Per una comunione mondiale nella libertà tra le civiltà e le culture

Il Movimento dei Focolari e i mezzi di comunicazione sociale

"Per la spiritualità collettiva che lo anima il Movimento dei focolari ha una struttura tale da avere un’esigenza assoluta di comunicare e quindi di servirsi dei mezzi di comunicazione, i quali si possono immaginare come il suo vestito. Non sono quindi un’aggiunta esterna, artificiale, ma parte integrante di esso. Senza i mezzi di comunicazione il Movimento non potrebbe vivere". Così Chiara Lubich, in altra occasione1, poneva in rilievo l’uso dei media non solo per mantenere viva l’unità all’interno del focolare ma anche per contribuire efficacemente alla costruzione di un mondo unito.

 

Saluto di cuore tutti voi, operatori ed esperti della comunicazione, riuniti in questo convegno, al quale vorrei offrire il mio contributo con una conversazione dal titolo "Il Movimento dei Focolari e i mezzi di comunicazione sociale".

Faccio questo molto volentieri, perché i mass-media, oltre ad essere quel meraviglioso fenomeno che tutti conosciamo e che in certo modo caratterizza la nostra epoca, sono anche particolarmente vicini e di fondamentale importanza nella storia e nell'oggi del nostro Movimento, come ho avuto occasione di sottolineare in un mio intervento a Bangkok in Tailandia, nel gennaio 1997, quando la locale e prestigiosa St. John's University ha voluto conferire a me e, per me, al Movimento che rappresento, la laurea honoris causa proprio in scienze delle comunicazioni sociali.

Legami tra i media e il Movimento

C’è, in effetti, una doppia affinità che lega profondamente a noi i mezzi di comunicazione e che ci spinge a parlarne. Anzitutto una affinità relativa ai fini.

La finalità del Movimento dei Focolari è di concorrere ad attuare quello che i nostri giovani definiscono il sogno di un Dio, cioè l’accorata richiesta che Cristo fece al Padre poco prima di morire: "Che tutti siano uno" (Gv 17,21).

E qual è lo scopo dei mass-media? La loro vocazione collettiva è palese: sono fatti anch’essi per far vivere gli uomini insieme.

Ma non è soltanto lo scopo, per cui il Movimento lavora, che rende i mass-media tanto vicini alla nostra vita.

C’è una seconda affinità ed è relativa al metodo: la spiritualità dell’unità, che è tipica del Movimento, non si vive solo in una dimensione personale, ma comunitaria, collettiva.

Nello sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa possiamo rilevare un nuovo passo nel disegno evolutivo dell’umanità.

Tale sviluppo immette, per così dire, in essa una tensione inarrestabile che va dalla complessità all’uno, dalla frammentarietà alla ricerca dell’unità, in tempo reale.

Cenni di spiritualità

Se prendiamo in esame la nostra spiritualità, ci accorgiamo che, proprio perché essa è la via dell’unità, è una via di comunione.

In un mondo pervaso di individualismo, in una Chiesa che coltivava e proponeva antiche, ma sempre ammirevoli spiritualità individuali, lo Spirito Santo ha spinto il nostro Movimento, vent’anni prima del Concilio, a fare questa solenne sterzata verso gli uomini.

Non è questo il momento per una analisi approfondita dei vari cardini su cui poggia la nostra spiritualità, ma possiamo affermare che in ognuno di essi c’è una spiccata intonazione comunitaria.

È dunque una via collettiva. Si va a Dio attraverso l’uomo, anzi, si va a Dio insieme con l’uomo, insieme con i fratelli che amiamo.

E poiché questo amore è reciproco, ecco la possibilità di vivere sul modello della Trinità, divenendo uno come Dio è uno, senza essere mai soli come Dio che è trino. E Cristo è in mezzo a noi, come ha promesso: "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20).

Questa spiritualità si è rivelata nel tempo una spiritualità di popolo. È l’anima di una rivoluzione d’amore evangelico capace di diffondersi velocemente in tutto il mondo.

E non solo tra cattolici, ma anche fra cristiani di altre Chiese, tra fedeli di altre religioni, tra uomini di buona volontà che aspirano a un mondo più unito.

È un fenomeno di fraternità universale tra milioni di persone, presenti ora in 184 nazioni e animate da una profonda esigenza: sentirsi "una sola cosa" tra tutti.

I mezzi di comunicazione
e il Movimento dei focolari

Questa sete di sentirsi uniti è stata da sempre una nostra caratteristica, fin dai primissimi tempi, quando una fitta rete di lettere metteva in comune tra di noi il lavoro che Dio iniziava a fare nelle nostre persone, un lavoro che cresceva quanto più veniva partecipato.

La rivista

Ma il primo vero media del Movimento fu un foglietto contenente un commento teologico-spirituale ad una frase compiuta del Vangelo, scelta da meditare e vivere periodo per periodo. È la ormai nota Parola di vita di cui anche oggi si alimenta il Movimento. Ora è stampata in 3 milioni e quattrocentomila copie in 95 lingue o idiomi e viene trasmessa da numerose radio e televisioni in tutto il mondo con una audience che si valuta intorno a 14 milioni di persone.

Nasce poi nel 1956 il nostro periodico, Città Nuova, dapprima in ciclostile, poi a stampa. Finalità e linea sono espressi chiaramente in uno dei primi editoriali: " (…) aiutare quanti hanno sensibilità e sete di unità a realizzare questo ideale (…), essere un giornale popolare dove tutti possono scrivere, dotti o indotti (…), non avere una veste appariscente o radunare soltanto scrittori di grido (…), (perché) ciò che interessa è la verità detta per amore del bene comune e dei singoli"2.

Oggi "Città Nuova" è pubblicato in 34 edizioni in 22 lingue diverse (da quelle europee al cinese, all’arabo, all’urdu, al giapponese). Insieme ad esso hanno visto la luce via via una decina di altre riviste per vari settori del Movimento.

L’editrice

Nel 1959 è la volta dell’omonima casa editrice. I lettori della rivista chiedevano insistentemente di poter avere la raccolta delle riflessioni spirituali che vi apparivano. Così, col primo volume chiamato "Meditazioni", nasce l’editrice Città Nuova, che poi si è moltiplicata nelle varie nazioni, sicché oggi il Movimento dispone di 27 editrici, con collane di libri che spaziano dalla spiritualità alla scritturistica, alla patristica, alla teologia, alla saggistica, alle esperienze di vita, alle tematiche familiari, sociali e culturali, alla catechesi, alla scuola.

I "nuovi media"

Un capitolo a parte meriterebbe l’approccio e lo sviluppo dell’uso dei cosiddetti "nuovi media". Anche qui, tutto nasce dalla vita.

Dal magnetofono

Nel 1952 ci regalarono un magnetofono a filo metallico e qualche tempo dopo una cinepresa amatoriale. Piccole occasioni… Ricordo che dicevamo: "Il passo spirituale che facciamo noi qui ora, deve essere fatto da tutti i nostri fino agli estremi confini della terra nello stesso momento". E il desiderio di condividere ogni cosa, questo fuoco di comunione, ha fatto nascere, negli anni, due Centri Audiovisivi, moltiplicatisi poi in varie nazioni, dedicati a santa Chiara (la patrona della televisione), per gli audio e per i video, due strutture produttive in continua evoluzione tecnologica per stare al passo con i tempi.

Alle vie dell’etere

Anche le vie dell’etere vengono sempre più percorse dal Movimento, particolarmente per le grandi manifestazioni internazionali, con la generosa collaborazione di vari partners tecnologici pubblici.

Il Familyfest ’93 ha visto collegati via satellite, in diretta da Roma, innumerevoli punti d’ascolto, con 63 televisioni nazionali in diretta e moltissime locali, con un’audience potenziale di 500 milioni di persone. È stata, nella storia delle telecomunicazioni, la prima trasmissione televisiva con sette collegamenti interattivi e con l’utilizzo contemporaneo di 13 satelliti. Il Genfest ’95 è stato trasmesso da 3 televisioni intercontinentali, 53 televisioni nazionali, e 288 locali.

Sito Internet

Da circa due anni inoltre il Movimento ha un sito ufficiale nella rete Internet, dove viene proposta una presentazione dei contenuti ideali, della storia e della diffusione dei Focolari, con collegamenti a siti analoghi di altre nazioni e pagine di notizie aggiornate.

Il Collegamento

Ma il Movimento ha un suo modo tipico di utilizzare periodicamente i media: il cosiddetto Collegamento. Giacché siamo sparsi in tante nazioni, dal 1980 ci colleghiamo ogni mese via telefono in collegamento con le capitali o altre città dove vi sono nostri centri.

Oggi siamo arrivati a 83 in contemporanea alle quali sono collegati altri 79 punti di ascolto. È un vero momento di profonda unità, dove una famiglia disseminata ormai su tutto il pianeta condivide gioie, dolori e l’impegno nel comune Ideale.

Come detto, i nostri media sono nati da concrete esigenze, da piccole occasioni, come il desiderio di mantenersi in contatto o la necessità di aggiornare quelli che non erano presenti ad avvenimenti da noi ritenuti importanti, o dal dovere di sostenere spiritualmente quelli in difficoltà.

Per molti anni non abbiamo dato pubblicità al Movimento e alla sua entusiasmante diffusione, e tuttora quella che c’è non è tanto opera del Movimento, ma viene spontanea.

A noi importa soprattutto che ogni cosa continui a fiorire dalla vita, pur essendo sempre più convinti che i mass-media sono, per così dire, fatti apposta per noi, data la loro vocazione all’unità dei popoli. Del resto ricordiamo che i primi cristiani non avevano i media. Avevano il cuore che traboccava del messaggio di Cristo e passava di bocca in bocca a tal punto che, come disse Tertulliano, pur essendo nati ieri, avevano già invaso il mondo. Gesù ha usato la sua bocca e non ha scritto niente, salvo sulla sabbia.

Sguardo sull’oggi mondiale
della comunicazione

Se diamo ora un rapido sguardo all’oggi dei mezzi di comunicazione, non possiamo nasconderci che, insieme ad un incalzante sviluppo che ce li rende ogni giorno più utili e affascinanti, essi presentino una serie di nuovi e grandi problemi per le società, le famiglie e i singoli. È quindi un panorama fatto di luci ed ombre.

Per citare solo alcune di esse: la globalizzazione che omogeneizza le culture soffocandone le ricchezze; il relativismo etico che mescola messaggi autorevoli con altri superficiali o faziosi; la spettacolarizzazione dell’esistenza, che strumentalizza la sofferenza e il privato; l’eccessivo clima di competitività dentro le strutture produttive dei mezzi di comunicazione; l’invadenza eccessiva sul pubblico… Come usare i media senza esserne usati?

Luci ed ombre, dicevo… I mass-media oggi sono o accolti acriticamente o biasimati per l’amoralità, la violenza, la superficialità che propongono o sopravvalutati come infallibili strumenti di potere, quasi nuovi idoli di una umanità senza altre certezze. Noi sappiamo che sono semplici mezzi, ma intendiamo apprezzarne tutto "l’enorme potenziale assopito" secondo una felice espressione del Papa3, vogliamo ed invitiamo tutti a farne un uso buono, fedele al messaggio profetico che contengono.

Tensione universale all’unità

Questo messaggio dice: "unità". E qui vorrei elevare un grande grazie a Dio per come Egli non è assente nemmeno dalle moderne scoperte e dalle nuove tecniche, per come Egli conduce la storia.

Ecco, infatti, che proprio ora in cui l’umanità sembra vagare nel buio dopo il crollo di forti ideologie e l’offuscamento di tanti valori, e d’altra parte proprio ora in cui si anela ad un mondo più unito, si reclama la fraternità universale, proprio ora ci troviamo tra le mani questi potenti mezzi di comunicazione, un segno dei tempi che dice "unità". E non vi è, forse, in tutto ciò il dito di Dio?

L’apostolo Paolo, il primo cristiano che in una cultura ostile ha avuto il coraggio di farsi, per così dire, mezzo di comunicazione del messaggio di Cristo, se vivesse ora, se ne servirebbe certamente. Ad Atene prese la parola in mezzo all’Areopago (cf Atti, 17, 22), in certo modo la Tv di allora. "I mezzi di comunicazione sociale - dice Giovanni Paolo II - sono di fatto il nuovo areopagus del mondo di oggi, un grande forum che, operando al meglio, rende possibile lo scambio di informazioni autentiche, di idee costruttive, di valori sani e in tal modo crea la comunità. (…) La comunicazione sociale ha il compito di unire le persone e arricchire la loro vita"4.

Alla radice della comunicazione

Qualcuno di voi mi ha posto una domanda: "Ma come arrivare ad una comunicazione così? Dov’è la radice della comunicazione che arricchisce ed unisce l’umanità?".

Non sono una esperta in mass-media, come in molti altri campi, e potrei rispondere, con lo stesso san Paolo: "Ritengo di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso" (1 Cor 2,2). Anzi aggiungerei: "Crocifisso e abbandonato", secondo il particolare aspetto della passione di Gesù che si è rivelato alla nostra spiritualità.

Ma proprio in Lui, forse, si può trovare una risposta, anche se il cuore vacilla e la mente si smarrisce solo a sfiorare le singolari analogie tra il Figlio di Dio, Verbo-Parola e la tematica della comunicazione.

Gesù, il grande comunicatore

Gesù era un grande comunicatore: "Mai un uomo ha parlato come lui…" (Gv 7,46), "Il popolo pendeva dalle sue parole…" (Lc 19,48) ammettevano i contemporanei.

E soffermiamoci un attimo sulla sua ultima esperienza personale. Gesù terminò l’esistenza terrena ucciso nella maniera più ignominiosa possibile allora (la crocifissione, riservata agli schiavi), un supplizio che, inoltre, significava separazione dalla comunità, rifiuto, cancellazione dell’appartenenza del condannato al contesto sociale e religioso.

Il grande comunicatore, che aveva affascinato le folle, si trova ora solo, tradito, ignorato: "Non conosco quell’uomo…" (Mc 14,72) dice di lui il discepolo più autorevole. Ma non basta. Anche Dio-Padre, di cui diceva di conoscere ogni segreto (cf Gv 5,20) ed il cui rapporto l’aveva sempre sorretto, pare interrompere ogni comunicazione con lui; ed è questo "abbandono" certamente la notte più oscura, l’agonia più straziante; e grida: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Mt 27,46).

Il suo grido, che riassume il nulla di tutte le cose, ha da sempre percorso la storia dell’uomo. Possiamo citarne due icone sicuramente presenti al nostro immaginario: chi non ricorda l’angoscia de "Il grido" del pittore norvegese Edvard Munch, simbolo della solitudine dell’uomo senza rapporti?; o il terrore della piccola vietnamita Kim Phuc, colta dallo scatto casuale del reporter mentre ustionata dal napalm fugge urlando dalla sua terra bruciata, immagine di una umanità bambina senza più radici? Segni atroci che riconducono al baratro dell’abbandono di Cristo-Parola che grida verso il silenzio, verso "l’assenza" di Dio.

Gesù crocifisso e abbandonato, mediatore (medium) tra l’umanità e Dio, che, caduto l’ultimo diaframma, a unità raggiunta, scompare, si fa nulla, è un mistero terribile che affascina. È un vuoto infinito, quasi pupilla dell’occhio di Dio, finestra attraverso la quale Dio può guardare all’umanità e l’umanità in certo modo vedere Dio.

Egli aveva parlato e agito, aveva insegnato per tre anni, e quelle sue parole, dette "per sempre", erano già e lo saranno in eterno, "via, verità e vita" (Gv 14,6). Però la fede ci insegna che il suo essere "se stesso" ha attinto il culmine proprio nel momento della massima donazione, quando offrì la sua vita nel modo sopraddetto.

Gesù abbandonato:
vertice della comunicazione

Allora, possiamo chiederci, il suo grido dell’ora nona è l’espressione massima del suo essere Parola? E’, per così dire, il vertice della comunicazione?

Sì. È in questo suo annientarsi nell’abisso dell’individualità, dove ogni relazione è morta, che Egli ci fa dono della sua realtà di persona capace di incontrare Dio e le altre creature5. Proprio in questo darsi senza limiti Egli si rivela Parola che comunica infinitamente se stesso e ci introduce nel mistero della redenzione e della vita di Dio, nel vortice dell’Amore tra il Padre, il Figlio e lo Spirito.

Se ogni relazione umana riflette ed ha a suo modello le relazioni trinitarie, può forse la comunicazione, relazione umana per antonomasia, sfuggire a questa dinamica, a questa legge inscritta nel suo DNA?

Uomini nuovi
per una comunicazione nuova

Quanto ho appena detto, sono solo intuizioni verso una ricerca sulla comunicazione che occuperà numerose discipline, a cominciare dalla teologia, una ricerca ancora tutta da fare, o meglio, ancora da vivere.

Non è pensabile infatti che una nuova comunicazione possa essere proposta dall’alto, da una qualche agenzia internazionale o istituzione. Nascerà dal vissuto di comunicatori che hanno Dio-Amore come modello comunicante e come paradigma di relazioni professionali.

Principi guida
della nostra comunicazione

Ed è proprio a Lui che cercano di attingere quelli fra noi che si occupano di comunicazione.

Essi hanno tratto dalla loro esperienza storica un modo originale di fare comunicazione. E lo esponiamo qui come un piccolo contributo che offriamo alla comune ricerca di questi giorni.

Prima considerazione: per essi il comunicare è essenziale. Il tendere a vivere nel quotidiano il Vangelo, l’esperienza stessa della Parola di vita, è sempre stata ed è unita indissolubilmente al comunicarla, al raccontarne i passi ed i frutti, dato che è legge amare l’altro come sé. Si pensa che ciò che non si comunica vada perduto. Così sul vissuto si accende la luce, per chi racconta e per chi ascolta, e l’esperienza pare fissarsi nell’eterno. Si ha quasi una vocazione al comunicare.

Seconda considerazione: per comunicare, sentiamo di dover "farci uno" – come noi diciamo – con chi ascolta. Anche quando si parla o si svolge un tema, non ci si limita ad esporre il contenuto del nostro pensiero. Prima sentiamo l’esigenza di sapere chi abbiamo dinanzi, conoscere l’ascoltatore o il pubblico, le sue esigenze, i desideri, i problemi. Così pure farci conoscere, spiegare perché si desidera fare quel discorso, che cosa ci ha spinti, quali gli effetti di esso su noi stessi e creare con ciò una certa reciprocità. In tal modo il messaggio viene non solo intellettualmente recepito, ma anche partecipato e condiviso.

Una terza considerazione: sottolineare il positivo. È sempre stato nel nostro stile mettere in luce ciò che è buono, convinti che sia infinitamente più costruttivo evidenziare il bene, insistere sulle cose buone e sulle prospettive positive, che non fermarsi al negativo, anche se la denuncia opportuna di errori, limiti e colpe, è doverosa per chi ha responsabilità.

Infine: importa l’uomo, non i media, che sono un semplice strumento. Per portare l’unità, occorre anzitutto quel mezzo imprescindibile che è l’uomo, un uomo nuovo per dirla con san Paolo, che ha accolto cioè il mandato di Cristo ad essere lievito, sale, luce del mondo.

E per essere così, i nostri comunicatori volgono sempre lo sguardo a Gesù e vedono come anch’Egli ha tutto comunicato a noi di quanto il Padre gli ha detto ("… le parole che hai dato a me io le ho date a loro" – Gv 17,8). Come ha dato tutto nell’abbandono per noi, fino a farsi nulla per arricchire noi. Come in quel grido, estrema espressione del nostro riscatto, abbia generato come una madre – così affermano i teologi –, quasi per un parto divino, gli uomini a figli di Dio.

E anch’essi vogliono far proprio questo modello. Conoscono quali siano le qualità di una madre, come essa sia capace di tutto credere, di sperare ogni cosa per il figlio, anche il più scapestrato, di capire, di sopportare ogni travaglio che lo riguarda.

E comprendono come lei, illuminata dall’amore, veda più in là di altri. E imparano da essa a capire meglio gli uomini e le situazioni, a dare quella comunicazione più vera, più approfondita, più ampia, che non sempre si sa dare, dove il negativo degli uomini e delle circostanze non si tace, ma più in rilievo è il positivo. Perché così è l’amore: conosce la realtà, ma la sa trasfigurare per far trionfare il bene negli altri.

Tanti di essi stanno operando attivamente da tempo, e in tutto il mondo, su questa linea. Sono magari ancora esperienze circoscritte, in ambienti forse ostili o apparentemente impermeabili; sono nuovi rapporti costruiti all’interno di redazioni o strutture produttive, o sprazzi di una nuova coscienza nel gestire e nel fruire i mass-media. Sembrano episodi modesti, ma non lo sono, perché la testimonianza di coerenza ai propri ideali depone sempre un seme, destinato a far lentamente crescere una nuova cultura.

Da questo palco, in questi giorni, ve ne saranno offerte alcune di queste esperienze, ma ci saranno spazi opportuni di dialogo per scambiarvi la ricchezza e complessità della vostra vita.

L’importante, però, è che tutti insieme possiamo partire da qui con la comune determinazione ad usare i mass-media per quello che devono essere: strumenti per realizzare un mondo più unito.

Guardare attraverso
la pupilla dell’occhio di Dio

Abbiamo accennato prima alla suggestiva immagine mistica di Gesù crocifisso e abbandonato, quasi pupilla dell’occhio di Dio. Se la pupilla – mi si perdoni l’analogia – è un vuoto dove le immagini si rovesciano (analogamente, noi infatti entriamo in Cristo peccatori e ne usciamo redenti), proviamo a guardare attraverso questo divino media sui problemi di cui abbiamo parlato, immaginando un numero crescente di operatori della comunicazione che amano l’umanità come Cristo l’ha amata. Osserveremo che le situazioni si capovolgeranno, o meglio, si raddrizzeranno:

– vedremo mezzi di comunicazione non invadenti, ma attenti ad aumentare la socializzazione dell’uomo;

– strutture produttive non lacerate dalla competitività, ma guidate dalla ricerca di un rapporto autentico col pubblico;

– l’informazione non strumentalizzerà il dolore e l’intimità delle persone, ma saprà fermarsi davanti alla presenza di Dio in ogni creatura;

i mass-media sapranno impegnarsi chiaramente per valori veri e condivisibili, aiutando l’uomo nel suo cammino di ricerca verso la verità;

– la globalizzazione non soffocherà i popoli, ma si trasformerà in una comunione mondiale tra le civiltà e le culture, dove tutte le ricchezze spirituali e materiali diventeranno patrimonio comune, senza mortificare, ma sottolineando la singolarità di ciascuno, in una continua dinamica di unità e distinzione.

Conclusione

Carissimi operatori ed esperti del mondo della comunicazione, a questo vi chiama oggi Dio, questo si aspetta da voi, oggi più che mai, l’umanità.

Chiedo a Maria, il cui cuore s’è fatto spazio di comunicazione dove l’Amore ha potuto dire la sua Parola, di fare di ciascuno di voi, in questo anno giubilare, uomini nuovi capaci di far nascere e crescere una comunicazione secondo il cuore di Dio.

Chiara Lubich

 

1. Testo dettato a Mollens (Svizzera), il 28.6.99 per il libro: "Come un arcobaleno", ad uso interno del Movimento dei focolari, Roma 1999, p. 593.

2. Questo foglio in "La Rete" 1 (1957), p. 1.

3. Giovanni Paolo II, Ad un gruppo di vescovi polacchi, in "La Traccia" 2 (1998), p. 159.

4. Idem, Messaggio per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali, in "La Traccia" 1 (1988), pp. 75-78.

5. Cf G. M. Zanghì, Alcuni cenni su Gesù Abbandonato, in "Nuova Umanità" 103, (1998) p. 37.