Chiesa-Maria

Proponiamo ai nostri lettori, in questo numero di gen’s, un approfondimento del profilo mariano della Chiesa e una rilettura dello stesso ministero sacerdotale in questa chiave.

Il discorso sul “profilo mariano” è in effetti una dimensione emergente, durante questi ultimi decenni, nel modo di comprendere la Chiesa, come evidenzia l’intervista a Brendan Leahy. Secondo Giovanni Paolo II addirittura «compendia in sé il contenuto più profondo del rinnovamento conciliare» (cf brano riportato fra i testi a p. 183). Affermazione che a prima vista può sorprendere, ma che trova spiegazione se si tiene presente che sottolineare il “profilo mariano” della Chiesa significa porre l’accento sulla dimensione esistenziale, sul vissuto, sulla santità e sulla carità; e quindi dare alla Chiesa “anima”, dinamismo, vita. Dimensione che attinge in maniera speciale a quel “genio femminile” che mette in luce l’articolo di Silvano Cola; genio che, pur nella sua specificità, è espressione di valori a cui in qualche modo tutti siamo chiamati.

Maria, con il suo “fiat”, è il tipo della Chiesa. Il Verbo non si è fatto carne senza il suo “sì”. La Chiesa non è quella che è chiamata ad essere – il Corpo di Cristo e quindi sua presenza e visibilità, suo strumento in seno all’umanità – senza che noi ci lasciamo coinvolgere con tutto il nostro essere, lasciando che la Parola che riceviamo si faccia “carne”, vita, concretezza, in noi e fra noi e nel mondo. Se è vero che l’esistenza della Chiesa non parte da noi, bensì dall’iniziativa di Dio, è altrettanto vero che essa non si realizza, e soprattutto non può svolgere efficacemente la sua missione, senza la nostra adesione, la coerenza del nostro agire, la testimonianza di una vita personale e comunitaria radicalmente trasformata.

In realtà, in quello che ai nostri giorni – da von Balthasar a Benedetto XVI – viene tematizzato come “profilo mariano”, riaffiora una robusta dimensione dell’autocomprensione cristiana dei primi secoli. «Tutta quanta la mariologiaosservò il Card. Ratzinger in occasione del 40° anniversario della Lumen Gentium – è stata pensata e impostata dai Padri prima di tutto come ecclesiologia: la Chiesa è vergine e madre, essa è concepita senza peccato e porta il peso della storia, essa soffre e nondimeno è già ora assunta in cielo». Fu successivamente che si è chiarito l’intimo legame fra la Chiesa e Maria. «Molto lentamente» nella riflessione dei Padri si è fatta strada la convinzione «che la Chiesa è anticipata in Maria, in Maria è personificata e che viceversa Maria non sta come individuo isolato chiuso in se stesso, ma porta in sé tutto quanto il mistero della Chiesa»1.

Siamo qui alle origini di quello che oggi viene in rilievo come “profilo mariano”. Dimensione che è irrinunciabile. Il fatto che più tardi «Maria sia stata vista come individuo ricolmato di privilegi e perciò da noi infinitamente lontano, mentre la Chiesa è stata considerata in modo impersonale e puramente istituzionale – disse in quello stesso discorso il Card. Ratzinger –, ha danneggiato in eguale misura sia la mariologia che l’ecclesiologia». E ne trasse la conclusione: «Dobbiamo saper tornare a prima di queste divisioni, per comprendere la natura sovraindividuale della persona e sovraistituzionale della comunità»2.

Parlare perciò di “profilo mariano” e in questo stesso senso di “sacerdozio mariano” significa riempire di vita il dato istituzionale e quindi rendere la Chiesa più attraente, far trasparire quel mistero di unità e di comunione, e in definitiva la presenza stessa di Gesù, che essa custodisce nel suo seno.

Oltrettutto è questo un modo di presentare Maria e il suo ruolo nella vita cristiana che in campo ecumenico è non solo accettabile, ma di speciale rilevanza. «Esiste un’analogia tra il destino di Maria e quello della Chiesa», si legge nel Documento del gruppo ecumenico di Dombes a proposito della comprensione che Lutero aveva di Maria. «Le sofferenze di Maria rinviano alle persecuzioni della Chiesa; la perseveranza di Maria alla continuità e alla fedeltà della Chiesa; la sua gravidanza al modo in cui il Cristo-Parola viene ad abitare nei credenti. La dignità di Maria si esprime paradossalmente nella sua umiltà; lo stesso avviene nel caso della Chiesa, che resta una Chiesa sotto la croce, imperfetta nel suo carattere storico, istituzionale e visibile». Secondo Lutero – afferma ancora il Documento – «Maria diventa madre di ogni membro della Chiesa, laddove il Cristo è suo fratello e Dio il suo Padre. Nella sua maternità, Maria è anche “madre della Chiesa, questa Chiesa di cui ella è il membro più insigne”»3.

Merita menzione a parte il legame tra Maria e la dimensione carismatica della Chiesa. Secondo von Balthasar il principio mariano si manifesta in molteplici forme di santità che rendono la Chiesa una comunità viva , e perciò più rilevante ed incisiva a servizio dell’umanità. Sta proprio qui la grande attualità del profilo mariano il quale, se tocca in modo decisivo la vita interna della Chiesa e quindi il mondo ecumenico, irradia ben oltre, come speriamo essere riusciti ad esprimere almeno in qualche misura con questo numero della rivista.

H. B.

 

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1)   J. Ratzinger, L’ecclesiologia della Lumen Gentium, in: id., La comunione nella Chiesa, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 2004, pp. 159-160.

2)   Ibid., p. 160.

3)   Gruppo di Dombes, Maria nel disegno di Dio e nella comunione dei santi, n. 55; testo del documento in: “Il Regno Documenti” 43 (1998) pp. 183-200.

4)   Cf Brendan Leahy, Il principio mariano nella Chiesa, Città Nuova, Roma 1999, pp. 184-187.