Perché tutti siano uno

 

Notizie dal mondo dei seminari – 40

a cura della segreteria internazionale del movimento gens

 

Ciò che fa la differenza

 

In futuro seminarista del Sud Italia ci ha fatto pervenire questo gustoso e alquanto realistico racconto: «È il mese degli esami e la loro preparazione questa volta risulta particolarmente impegnativa. Per iniziare bene la giornata ogni mattina vado a Messa alle 7.30, un orario che per me è assai difficile.

Un giorno scendo in strada con una decina di minuti d’anticipo, armato di buona volontà, ma trovo sotto casa il camion dell’immondizia che ostruisce il passaggio. Aspetto con pazienza in macchina che finisca e liberi la via, ma intanto passano i minuti. Penso che ormai la Messa la perderò e molto spazientito suono il clacson per far sgombrare la strada. Infastidito, il conducente si avvicina e si accende un piccolo litigio, breve ma abbastanza duro. Ne rimango profondamente male: non era questo il mese in cui la Parola di Dio ci chiedeva di vivere per la pace e io invece mi sono messo a litigare? Arrivo con un po’ di ritardo a Messa e chiedo perdono a Dio, deciso di ricominciare.

Il mattino seguente, la stessa scena, ma questa volta il camion non ostruisce il passaggio. Mi dico che ho l’occasione per amare e ricucire la situazione del giorno prima. Saluto il conducente con un caloroso sorriso. Con mia sorpresa, egli ricambia il gesto molto affettuosamente.

La settimana dopo si ripresenta ancora la stessa situazione. Scendo dalla macchina e chiedo all’autista se cortesemente può farmi passare. Non è quello della settimana precedente e mi risponde in malo modo. Questa volta però non mi arrabbio perché mi dico: “Bèh! Anche in lui c’è Gesù, e poi sta lavorando; aspettiamo che finisca, non vale la pena litigare”. Mi metto in macchina, dopo poco egli libera il passaggio e arrivo a Messa senza nemmeno fare ritardo».

Sono, non di rado, i piccoli gesti a fare la differenza e a trasformare le situazioni di ogni giorno.

Racconta un seminarista dell’America Latina: «Ogni lunedì ci riuniamo per un’azione di pulizia della nostra casa. Per coincidenza, oggi piove e fuori tutto è bagnato. Guardo la lista dei compiti e mi rendo conto che mi è stato affidato di lavare il pavimento del nostro Istituto, proprio là dove più batte la pioggia. Per un momento mi perdo di coraggio e penso di reclamare, ma poi capisco che posso offrire questo mio piccolo contrattempo a Gesù nel suo abbandono. In questo modo, tutto va splendidamente bene. Ad un certo punto arrivano inaspettati quattro compagni che mi aiutano per completare insieme il lavoro».

A far la differenza ancora una volta è stato l’amore; un amore che non si arrende davanti alle difficoltà.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se il tuo occhio è puro

di Igino Giordani

 

Se tu dai amore, trovi amore, in questo senso: che, amando gli uomini, tu ami Dio in loro; donando amore, aiuti a far nascere l’amore in loro: assolvi così la funzione di Maria, di cui, nel fuoco della carità, copi la purezza. Quando hai messo questo lume il lume che è Dio nel loro spirito, tu gli uomini li scopri: ovvero essi ti si manifestano, e ciò perché tu pure li ami. È l’amore che ama l'amore: e si ha lo stesso processo per cui si manifesta Gesù a chi lo ama. Fuori dell’amore divino, uno vede nelle anime quel che vuol vederci; proietta in esse le proprie ombre. (…)

L’occhio che guarda con amore è una lucerna provvista di fiamma; vede di là dal normale, per una introspezione che trae su dalle ombre una ricchezza di meraviglie insospettate. Scruta, dietro le parvenze, i segni di Dio.

Da: La divina avventura, Roma 1976, p. 21

 

Sfide di ogni giorno

Dieci minuti dopo

Italia. «Ho dovuto accompagnare un
vescovo dall’albergo all’aeroporto, con la
macchina della nostra comunità. Ad un certo punto, per evitare un’altra macchina che veniva contro di me, ho strisciato un muro graffiando il lato destro della vettura. È stato un bel colpo e mi sono tanto preoccupato, soprattutto per la riparazione. Ormai ero vicino all’albergo e dovevo accogliere il vescovo, ma non riuscivo a liberarmi da
questa preoccupazione. Pensando alla parola della Scrittura “Gettate in me ogni
preoccupazione…”, con uno slancio
interiore ho detto un sì deciso a questo
dolore e ho affidato tutto al Padre. Ero di nuovo libero e con cuore aperto ho salutato il vescovo, mi sono interessato di lui
dimenticando il mio problema e l’ho

ascoltato con tutta l’attenzione. È nato così un bel dialogo. Tornato a casa, assieme al mio responsabile, abbiamo affidato la cosa a Dio. Dentro di me c’era ormai piena pace. Neanche dieci minuti più tardi mi ha
chiamato mia madre per comunicarmi che una parente mi aveva mandato una busta nella quale c’era una somma sufficiente per la riparazione». (B.M.)

Un unico desiderio

Belgio. «Sabato scorso ho visitato per la prima volta un gruppo di giovani nella
parrocchia in cui sto facendo un tirocinio. Essi non sono molto vicini alla Chiesa, ma hanno un cuore pieno d’amore. Non sapevo che cosa fare con loro. Sono andato
all’incontro con un unico desiderio: amare tutti. Ho chiesto a Dio la forza per rimanere, in ogni circostanza, fedele a questo
proposito. Ed è stata una serata
meravigliosa. I giovani erano contenti della mia visita, anche se per loro è un enigma come si possa diventare sacerdote in questo nostro tempo. Abbiamo iniziato a parlare delle cose che interessano a loro. Dopo mi hanno dato la possibilità di raccontare
qualche cosa della mia scelta di Dio e della mia chiamata al sacerdozio. Alla fine mi hanno invitato ad andare con loro in città. Era prevedibile che avrei fatto tardi, ma
sentivo che era importante andare con loro. Così mi sono reso conto della realtà in cui essi vivono. Era troppo forte la musica e non mi piaceva l’ambiente. È stata
l’occasione per rinnovare in ogni momento la scelta di voler amare tutti. In questo modo, i giovani sono rimasti molto felici. Quella sera si è creato con loro l’inizio di un’amicizia e in questo clima ora andiamo avanti». (J.S.)

«Siamo stati noi a tirare»

Brasile. «Stavamo giocando a calcio,
quando un tiro più forte del solito ha colpito una macchina che passava davanti al
seminario. “Chi ha tirato il pallone, deve pagare la riparazione!”, ci ha detto,
arrivando furibondo, il proprietario. È
bastato un rapido sguardo fra noi per
assicurarci di quello che ci unisce e dirgli: “Noi l’abbiamo tirato!”. Risposta che ha lasciato quell’uomo non poco sconcertato. Era scesa dalla macchina nel frattempo pure sua moglie, un po’ nervosa. È rimasta
perplessa nel vedere il repentino
cambiamento di suo marito che stava ormai conversando tranquillamente con noi. Ci siamo quindi accordati che egli ci avrebbe telefonato in seminario per comunicarci l’importo del danno che gli avremmo
rimborsato facendo fra noi una comunione di beni. È successo però che dovevamo assentarci per alcuni giorni dal seminario. Abbiamo allora pensato di telefonargli per avvertirlo. Impressionato da questo gesto ci ha detto di non preoccuparci più per il
pagamento ed ha formulato questo augurio: “Rimanete in Dio!”. Non volevamo che tutto finisse lì e così l’abbiamo invitato in seminario, con sua moglie, per prendere insieme un thé e far crescere quel rapporto che ormai era nato fra noi». (S.P.)

Ctrl+Alt+Delete

Polonia. «In seminario condivido la stanza con un compagno. Capita spesso che egli, con certi suoi pregiudizi, ferisce la mia
sensibilità. All’inizio affrontavo questa situazione cercando di evitarlo: parlare di certi argomenti non avrebbe fatto altro che dividerci. Col passare del tempo, però, sono giunto al limite e stavo per scoppiare. Fu proprio in quel momento che è arrivata la Parola di vita del mese che diceva: “Beati i poveri in spirito…”. Un ovvio invito ad essere staccato da tutto quello che ostacola l’unione con Dio, disponibile a fare la sua volontà. Capivo che si trattava di amare Dio in quel mio collega, pronto a posporre tutto. Più facile dirlo che farlo. Ma ecco un aiuto: qualcuno mi ha parlato del “patto di
misericordia” con cui le prime focolarine annullavano ogni mattina qualsiasi ricordo negativo per guardarsi sempre con occhi nuovi. Ha aggiunto che aveva tradotto
questo atteggiamento per sé nella formula Ctrl+Alt+Delete, la combinazione di tasti con cui, in casi di problemi, si riavvia il computer. Ho cominciato allora a fare ogni giorno Ctrl+Alt+Delete
, e sono andato
avanti senza bloccarmi». (D.O.)

 

 

 

 

Non guardare alla vita e ai costumi di questo o di quello, perché se fermi lo sguardo su ciò che non è Dio e su te medesimo, corri pericolo di perderti. Non voltarti, dunque, ma fissa il volto verso la celeste Gerusalemme alla quale sei incamminato, custodisci nel cuore la speranza di raggiungerla e sarai sempre amico di Dio.

Antonio di Padova

 

In una Favela

José Edson Moreira di Sobral in Brasile, mentre ha conseguito la licenza in filosofia, per desiderio del vescovo  e del rettore è andato ad abitare in una parrocchia. Ecco la sua esperienza:

Ho sentito la spinta di rispondere in quella circostanza a quell’ideale d’unità che porto in cuore. D’accordo col vescovo ho quindi deciso di dedicarmi ai poveri, così come avevano fatto, nei primi tempi del Movimento dei focolari, Chiara e le sue compagne.

Son venuto a conoscenza di una piccola favela dal nome Vila Recanto II sorta su un terreno che un tempo era delle ferrovie. 365 famiglie dimenticate da tutti. Fogne a cielo aperto, strade non asfaltate, prostituzione, droga...

Ricordo ancora uno dei primi episodi. Sono entrato in una casa, ho letto un brano biblico e ho cominciato a parlarne con fervore. Ma la signora che mi ascoltava non pareva contenta. Sono venuto a sapere che in quel giorno – erano ormai le ore 16 – non aveva ancora mangiato nulla. Ho preso allora coscienza che bisognava fare qualcosa per quella comunità. «Il Vangelo in una pancia vuota provoca acidità», era solito dire un sacerdote mio amico.

All’inizio erano numerose le difficoltà. Non avevo dove abitare, finché non ho trovato un piccolo ambiente capace di accogliere appena un letto, un armadio e un tavolo per studiare. Passavo le giornate visitando le famiglie, pregando con loro e condividendo almeno un po’ la loro sofferenza, in attesa di trovare una soluzione ai tanti problemi.

Una delle prime cose che abbiamo messo in piedi, con l’aiuto della provvidenza, è stato un impianto di amplificazione, per pregare insieme il rosario, invitare la gente alla Messa, alla meditazione della Parola di vita, alla catechesi per i piccoli, al gruppo giovani, e così via.

Siamo pure riusciti ad ottenere da alcune imprese corsi gratuiti di formazione professionale. Sono sorti in seguito alcuni piccoli negozi.

Con l’andare del tempo questa mia esperienza suscitava l’interesse dei giornali e della televisione. Temevo un po’ il sensazionalismo per cui mi avrebbero presentato come un “eroe”. Ma poi ho pensato di servirmi di quei mezzi per far conoscere la realtà di sofferenza in cui viveva questa gente. E la risposta è stata immediata: abbiamo ricevuto donazioni materiali, alimentari e altri aiuti.

Successivamente abbiamo potuto creare un piccolo centro con una sala per riunioni, organizzato la vita della comunità e promosso fra i giovani lo studio, la vita di preghiera e il lavoro in comune. Dalla provvidenza ci sono arrivati pure computer, banchi per la cappella, sedie e molte altre cose. Varie sono state le azioni per un mondo unito realizzate con l’aiuto del focolare di Fortaleza, la capitale dello Stato, a 300 chilometri di distanza. Fra l’altro abbiamo già un terreno per la creazione di una cooperativa e sono in cantiere altri progetti.

Accogliendo le nostre ripetute richieste, la prefettura ha ora in programma la costruzione di 400 case popolari e l’urbanizzazione di quella terra. Per me tutto ciò è la prova viva che, con l’unità e con l’amore, si può costruire un mondo unito e più fraterno.