Chiesa nel mondo

Convegno sui media

"Il mondo dei media ha bisogno di uomini e donne che giorno per giorno si sforzano di vivere al meglio la duplice dimensione" di autentici cristiani ed eccellenti comunicatori.

Così il Papa ai circa 8000 professionisti della comunicazione che domenica 4 giugno gremivano l’Aula Paolo VI in Vaticano. Erano giunti da 60 paesi, per celebrare con Giovanni Paolo II il Giubileo dei giornalisti. Per loro il Papa ha avuto accenti di gratitudine personale: "Ho desiderato vivamente questo incontro con voi, cari giornalisti, non solo per la gioia di accompagnarmi al vostro cammino giubilare, come sto facendo con tanti altri gruppi, ma anche per il desiderio di assolvere ad un personale debito di gratitudine verso gli innumerevoli professionisti che, lungo gli anni del mio pontificato, si sono adoperati per far conoscere parole e fatti del mio ministero. Per tutto questo impegno, per l’oggettività e la cortesia che hanno caratterizzato gran parte di questo servizio, sono profondamente grato e chiedo al Signore di darne a ciascuno adeguata ricompensa".

Il Papa si è poi soffermato sul senso della vocazione di coloro che sono impegnati nel mondo della comunicazione, per rilevare il punto nodale della questione etica inseparabile dal loro lavoro. Il giornalismo, infatti, "con la sua vastissima e diretta influenza sull’opinione pubblica, non può essere guidato solo dalle forze economiche, dai profitti e dagli interessi di parte. Deve essere invece sentito come un compito in certo senso sacro, svolto nella consapevolezza che i potenti mezzi di comunicazione vengono affidati ai giornalisti per il bene di tutti, e in particolare per il bene delle fasce più deboli della società: dai bambini ai poveri, dai malati alle persone emarginate e discriminate"...

"Non si può scrivere o trasmettere – ha continuato il Papa – solo in funzione del grado di ascolto, a discapito di servizi veramente formativi. Non si può nemmeno fare appello indiscriminato al diritto d’informazione, senza tener conto di altri diritti della persona. Nessuna libertà, inclusa la libertà di espressione, è assoluta: essa trova infatti il suo limite nel dovere di rispettare la dignità e la legittima libertà degli altri. Nessuna cosa, per quanto affascinante, può essere scritta, realizzata e trasmessa a danno della verità: penso qui non solo alla verità dei fatti che voi riportate, ma anche alla verità dell’uomo, alla dignità della persona umana in tutte le sue dimensioni".

È questo l’impegno dei giornalisti presenti, tra cui i partecipanti al 1° Convegno Mondiale "Comunicazione e Unità" svoltosi al Centro Mariapoli di Castelgandolfo (Roma) dal 1° al 3 giugno 2000, promosso dal Movimento dei Focolari.

L’incontro ha segnato un nuovo inizio: infatti si è concluso con l’annuncio della nascita di un "Centro mondiale per le comunicazioni sociali per tenere collegati gli operatori dei media. Seguirà gli sviluppi teorico-pratici della loro presenza nel mondo della comunicazione".

E saranno proprio i new media uno strumento permanente di dialogo, con l’istituzione di un Forum. Verrà avviato anche, sempre via Internet, un punto di raccolta e diffusione di tesi, pubblicazioni, relazioni, articoli da tutto il mondo sul tema "comunicazione e unità".

Un nuovo inizio dunque, per "far della globalizzazione una comunione mondiale tra le civiltà e le culture, dove ricchezze spirituali e materiali diventeranno patrimonio comune, senza mortificare, ma sottolineando la singolarità di ciascuno, in una continua dinamica di unità e distinzione", come Chiara Lubich, in apertura, indicava l’obiettivo di una comunicazione autentica (vedi la sua relazione in questo stesso numero della rivista).

"Comunicazione è la capacità di effondere la parola negli altri perché generi altre parole, finché ognuno e insieme ci si senta destinatari e responsabili di quel dono. Questa è la condivisione che conduce alla comunione, alla comunità".

Così Sergio Zavoli ha aperto la giornata conclusiva. A lui, infatti, quale competente uomo dei media e della cultura, era stato chiesto una "reazione" all’intervento della Lubich.

Il vissuto degli operatori nei più diversi campi della comunicazione, dalla stampa alla TV, al cinema, alla radio, a Internet, con una carrellata di interventi che si sono susseguiti durante tutto il convegno, hanno dimostrato che questo è possibile. E nei contesti culturali più diversi. Lo hanno dimostrato i Bermúdez, coppia responsabile di una radio comunitaria sorta in Argentina in una zona a rischio della periferia di Buenos Aires. Qui la parola che si diffonde via etere diventa davvero comunità. È una radio che non solo "dice", ma "fa". Anzi, suscita il "fare". Al microfono hanno voce tutti: gruppi di donne, cooperative, docenti, studenti, operatori sanitari. E i bisogni sono messi in comune, e così i servizi. Si evita la violenza e vengono suscitate le capacità organizzative della gente che prende coraggio. Quando la comunicazione è autentica il contenuto fa audience anche nel nostro mondo occidentale, come in Belgio, dove Erik Hendriks parla dei programmi televisivi che con la sua azienda di produzione realizza per le reti nazionali di Belgio e Olanda e per emittenti commerciali.

Un esempio: Stop contact, un programma per ragazzi. Tutto parte da interviste con gli stessi ragazzi. Parlano della loro vita. Vengono a galla le loro ricerche, le domande sulla morte, sulla fede in Dio. L’emittente riteneva che era tutto troppo serio per i giovani e prevedeva un crollo dell’audience. E invece è risultata superiore al previsto.

E così nella ricca carrellata si sussegue il racconto di altre radio comunitarie come quella della popolazione Aymara in Bolivia o della creazione di Act One a Hollywood, per la formazione di nuovi sceneggiatori. Anche qui i risultati superano le attese. Compagnie di produzione richiedono "un buon scrittore della vostra scuderia". Act One è definito dalla CNN e da molta stampa laica un insolito positivo fenomeno. Un segno di speranza anche per l’industria cinematografica.

Il convegno si è concluso con 5 parole. Rilancia la prospettiva iniziale aperta da Chiara Lubich: i media per un "mondo unito". "Unità e diversità": comunicare facendosi "uno" con l’altro, con la sua diversità e ricchezza. "Unità e universalità", senza discriminazioni. "Unità e unicità della persona": prima la persona poi il medium. "Unità e verità": sottolineare il positivo per una comunicazione di qualità. "Unità e famiglia", che assume i confini del mondo.

Carla Cotignoli