Sentire e agire in comunione

 

Che cos’è la spiritualità della comunione?

Con parole incisive, capaci di rinnovare rapporti e programmi, Giovanni Paolo II insegna: «Spiritualità della comunione significa innanzi tutto sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto». E ancora: «Spiritualità della comunione significa capacità di sentire il fratello di fede nell’unità profonda del Corpo mistico, dunque, come “uno che mi appartiene”. (...) Da questo principio derivano con logica stringente alcune conseguenze del modo di sentire e di agire: condividere le gioie e le sofferenze dei fratelli; intuire i loro desideri e prendersi cura dei loro bisogni; offrire loro una vera e profonda amicizia. Spiritualità della comunione è pure capacità di vedere innanzi tutto ciò che di positivo c’è nell’altro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio; è saper fare spazio al fratello portando insieme gli uni i pesi degli altri. Senza questo cammino spirituale, a poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione» (cf Novo millennio ineunte, 43). (...)

Non si può più affrontare il futuro in dispersione

È il bisogno di essere Chiesa, di vivere insieme l’avventura dello Spirito e della sequela di Cristo, di comunicare le esperienze del Vangelo, imparando ad amare la comunità e la famiglia religiosa dell’altro come la propria. Le gioie e i dolori, le preoccupazioni e i successi possono essere condivisi e sono di tutti.

Anche nei confronti delle nuove forme di vita evangelica si domanda dialogo e comunione. Queste nuove associazioni di vita evangelica, ricorda Vita consecrata (n. 62), «non sono alternative alle precedenti istituzioni, le quali continuano ad occupare il posto insigne che la tradizione ha loro assegnato. (...) Gli antichi Istituti, tra cui molti passati attraverso il vaglio di prove durissime, sostenute con fortezza lungo i secoli, possono arricchirsi entrando in dialogo e scambiando i doni con le fondazioni che vengono alla luce in questo nostro tempo». (...)

Comunione tra le varie componenti del popolo di Dio

Se in altri tempi sono stati soprattutto i religiosi e le religiose a creare, nutrire spiritualmente e dirigere forme aggregative di laici, oggi, grazie ad una sempre maggiore formazione del laicato, ci può essere un aiuto reciproco che favorisce la comprensione della specificità e della bellezza di ciascun stato di vita. La comunione e la reciprocità nella Chiesa non sono mai a senso unico. In questo nuovo clima di comunione ecclesiale i sacerdoti, i religiosi e i laici, lungi dall’ignorarsi vicendevolmente o dall’organizzarsi soltanto in vista di attività comuni, possono ritrovare il giusto rapporto di comunione e una rinnovata esperienza di fraternità evangelica e di vicendevole emulazione carismatica, in una complementarietà sempre rispettosa della diversità.

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Da: Istruzione della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica: “Ripartire da Cristo: un rinnovato impegno della vita consacrata nel terzo millennio”, nn. 29, 30, 31.