Insieme verso tutti

a cura di Enrico Gemma

In un quartiere popolare di Roma di recente nascità, sorge la parrocchia di S. Giovanni della Croce dove sacerdoti e laici di Movimenti ecclesiali diversi sono impegnati nel vivere con radicalità la comunione fraterna e irradiarla fra tutti.

L’inizio della comunità

Enrico Gemma: 17 anni fa fui mandato a dare inizio ad una nuova comunità parrocchiale in un quartiere popolare di Roma. Presi in affitto un piccolo negozio sotto un palazzo di 15 piani, ove ricavai la cappella e la mia abitazione. Per 13 anni quella è stata l’unica struttura della nascente comunità.

Ero solo, ma avevo co-minciato a frequentare un gruppo di sacerdoti che vivono la spiritualità dell’unità. Ero attirato dalla semplicità della loro vita e dall’amore reciproco che li legava. Con loro imparavo a “scrivere” il Vangelo nella vita quotidiana. Soprattutto imparavo l’arte di amare.

Ogni mattina mi alzavo “per andare ad amare”. Mi portavo alle fermate dello scuolabus per augurare la buona giornata ai bambini e alle mamme che li accompagnavano. Più volte al giorno ero al supermercato per incontrare la gente: nella fila alla cassa facevo nuove conoscenze, proponevo a qualche mamma di fare la catechista, aiutavo l’una o l’altra persona anziana a portare la spesa a casa.

Così si andava formando la comunità. Altre persone si univano man mano al primo gruppo. Amare, essere pronti a dare la vita l’uno per l’altro, fare la volontà di Dio nell’attimo presente: io in parrocchia, tu in famiglia, lui sul lavoro e poi tutti insieme a raccontarci le nostre esperienze, pronti a ricominciare ogni volta che non ci siamo riusciti: questo è stato il punto di partenza per costruire in questo quartiere la famiglia di Dio.

L’unità nella diversità dei carismi

Marco Merlo: Negli ultimi anni della breve storia di questa parrocchia, in un modo non cercato da noi, ma certamente preparato da Dio, ci siamo trovati a vivere insieme tre sacerdoti, provenienti da altrettante realtà ecclesiali diverse tra loro.

A volte mi chiedo: cosa ha reso possibile che il nostro stare assieme per un comune lavoro pastorale, abbia dato origine ad un’esperienza di vera comunione di vita?

Trovo la risposta nel fatto che ciascuno di noi è lasciato libero di vivere pienamente l’appartenenza alla propria famiglia spirituale e sento che è proprio questo legame ad alimentare la nostra vita di comunione.

Ciascuno di noi, poi, ha la possibilità di comunicare e trasmettere il proprio carisma in parrocchia, prima di tutto con la testimonianza della propria vita e anche in forme concrete di aggregazione.

Una conferma a questa nostra esperienza di unità nella diversità, ci è venuta da Giovanni Paolo II, il quale incontrando a pranzo noi sacerdoti e poi tutta la comunità parrocchiale, ci ha lasciato un dono prezioso in queste parole che noi conserviamo come un testamento:

«Una parrocchia unita, nella quale viene rispettata la diversità dei carismi e dei ministeri, mostra il suo volto di famiglia accogliente».

Il volto della nostra comunità

Fabio Martino: Nella nostra comunità, oltre ai ministeri e alle attività propri di ogni parrocchia, si sono sviluppati armoniosamente alcuni Movimenti ecclesiali.

C’è un bel gruppo del Movimento dei focolari, di cui facciamo parte il parroco e mia moglie ed io con i nostri due figli; poi c’è il Cammino neocatecumenale del quale fa parte don Paolo; c’è un gruppo in via di formazione della Casa di Maria che è la famiglia spirituale di don Marco; infine c’è la Comunità di S. Egidio.

Tra questi Movimenti ci sono rapporti di stima e di accoglienza con gesti concreti di collaborazione. Per esempio, ai tempi in cui in parrocchia c’era la ristrettezza dei locali, noi focolarini venivamo ospitati, per i nostri incontri, dalla Comunità di Sant’Egidio.

Diana Martino: Ogni movimento contribuisce concretamente, secondo il proprio carisma, all’opera di evangelizzazione della parrocchia: nella liturgia, nella catechesi, nella Caritas, nel corso di preparazione al matrimonio o al battesimo.

Abbiamo in parrocchia circa 400 ragazzi: anche con loro si fanno esperienze diversificate. Oltre ai normali gruppi di catechismo, abbiamo due esperienze di oratorio: una con animatori e metodi focolarini, l’altra con animatori che si ispirano al metodo di don Bosco.

Il cardinale vicario della diocesi di Roma, Camillo Ruini, a conclusione di un nostro convegno parrocchiale, ci ha detto:

«Ci sono anche altre parrocchie in Roma nelle quali sono presenti diverse realtà e diverse spiritualità. Ma qui mi pare voi avete la consapevolezza che la presenza di queste spiritualità è un dono per la crescita complessiva di tutta la comunità. Così a tutti quelli che vengono in parrocchia, voi non offrite soltanto la possibilità di un servizio pratico, ma anche la possibilità di esperienze e cammini spirituali».

Spirito di comunione e integrazione pastorale

Paolo Benetton: La nostra vita di comunione è facilitata dal fatto che noi sacerdoti viviamo insieme nella casa parrocchiale. Vivono con noi altri due sacerdoti collaboratori, Froilàn della Bolivia e Mario del Vietnam e un seminarista, Richard della Nigeria.

I rapporti tra noi sono semplici e gioiosi, come in una famiglia. Cerchiamo di mangiare insieme. A volte ci dedichiamo noi stessi alla cucina. Ci veniamo incontro l’un l’altro per facilitare la nostra partecipazione alla vita e alle attività delle comunità cui apparteniamo. Ci comunichiamo esperienze e difficoltà. Ogni tanto prendiamo una giornata fuori della parrocchia per divagarci e riposare insieme.

Siamo coscienti che l’esperienza di comunione che stiamo facendo è un dono di Dio e si costruisce ogni giorno, accettandoci così come siamo, ciascuno con i suoi doni e i suoi limiti.

La serenità che ci viene da questo stile di vita si riflette poi nel nostro lavoro pastorale che risulta così più efficace.

Finché la volontà di Dio ci terrà insieme, speriamo di poter meritare queste parole che il cardinale vicario ci ha rivolto a conclusione della sua recente visita pastorale:

«Questa appare proprio come una parrocchia esemplare, perché è una comunità accogliente. Ed è accogliente perché qui c’è il vero spirito cristiano, cioè lo spirito di comunione. E quando c’è questo, c’è anche una facilità di integrazione pastorale».

a cura di Enrico Gemma