Alla scuola di Maria

Come ogni cristiano, anche il sacerdote, se vuol vivere il profilo mariano della Chiesa, deve conformarsi, al modello donatoci da Gesù: «Ecco la tua madre».

«E il discepolo la prese nella sua casa»1

C’è un dialogo particolare, che ogni sacerdote di Cristo è chiamato a sviluppare, c’è un’unità singolare che è chiamato a realizzare. Dialogo, unità che il sacerdote legato all’Opera di Maria è doppiamente invitato a coltivare: quello con Maria, la mamma di Gesù, la mamma di ogni suo sacerdote2.

«...e il discepolo la prese nella sua casa » (Gv 19, 27).

Gesù morente si era rivolto a sua madre e, indicando Giovanni, le aveva detto: «Donna, ecco il tuo figlio» (Gv 19, 26). Poi, guardando Giovanni, aveva aggiunto: «Ecco la tua madre» (Gv 19, 27).

Lo sappiamo: in Giovanni Gesù affidava in quel momento a Maria tutti noi cristiani. Ma non si può negare che Giovanni era sacerdote. Dunque i sacerdoti hanno avuto da Gesù, in quel giorno, nella persona di Giovanni, un indirizzo, un invito, un comando: vedere in Maria la loro madre, prenderla con loro.

Giovanni con Maria: questo è il sacerdozio cristiano.

Maria è di casa per í sacerdoti. I sacerdoti lo devono ricordare; ma anche se tristemente essi dimenticassero di prendere Maria con loro, la madre di Gesù non dimenticherà mai, per tutti i secoli, d’assolvere questo desiderio del Figlio suo morente.

Maria è il validissimo aiuto che Gesù ha donato ai sacerdoti per il loro servizio alla Chiesa.

È fuori dubbio che Giovanni ha potuto volare così in alto e contem­plare il Verbo presso Dio, il Verbo che è Dio, perché la Madre di Dio abitava con lui.

Questa straordinaria convivenza, questa comunione con quell’anima che conservava e meditava tutte quelle cose nel suo cuore (cf Lc 2, 19), gli ha aperto gli occhi. Egli ha visto la Chiesa, il suo futuro, le sue lotte, il suo trionfo, perché il modello della Chiesa era davanti a lui.

La Vergine è il tipo della Chiesa, e ogni sacerdote, che è chiamato a edificare la Chiesa, non saprà mai svolgere così bene il suo compito come di fronte a Maria.

Se i sacerdoti vivranno in comunione con Maria, ella, madre dell’unità, svelerà loro come va ordinata nei cuori e fra i cuori la carità, come va edificato il corpo di Cristo secondo quell’eterno supremo dialogo d’amore che è la Santissima Trinità.

Maria è lì accanto ad ogni sacerdote. Occorre scoprire la sua presenza. Un modo, per i nostri sacerdoti, è quello di accoglierla sempre più e sempre meglio in ciò che ella offre loro: questo ideale di vita nuova.

Accogliere il suo invito ad immedesimarsi e rivivere il suo Figlio, il crocifisso, l’abbandonato, così come lei l’ha accettato e vissuto, quando ha dovuto perdere, nella sua immensa desolazione, Gesù; quando se l’è visto sostituire da uno di noi, da un sacerdote, pagando così, con un secondo fiat, la sua seconda maternità, quella della Chiesa.

È con lei, madre della Chiesa, madre dell’unità, che i nostri sacer­doti, i nostri religiosi, si realizzeranno oggi quali autentici “uomini del dialogo”, è con lei che diverranno costruttori d’unità «affinché tutti siano uno» (Gv 17, 21).

Maria modello della Chiesa3

Maria, laica come noi laici, sta a sottolineare che l’essenza del cristianesimo è l’amore e che anche sacerdoti e vescovi, prima di essere tali, devono essere dei veri cristiani, dei crocifissi vivi, come lo fu Gesù che sulla croce fondò la sua Chiesa.

Maria, mettendo in rilievo inoltre nella Chiesa l’aspetto fondamentale dell’amore che la rende “una”, presenta al mondo la Sposa di Cristo quale Gesù l’ha desiderata e tutti gli uomini d’oggi l’attendono: carità ordinata, carità organizzata. E solo sottolineando questo suo fondamentale aspetto la Chiesa oggi può adempiere degnamente la funzione di contatto e dialogo col mondo, che è sensibile alla testimonianza dell’amore nella Chiesa, anima del mondo.

Altri Cristo4

Tra le divine parole che Gesù disse, ve n’è una che dà le vertigini se si pensa pronunciata da Dio e fa comprendere l’eccellenza d’una elezione. È un paragone paradossale, ma vero e ricco di mistero. E Cristo lo rivolge a quelli che sarebbero stati nei secoli i suoi sacerdoti: «Come il Padre ha mandato me, io mando voi» (Gv 20, 21). (...).

Chi è allora il prete? È colui che Cristo ha eletto per continuarlo nel tempo. Purtroppo a volte il sacerdote non è così. E, d’altronde, se il prete non è Cristo, è ben poco. Le sue prediche sono vuote e le chiese deserte. Perché la Parola che Cristo dava era lui stesso. Se il prete prima vive ciò che predica e poi parla, la sua parola sarà Cristo e sarà, anche lui, altro Cristo. I suoi discorsi trascineranno allora le folle e le chiese diverranno strabocchevoli. Perché non è tanto la scienza che fa il prete, quanto il carisma vivificato dall’amore.

E oggi i tempi esigono più che mai l’autenticità. Non bastano più semplici uomini ordinati sacerdoti: occorrono preti-Cristo, preti-vittime per l’umanità. Cristi autentici, pronti sempre a morire per tutti.

Come Ars, sì come Ars: dove il curato era tutto per il suo popolo dopo Dio, e la gente veniva da lontano per respirare il profumo di Cristo, per nutrirsi di lui, per vivere.

Diciamolo pure, diciamolo forte: per vivere! Perché senza Cristo, senza preti-Cristo, anche il mondo d’oggi con le sue magnifiche straordinarie scoperte non vive. Agonizza, muore. Cristo solo è la Vita.

Chiara Lubich

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01) C. Lubich, Discorso a 7000 sacerdoti e religiosi, Città del Vaticano, Aula Paolo VI, 30 aprile 1982.

02) Cf Lettera a tutti i sacerdoti, in: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II/1, Libreria Editrice Vaticana 1979, pp. 879-880.

  3) C. Lubich, Scritti Spirituali/2, Città Nuova 19972, pp. 12-13.

  4) Id., Il celibato sacerdotale, in:“Città Nuova”, 3/1970.