gesù, con un amore che, per il fratello o la sorella, pospone persino il proprio “Dio” ovvero la propria esperienza d’unione con Dio, per unirsi a Dio nell’altro. È questa la chiave “mariana” per dar corpo, all’interno della comunità ecclesiale, alla presenza di Cristo e realizzare così sempre più pienamente quella Chiesa-comunione che in seno all’umanità è “icona” della Trinità, prolungamento della vita delle Tre divine Persone, secondo la preghiera di Gesù al Padre: «che siano uno come io e te» (cf Gv 17, 21).

GEN’S: Il profilo mariano, dunque, come dimensione decisiva della vita ecclesiale…

Della vita ecclesiale sì, ma anche dei rapporti ecumenici. Sembra paradossale, ma si potrà capirlo se si tiene presente che non si tratta di una devozione mariana, bensì di uno stile di vita, di un modo di essere Chiesa2. Del resto, non è casuale, secondo me, il fatto che l’elemento mariano della Chiesa viene in rilievo in un’epoca in cui la Chiesa prende coscienza, come forse mai prima, del suo rapporto col mondo e della necessità del dialogo con gli altri cristiani, con le altre religioni, e con tutte le persone di buona volontà.

Ma, per la verità, la realtà del profilo mariano ci porta ancora oltre. Ponendoci alla scuola della teologia orientale, dobbiamo allargare lo sguardo ad una visione grande che abbraccia tutto il creato. Se Gesù crocifisso e abbandonato ha assunto in sé tutta la storia e tutta la creazione, effondendo su tutto e su tutti il dono della vita trinitaria, allora la Chiesa, e in particolare la Chiesa nella sua dimensione mariana, non può non avere questa estensione universale. Maria, in effetti, ha a che fare con tutto il creato. È in lei che è iniziata la risposta del cosmo intero a Dio, risposta che giungerà al suo compimento quando, appunto, tutta l’umanità sarà “mariana”, vale a dire: sarà accoglienza della grazia della vita trinitaria, amore in atto.

Vorrei ricordare il teologo russo Soloviev che ha molto sottolineato questo volto mariano della Chiesa inteso in senso vasto, cosmico. Dio è Sapienza, la Sophia increata. Quando crea, si proietta “fuori” di sé. Ed ecco la sophia creata che ha come punto di attualizzazione Maria. Tutto il cammino della storia è proteso verso questa realizzazione. Ma ciò vuol dire: tutta la cultura, la scienza, le arti, sono coinvolte nel far emergere il profilo mariano della Chiesa e, in definitiva, dell’umanità.

a cura della redazione

 

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1)   Cf Origene, In Cant. hom. 1, 10: PG 13, 46; Ambrogio, Exp. in Ps. 118, 6, 8: CSEL 62, 112.

2)   Cf quanto scritto in due documenti ecumenici dell’ultimo decennio: Gruppo di Dombes, Maria nel disegno di Dio e nella comunione dei santi, in: “Il Regno Documenti” 43 (1998) pp. 183-200; ARCIC II, Maria grazia e speranza in Cristo, in: “Il Regno Documenti” 50 (2005) pp. 257ss.