Uno sguardo ai «quattro dialoghi»

di Carlos Clariá

 

Attraverso i quattro grandi dialoghi previsti da Paolo VI e dal Concilio Vaticano II, la Chiesa è chiamata a tessere nel mondo, a cerchi concentrici, una rete sempre più vasta che stabilisca rapporti di amore reciproco con ogni essere umano. È proprio il dialogo – come testimonia l’esperienza del Movimento dei focolari –il presupposto per un’evangelizzazione dal respiro universale che offre a tutti, attraverso un «annuncio rispettoso», la luce della Buona Novella.

 

Accenno – seppur brevemente – all’esperienza del Movimento dei focolari sui quattro grandi dialoghi inaugurati dal Concilio Vaticano II.

All’inizio questa nostra esperienza non la si poteva immaginare né prevedere.

Quando nei primi anni ’60 ho conosciuto il Movimento, esso stava uscendo dall’Europa ed era approdato in America Latina. Nel mio caso, in Argentina. Il Movimento si diffondeva solo tra i cattolici. L’impegno era quello di vivere il Vangelo, costruire dovunque l’unità, con lo sguardo d’amore fisso in Gesù crocefisso ed abbandonato, riconosciuto in ogni dolore, in particolare in ogni divisione.

Cosa è successo in questi anni?

Dialogo all’interno della Chiesa cattolica

Il primo dialogo si è sviluppato all’interno della Chiesa cattolica. Da sempre si era cercato di vivere lo spirito dell’unità fra singoli, fra gruppi, nelle parrocchie, con una partecipazione crescente nei consigli pastorali ed in altre commissioni parrocchiali e diocesane.

Alla vigilia della Pentecoste del ’98, un fatto nuovo. Giovanni Paolo II convoca in Piazza San Pietro, in un incontro mondiale, tutti i Movimenti ecclesiali e Associazioni laicali.

È difficile descrivere la gio-ia dei 280 mila partecipanti. Il Papa parla dei Movimenti co-me efficaci strumenti di evangelizzazione e risposta provvidenziale dello Spirito Santo alla sfida della secolarizzazione e li riconosce come una parte importante – anche se non l’unica – dell’aspetto carismatico della Chiesa.

Giovanni Paolo II espresse il desiderio che i Movimenti potessero offrire alla Chiesa un frutto maturo di comunione. A nome di tutti, Chiara Lubich promise di lavorare con tutte le forze per creare e sviluppare questa comunione.

Cosa è avvenuto? Se prima i Movimenti potevano essere come fiori in un giardino dove in qualche modo ognuno guardava se stesso, a volte con indifferenza o qualche volta con diffidenza verso gli altri, ora ci si scopre fratelli e sorelle, con la gioia di vivere l’amore scambievole. Ci si aiuta e si collabora concretamente, si prega gli uni per gli altri, ognuno offre i doni caratteristici che ha ricevuto dallo Spirito Santo ed accoglie i doni degli altri.

Si produce un’esplosione di vita. Per ripetere l’avvenimento di Piazza san Pietro, l’anno dopo si svolgono nei vari Continenti 300 giornate in tutto il mondo, con la presenza di migliaia e migliaia di membri dei Movimenti, e con la partecipazione e l’approvazione dei vescovi, che sono felici di vedere queste forze vive e disponibili per la causa dell’evangelizzazione.

Ora si sta sviluppando una nuova comunione con gli antichi carismi della Chiesa, ad esempio con i francescani, con i benedettini ed altri.

È un primo cerchio del dialogo: contribuire ad accrescere la comunione all’interno della propria Chiesa.

Dialogo ecumenico

Già all’inizio degli anni ’60 si sono verificati i primi contatti con cristiani appartenenti a varie Chiese. Alcuni pastori evangelici, tedeschi, venuti a conoscenza dello spirito del Movimento, rimangono fortemente colpiti. Siamo alla vigilia del Vaticano II. Subito dopo ci sono contatti con sacerdoti e fedeli anglicani; poi altri ancora, sempre più numerosi e profondi, con fedeli ortodossi, luterani, riformati…

Vivere insieme la Parola di Dio ci fa riconoscere fratelli e sorelle. La realtà del battesimo e tutto ciò che ci unisce è più di quanto ci divide. Si scopre assieme un volto di Gesù crocefisso ed abbandonato nella sua Chiesa divisa. L’impegno è quello di vivere il comandamento nuovo, pur nel dolore della divisione, in modo che Cristo possa essere presente tra noi, affinché sia lui a farci il dono della piena comunione visibile della Chiesa.

Ricordo la mia sorpresa quando io cattolico ebbi la possibilità di partecipare a questi primi incontri. Non si nascondevano le difficoltà né le differenze. Anzi! Sulla base dell’amore reciproco vissuto, tutto si poteva affrontare. Si amava la Chiesa altrui come la propria, tutto quello che era nostro era anche loro e tutto quello che era loro era anche nostro. Si poteva quindi parlare, ad esempio, di quello che è Maria per noi, del nostro amore per il Papa. E loro potevano offrirci le loro ricchezze, il loro amore per la Parola di Dio.

È impossibile raccontare quanto è avvenuto in questi 45 anni. Incontri provvidenziali con dei responsabili delle Chiese: ortodossa, anglicana, evangelica, riformata. Ricordo solo i numerosi incontri di Chiara Lubich, a Istambul, con il Patriarca ecumenico Athenagoras. Da lui, come da altri responsabili, siamo stati invitati a comunicare la spiritualità dell’unità nelle loro Chiese.

È fiorito un ecumenismo tipico: un ecumenismo della vita, che non esclude il dialogo teologico, anzi gli offre un valido e decisivo supporto. Un ecumenismo di popolo, di fratelli e sorelle che si riscoprono tali nell’unico popolo di Dio, uniti dall’amore di Cristo. Ora sono migliaia le persone di queste Chiese che, con l’approvazione dei responsabili loro e nostri, partecipano in quanto è loro possibile alla vita del Movimento.

Negli ultimi anni è nata una comunione profonda anche con Movimenti di varie Chiese: evangelici, anglicani, ortodossi. Attratti dalla testimonianza di unità che hanno visto tra i Movimenti cattolici, hanno voluto stabilire rapporti con noi. Insieme, Movimenti cattolici e di altre Chiese, hanno organizzato due anni fa una grande manifestazione a Stoccarda, in Germania, che aveva per titolo: «Insieme per l’Europa». Un cammino che va avanti! E che è visto dai responsabili del dialogo ecumenico della Chiesa cattolica e di altre Chiese – consci delle difficoltà che si avvertono attualmente in questo campo – come una grande speranza e una nuova via da percorrere con decisione.

Uno dei frutti più belli di questa esperienza? La partecipazione di vescovi e responsabili delle diverse Chiese, provenienti da molti Paesi, che da anni si incontrano periodicamente. Questi incontri sono nati in risposta ad un invito di Giovanni Paolo II. Essi si concludono sempre con un patto: amarsi come Cristo ci ha amato.

Dialogo interreligioso

C’è un terzo dialogo. Ero anch’io a Londra, nel 1977, quando a Chiara Lubich venne dato il premio Templeton per il progresso della religione. In una magnifica sala gremita di persone lei presentò la sua esperienza cristiana, puntando al cuore del Vangelo: l’amore, l’amore a Dio e al prossimo. Concluse citando le parole di san Giovanni della Croce: «Dove non trovi amore, metti amore e troverai amore». Poteva nascere la domanda su come avrebbe reagito il pubblico. Già dai vestiti di molti dei presenti si capiva che c’erano numerosi ebrei, indù, musulmani, sikhs. Sorprendentemente furono proprio queste le persone più colpite dalla testimonianza di Chiara: l’avvicinarono subito per esprimere la loro gioia.

Fu l’occasione per una immediata intuizione: Dio voleva che nel Movimento si aprisse la strada ad un nuovo dialogo, quello con i fedeli di altre religioni.

Il Movimento era ormai diffuso nei cinque Continenti. Veniva quindi da sé il contatto con questi fratelli.

L’anima di questo dialogo è vivere la cosiddetta “regola d’oro” – fare agli altri quello che vorresti fosse fato a te – presente, pur con diverse sfumature, in tutte le grandi tradizioni religiose.

Quale è stato l’effetto da parte nostra? Certamente non un confuso sincretismo, ma una rafforzata e convinta fedeltà alla propria fede, in unità con l’autorità della Chiesa. Ed anche un dialogo sincero per conoscere l’esperienza degli altri, con un “annuncio rispettoso” (come diceva Giovanni Paolo II) della Buona Novella assieme allo sforzo di mettere in evidenza i semi del Verbo disseminati in tutte le religioni. Con quale frutto? Quello di impegnarsi, assieme, per la fraternità universale e per la pace.

Si è avviato il dialogo con i nostri “fratelli maggiori”, gli ebrei, in Terra Santa, negli Stati Uniti ed in Argentina.

Ben presto è decollato pure il dialogo con i buddisti, in Giappone e in Tailandia. Ci sarebbero tante cose da comunicare al riguardo! Anche con gli indù, in diverse regioni dell’India. Con tutti loro si organizzano pure Simposi per un’esperienza di dialogo e di approfondimento di punti fondamentali delle diverse fedi.

Da anni il dialogo va avanti con i musulmani, un argomento che è oggi di massima attualità. Inizialmente, nei Paesi dell’Africa del Nord, dove ora sono centinaia e centinaia i musulmani impegnati a vivere lo spirito del Movimento. Logicamente, da musulmani.

Un’esperienza singolare si è sviluppata negli Stati Uniti, dove alcuni anni fa l’imam W. D. Mohamed, leader di un’associazione di musulmani afro-americani con qualche milione di seguaci, ha conosciuto il Movimento. Egli ha invitato Chiara Lubich a parlare dello spirito della fraternità nella moschea di Harlem, a New York. Lei ha offerto la sua testimonianza di fede a 3.000 musulmani. È stata la prima donna cristiana a parlare in quel posto. Loro ora riconoscono Chiara come loro leader spirituale e invitano i membri cristiani del Movimento a parlare della nostra spiritualità in 40 delle loro moschee sparse negli Stati Uniti.

Dialogo con persone non credenti o agnostiche

Ai tre precedenti dialoghi se ne aggiunge un altro particolarmente interessante: quello con i nostri amici di altre convinzioni e culture, che non hanno un riferimento religioso. Persone che si dicono non credenti o agnostiche. Sono anche loro interessate alla spiritualità di comunione? Sì. Sono persone oneste, particolarmente sensibili ai valori fondamentali e all’unità.

Si punta assieme a mettere in pratica quei valori, che ci uniscono: valori umani, quindi cristiani, come la solidarietà, l’uguaglianza, la giustizia, il rispetto della natura, la pace. L’impegno è quello di stabilire rapporti di fraternità e lavorare assieme per costruire un mondo fraterno, con azioni concrete di solidarietà.

Ho avuto la possibilità di vivere da vicino questa esperienza. Non si tratta solo di guardarli con un animo aperto, ma proprio per le esigenze della carità, avvicinarli per quello che sono: nostri fratelli. Con quell’amore che, perché tale, non è interessato, esclude il proselitismo. E perché è amore dona con sincerità il meglio che ha ed è pronto ad accogliere il dono dell’altro. Come poche altre volte, con loro ho avvertito la possibilità di testimoniare la mia fede cristiana e, nello stesso tempo, mi sono sentito arricchito dalla loro particolare sensibilità ai valori umani.

Ecco, brevemente, l’esperienza dei dialoghi fiorita nel Movimento dei focolari   in questi anni, come frutto del cercare di vivere il comandamento nuovo con tutti per dare un contributo alla fratellanza universale.

Carlos Clariá