«È stata una scuola di comunione»

Testimonianza di un vescovo alla V Conferenza generale dell’episcopato dell’America Latina e dei Caraibi

I fratelli vescovi mi hanno pregato di raccontare l’esperienza della mia partecipazione alla V Conferenza che si conclude oggi 31 maggio 2007 qui ad Aparecida. Per noi è stato un tempo di scuola di comunione.

Quando sono arrivato ad Aparecida portavo in cuore le luci delle Conferenze anteriori. Medellin, col soffio rinnovatore dello Spirito, aveva avuto un grande influsso sulla mia formazione in seminario; Puebla mi aveva dato una forte spinta ad applicare le sue direttive innovatrici di comunione nel seminario in cui lavoravo, un sogno, questo, condiviso con molti fratelli sacerdoti di vari Paesi che lavoravano nel campo della formazione e che ora ho ritrovato come vescovi in questa Assemblea; infine Santo Domingo, all’inizio del mio episcopato, aveva ravvivato l’entusiamo per la nuova evangelizzazione. E adesso Apparecida, nel mio Paese con la presenza del Papa nel Santuario di Nostra Signora Aparecida in un clima di Cenacolo.

Al mio arrivo un giovane al bar mi ha detto una frase: «Qui anche la buona accoglienza è evangelizzazione». Possiamo dire che ci siamo sentiti veramente a casa, sperimentando lo stesso clima che aleggiava a Nazareth, a Betlemme, nella casa di Elisabetta e Zaccaria nelle montagne della Giudea, a Tepeyac in Messico e ad Aparecida.

Come ho vissuto questi giorni? Appena giunto ho incontrato alcune persone con le quali abbiamo stretto un patto: essere disposti a dare la vita gli uni per gli altri. Si tratta di fratelli e sorelle che non temono e non si vergognano di comunicarsi reciprocamente l’impegno di amare Dio e il prossimo. Mi sono sentito appoggiato non solo dalle preziose preghiere di tanti, ma anche dalla certezza della presenza del Risorto tra coloro che si amano. Così le riunioni plenarie, i gruppi, le commissioni e sottocommissioni avevano un nuovo sapore: erano passi importanti e contributi costruttivi per creare l’ambiente necessario alla nuova Pentecoste che tutti abbiamo via via sperimentato.

Qui ho incontrato la bellezza delle differenze: razze, culture, lingue, nazionalità, Chiese e Comunità eccelsiali: e tutto a servizio della causa del Vangelo. Abbiamo vissuto un vero miracolo: abbiamo lasciato Babele e siamo approdati alla Pentecoste. Avere tra le mani il testo del Documento finale, vedere tante persone che danno il meglio di sé per la Chiesa, che offrono i loro talenti, la loro parola e la propria intelligenza, è stato contemplare l’azione dello Spirito Santo, soave e forte che, passando attraverso la libertà di ognuno, realizzava la sua opera.

Porto a casa il desiderio ardente di essere sempre più un fedele discepolo e missionario, come pure la responsabilità di comunicare le ricchezze qui sperimentate per merito di ognuno di voi. Confesso che ho un po’ di timore, perché abbiamo assunto molte grandi sfide. Che lo Spirito Santo ci conceda l’audacia dei martiri per portarle a buon fine!

Mi auguro che nel cuore delle Chiese locali di ogni nazione qui rappresentate esultino Gesù e Giovanni come esultarono nel seno di Maria e di Elisabetta, di cui oggi celebriamo la festa. Gesù, Verbo eterno in-carnato e mandato missionario dal Padre, e Giovanni, colui che deve diminuire affinché Gesù cresca. E noi, discepoli e missionari nella Chiesa in quest’ora che ci provoca e ci attrae, possiamo cantare insieme il Magnificat, riconoscendo che veramente «Dio ha visitato il suo popolo».

Aberto Taveira

Arcivescovo di Palmas-Brasile