Mondo dei seminari n. 49



Che tutti siano Uno



Ciò che fa la differenza



«Vado in pasticceria e una delle commesse mi riferisce il commento di una cliente. Qualche giorno prima, infatti, assieme a alcuni giovani che si preparano al sacerdozio, eravamo stati in quel posto a prendere un gelato. “Chi sono quei giovani?”, chiese la cliente alla commessa. E lei: “Partecipano qui vicino a un congresso”. La cliente insistette: “Che tipo di giovani sono?”. E la commessa le spiegò che erano seminaristi di tutto il Brasile. “Mi sono reso conto che sono differenti – ha detto la cliente -, soprattutto hanno uno sguardo diverso dagli altri. E trasmettono pace e gioia».

Cambio di scenario. Siamo nel capoluogo remoto di una diocesi centrafricana. Protagonista un giovane da poco diventato sacerdote. Ci ha scritto: «In questi giorni un collega mi ha detto: “Come mai sei sempre sereno, tranquillo, felice e disposto ad ascoltare e accogliere bene le persone in qualsiasi momento? Hai tanti soldi?”. Gli ho risposto: “Non so se sono proprio così. Se lo sono, è perché ho scelto Dio come mio Unico Bene. Vivo con Dio e per Dio, cercando di amare sempre e per bene tutte le persone che incontro. Purtroppo però – ho aggiunto – non è sempre così. Devo spesso rimettermi a fuoco”. Il collega dissentiva: “Ma ti capita di rado!”. E così si è concluso quel breve dialogo.

«Ma… le prove non mancano. Con la “brutta abitudine” che ho preso di lasciare la porta aperta a tutti, un giorno mi è stato rubato il computer laptop, assieme alla macchina fotografica digitale, un rasoio elettrico, un orologio, un po’ di soldi. All’inizio non volevo crederci, ma poi mi sono reso conto della triste realtà. Prima di mettermi alla ricerca in città, per vedere se si poteva recuperare qualcosa, mi sono detto che occorre essere sempre libero da tutto ed avere Dio solo. Anzi, mi sono ricordato che chi mi aveva regalato quel computer, mi aveva detto: “Devi essere anche pronto a perderlo”. Ho quindi ritrovato la pace: Dio l’ha dato, Dio l’ha tolto. Ero tranquillo e senza agitazione né preoccupazione al punto che una suora, che ha saputo dell’accaduto, mi ha detto: “Ti hanno rubato tutto questo, e tu rimani in silenzio, senza lamentarti. Che uomo sei?”. Poco dopo, con l’aiuto di due tre amici, ho potuto ritrovare quel computer…».

Iniziano in queste settimane in molti posti le vacanze. Rimane alle spalle il seminario. Nuovi orizzonti, nuove esperienze! Ce lo auguriamo a vicenda. Ma soprattutto speriamo che possa essere un tempo per testimoniare ciò che fa la differenza. Come i nostri colleghi brasiliani. Come il nostro amico centrafricano.





L’avventura del Vangelo

«Mi sembrava di perdere tempo»

Italia. «L’esame di oggi sulla filosofia contemporanea era senz’altro uno dei più ampi e complessi della sessione ed ha avuto una preistoria un po’ particolare. Ieri mentre studiavo sodo, sono entrati in canonica quattro giovani che avevano pensato di trascorrere un paio d’ore con me, incuranti del mio studio. Mi sembrava veramente di perdere tempo! Ma ho pensato: “E se fosse venuto Gesù? Sarebbe tempo perso stare con Lui?”. Con l’andare del colloquio, i discorsi che abbiamo toccato e le domande che mi hanno fatto erano molto profonde e significative, li vedevo contenti. Però lo studio ne ha risentito abbastanza e stamattina sono arrivato all’esame senza aver ben preparato alcune parti del programma anche importanti. Ho chiesto a Gesù con un po’ di sfacciataggine: “Fa’ in modo che esca uno degli autori che ho studiato meglio, se possibile la Scuola di Francoforte con Habermas…”. Sapete che domanda (estratta a sorte!) mi ha fatto il professore? La Scuola di Francoforte e Habermas! Alla fine ha commentato: “Esame eccellente!”. Incredibile!». (E.C.)

«Non dovevo preoccuparmi»

Brasile. «Gli esercizi per il diaconato sono stati un momento di molta unione con Dio. Finalmente ho potuto fermarmi e dare un’occhiata alla mia vita come trascorre nel quotidiano. Quante cose belle per le quali dar gloria a Dio e quante altre in cui crescere! Mentre ero in preghiera davanti a Gesù eucaristia, varie volte mi ha preso un timore, non a causa dell’ordinazione, ma perché dovevo preparare, su richiesta della commissione diocesana, un tema sulla mistica dei piccoli gruppi che sarebbe stato presentato ai leaders di tutte le parrocchie perché lo comunicassero a loro volta alle loro comunità. Il semplice pensiero di aver da preparare questo tema, senza disporre di molto tempo né materiale e senza sapere neppure da dove cominciare, minacciava di togliermi la pace interiore. Ogni volta che ciò succedeva cercavo di ascoltare la voce dello Spirito Santo e così capivo che non era questo il momento e che non dovevo preoccuparmi. Di ritorno dagli esercizi, ancor prima di arrivare alla casa parrocchiale, ecco una sorpresa: una signora, membro della commissione esecutiva mi porta la fotocopia di un articolo che lei aveva trovato in un sussidio della diocesi di Florianopolis. Era proprio quello che serviva. Con questo sussidio come punto di partenza, ho potuto preparare il tema in poche ore. Ed è stato talmente apprezzato che il coordinatore della pastorale e l’amministratore mi hanno chiesto di esporlo a tutti i sacerdoti nella prossima riunione del clero». (M.S.).

Dopo 70 anni di separazione…

Burkina Faso. «“La preghiera dell’umile penetra le nubi”. Quando sono andato a rivedere i membri della mia famiglia allargata, è avvenuto un miracolo di riconciliazione: in una sola giornata ho potuto trovare un mediatore, incontrare i tre dignitari del villaggio e i dodici membri del Consiglio del villaggio. In genere per rimediare alla violazione di un divieto sociale di quel genere, occorrono più tentativi per raggiungere lo scopo. Tutti loro hanno concesso il loro accordo di massima per questa riconciliazione che secondo la tradizione si sarebbe dovuta fare in un posto del villaggio destinato ai sacrifici con pratiche non compatibili con la fede cattolica. Dopo molteplici negoziati, loro hanno accettato che noi celebrassimo la riconciliazione in modo cattolico senza nessun altro sacrificio e non nel posto del villaggio per i sacrifici ma in famiglia. Così dopo più di 70 anni di separazione la nostra famiglia allargata si è riunita. Sia lodato Dio!» (D.I.)

Catechismo – fuori programma…

Italia. «La mattina del giovedì santo, mentre ero in chiesa per sistemare alcune cose in vista delle celebrazioni, si affaccia una signora e chiede dove si sarebbe svolto il ritiro dei bambini di scuola elementare. Le dico: “Nel salone parrocchiale” e lei mi fa sapere che è chiuso. Decido di accompagnarla e costato che le catechiste non arrivano, mentre comincia ad aumentare il numero dei bambini. Sono un po’ preoccupato perché devo lasciare il lavoro in chiesa, ma penso che questa magari è la volontà di Dio dell’attimo presente. Mi trovo così ad intrattenere una ventina di bambini con i quali cerco di farmi uno. Tra un gioco e un altro parliamo anche della Pasqua. Alle ore 11 i bambini tornano a casa contenti. E contento sono pure io nonostante l’improvviso cambiamento di programma.

Ma non tutto finisce qui. Poco dopo c’è il ritiro dei ragazzi di scuola media. Anche in questo caso di catechiste non c’è nemmeno l’ombra. Si presentano solo quattro ragazzi. Sento che c’è da vivere l’attimo presente sino in fondo e comincio a parlare con loro. Mi dicono che sono venuti controvoglia solo perché le mamme li hanno mandati. Parliamo del più e del meno e io ascolto e parlo. Di fronte a qualche idea un po’ “particolare” sui preti che loro esprimono, sento di dover non giudicare ma solo amare. Poi chiedono di me. Ad un certo punto un ragazzo propone di andare in chiesa almeno per sederci. Il discorso incomincia a spostarsi su temi ben diversi. Parliamo della Pasqua, di che senso ha celebrarla e viverla, di Dio, di tante cose! Ciò che sorprende è che l’iniziativa è tutta di loro, io non ho fatto assolutamente nulla. Ogni tanto dico: “Si sta facendo tardi, non è che volete andare via?” e loro rispondono di no. Alle 13, quando ormai le mamme chiamano energicamente i loro figli per il pranzo, ci salutiamo con la promessa di rivederci. Io mi sento stanco e allo stesso tempo sereno. La preoccupazione di quello che dovevo fare non c’è più e in chiesa nel frattempo altri tre ragazzi che si erano accordati con me hanno messo tutto a posto.

La sera, Messa in coena Domini: si presenta un bambino che è stato al ritiro la mattina, per fare il ministrante, cosa che non succede da tempo da noi. Dopo la messa piombano in sacrestia i ragazzi della mattina; sono così sorpreso che non so che dire. E pensare che quella mattina mi ero preoccupato di non perdere tempo. “Perdendo” tutto, non ho perso nulla». (T.B.)





Se ami sei



Il 17 febbraio di quest’anno è partito per il Cielo d. Silvano Cola. Responsabile della branca dei sacerdoti diocesani nel Movimento dei focolari, sin da quando nacque negli anni ’50-’60, nel 1968 ha svolto un ruolo decisivo per l’inizio del Movimento gens (generazione nuova sacerdotale). In seguito ha sempre accompagnato da vicino e sostenuto questa realtà che in questi quasi 40 anni ha aiutato centinaia di giovani a realizzare la loro chiamata. Riportiamo qui – quasi come un suo testamento spirituale – uno stralcio del suo ultimo discorso in pubblico, tenuto il 30.12.2006 a Grottaferrata a un incontro di seminaristi di varie nazioni.



Il profilo mariano della Chiesa è l’assenza di clericalismo.

Questo mi pare importante: avvicinarsi al sacerdozio

sperando di essere capaci di morire per tutti,

di morire a se stessi per tutti.

Soltanto essere amore. Se ami sei. Se non ami, non sei.

Bisogna considerare qualunque persona come insostituibile,

come unica al mondo. Tutto il Vangelo è lì.

«Qualunque cosa hai fatto al più piccolo, l’hai fatta a me»…

Questa è la capacità di rendere luminosa la notte, è la scoperta.

Se si è convinti di questo, finalmente il mondo potrebbe andar bene.

Perché ogni forma di guerra, di rivalità, tutto viene dal potere…

Essere comunione, senza essere attaccati a nessuno, salva te e salva tutti.



Incontro con Benedetto XVI


Tiago di Brasilia sta trascorrendo quest’anno assieme a altri due seminaristi alla Casetta “Ianua Caeli” nella Mariapoli Ginetta, una delle cittadelle di testimonianza del Movimento dei focolari. In occasione del recente viaggio di Benedetto XVI in Brasile, ha potuto salutare il Papa. Ecco come sono andate le cose.

Prima di arrivare alla Mariapoli Ginetta, avevo saputo della possibilità di partecipare all’incontro del Papa con la Fazenda da Esperança a Guaratinguetá, il primo di ormai 30 centri di recupero per drogati, un’Opera sociale nata da Frei Hans Stapel alla luce dell’Ideale dell’unità sulla base del Vangelo vissuto. Condizione per la partecipazione era vendere un certo numero di CD. Non ero stato subito entusiasta di quest’idea, ma poi mi sono lanciato e sono riuscito a vendere tutti i CD affidatimi.

Nel frattempo, il Movimento dei focolari era stato invitato a presentare al Papa, durante il suo incontro coi giovani a San Paolo, alcuni brani di folclore brasiliano. Sono stato chiamato a far parte del gruppo che avrebbe preparato questo contributo. Eravamo 130 giovani e abbiamo lavorato intensamente per questa coreografia, durante due mesi.

Un giorno a cena nella nostra piccola comunità, si è deciso per vari motivi di non partecipare all’incontro nella Fazenda da Esperança, ma di andare soltanto a San Paolo all’incontro coi giovani. Per me era difficile. Non mi sentivo compreso dagli altri. Anche perché, nella coreografia che stavamo preparando, mi sarei trovato con le spalle rivolte verso il Papa e quindi non sarei riuscito a vederlo. Ho messo in comune questo mio dolore con uno dei miei compagni e abbiamo visto che questa circostanza poteva essere per me un invito di Gesù a fare una scelta più profonda di Dio solo. Sono andato in cappella e ho fatto questo passo, condividendo poi tutto con gli altri. Pochi giorni dopo ho ricevuto la notizia che ero stato scelto per consegnare un regalo al Papa. Era la risurrezione!

Sentivo che era importante preparare bene questo momento, in modo che non fossi solo io a salutare il Papa, ma in me anche gli altri seminaristi e quelli del mondo intero.

Consegnando il dono, ho detto al Papa che ero seminarista e lui mi ha risposto: «Che bello!». Al che mi ha chiesto il mio nome e io gliel’ho detto e ho chiesto la sua benedizione. Allora lui mi ha abbracciato. Ho concluso dicendo: «Sono un gens [seminarista che vive la spiritualità del Movimento dei focolari] e vogliamo portare al mondo l’unità!». Lui ha sorriso e ha acconsentito con la testa.

Per me è stato indimenticabile. Ho trovato una persona accogliente e vicina, tanto diversa dall’immagine che avevo in precedenza. Mi sono reso conto che era una persona scelta da Dio, che si è lasciata guidare totalmente dallo Spirito Santo. Vuoto di se stesso è “pontefice”, “uomo dell’unità”.