Gesù modello del comunicatore

L’approccio della Chiesa ai mezzi di comunicazione sociale è fondamentalmente positivo e incoraggiante. Essa non giudica e condanna soltanto. Piuttosto considera questi strumenti non solo prodotti del genio umano, ma anche grandi doni di Dio e segni autentici dei tempi. Desidera perciò sostenere quanti sono impegnati professionalmente nella comunicazione, stabilendo principi positivi per assisterli nella loro opera e promovendo un dialogo al quale possano partecipare gli interessati, ossia gran parte dell’umanità al giorno d’oggi.

Compito profetico

Alla luce della fede, la storia della comunicazione umana si può considerare un lungo viaggio da Babele, simbolo del collasso della comunicazione, alla Pentecoste e al dono delle lingue, la comunicazione ripristinata dalla forza dello Spirito, inviato dal Figlio. La Chiesa, mandata nel mondo per annunciare la Buona Novella, ha la missione di proclamare il Vangelo fino alla fine dei tempi. Oggi ella sa che ciò richiede l’uso dei mezzi di comunicazione sociale. (...).

Il comunicatore cristiano in particolare ha un compito profetico, una vocazione: parlare contro i falsi dei e idoli di oggi, il materialismo, l’edonismo, il consumismo, il gretto nazionalismo, ecc., sostenendo un corpo di verità morale basato sulla dignità e sui diritti umani, sull’opzione preferenziale per i poveri, sulla destinazione universale dei beni, sull’amore per i propri nemici, e sul rispetto incondizionato per la vita umana dal momento del concepimento fino al suo termine naturale, perseguendo il fine della più perfetta realizzazione del Regno in questo mondo, restando consapevoli del fatto che, alla fine dei tempi, Gesù ripristinerà tutte le cose e le riporterà al Padre.

Anche se queste riflessioni sono rivolte a tutte le persone di buona volontà e non solo ai cattolici, è giusto, in conclusione, parlare di Gesù quale modello per gli operatori dei mezzi di comunicazione sociale. "In questi giorni" Dio Padre "ha parlato a noi per mezzo del Figlio" (Eb 1, 2). Questo Figlio ci comunica ora e sempre l’amore del Padre e il significato ultimo della nostra vita.

Guardando a Gesù

"Durante l’esistenza terrena Cristo si è rivelato perfetto comunicatore. Per mezzo della sua incarnazione, egli prese la somiglianza di coloro che avrebbero ricevuto il suo messaggio, espresso dalle parole e da tutta l’impostazione della sua vita. Egli parlava pienamente inserito nelle reali condizioni del suo popolo, proclamando a tutti indistintamente l’annuncio divino di salvezza con forza e con perseveranza e adattandosi al loro modo di parlare e alla loro mentalità" (Communio et progressio, n. 11).

Nella vita pubblica di Gesù le folle accorrevano per ascoltarlo predicare e insegnare ed egli insegnava loro come uno "che ha autorità". Ha parlato loro del Padre e al contempo le ha riferite a se stesso, spiegando: "Io sono la Via, la Verità e la Vita" (Gv 14, 6) e "chi ha visto me ha visto il Padre" (Gv 14, 9). Non perse tempo in discorsi oziosi o nel vendicarsi, neanche quando fu accusato e condannato. Il suo "cibo" consisteva nel fare la volontà del Padre che lo aveva mandato e tutto ciò che disse e fece fu in riferimento a questo.

Spesso l’insegnamento di Gesù assumeva la forma di parabola e di storie vivaci che esprimevano verità profonde con termini semplici e quotidiani. Non solo le sue parole, ma anche le sue azioni, in particolare i miracoli, erano atti di comunicazione, puntavano sulla sua identità e manifestavano la forza di Dio. Nel comunicare mostrava rispetto per i suoi ascoltatori, simpatia per le loro situazioni e necessità, compassione per le loro sofferenze e una determinazione risoluta a dire loro ciò che avevano bisogno di udire, in modo da catturare la loro attenzione e aiutarli a ricevere il messaggio, senza coercizioni e compromessi, inganni e manipolazioni. Invitava gli altri ad aprirgli la loro mente e il loro cuore, sapendo che così sarebbero stati condotti a lui e al Padre.

A servizio della comunità

Gesù insegnò che la comunicazione è un atto morale: "Poiché la bocca parla dalla pienezza del cuore. L’uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive. Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato" (Mt 12, 34-37). Ammonì severamente contro lo scandalizzare "i piccoli" dicendo che chi lo avesse fatto "sarebbe meglio per lui che gli passassero al collo una mola da asino e lo buttassero in mare" (Mc 9, 42; Mt 18, 6; Lc 17, 2). Era del tutto puro, un uomo di cui si sarebbe potuto dire che "non si trovò inganno sulla sua bocca" e inoltre "oltraggiato non rispondeva agli oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia" (1 Pt 2, 22-23). Insistette sul candore e sull’autenticità negli altri, condannando l’ipocrisia, la disonestà, qualsiasi tipo di comunicazione falsa e perversa: "Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno" (Mt 5, 37).

Gesù è il modello e l’esempio della nostra comunicazione. Per quanti operano nel campo delle comunicazioni sociali, siano essi coloro che prendono decisioni, professionisti dei media o fruitori, la conclusione è chiara: "Perciò, bando alla menzogna: dite ciascuno la verità al proprio prossimo; perché siamo membra gli uni degli altri... nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto parole buone che possano servire per la necessaria edificazione" (Ef 4, 25, 29).

Il servizio alla persona umana mediante l’edificazione di una comunità umana basata sulla solidarietà, sulla giustizia e sull’amore e la diffusione della verità sulla vita umana e sul suo compimento finale in Dio erano, sono e resteranno al centro dell’etica dei mezzi di comunicazione sociale.

Dal messaggio del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Etica nelle comunicazioni sociali, 4/6/2000.