Flash di vita

Regalo di Natale

Una notte d’inverno suona il telefono. Chi chiama m’informa che una persona gravemente ammalata ha bisogno del sacramento dell’unzione e dell’eucaristia e il sacerdote della sua parrocchia è in viaggio fuori paese.

Mi faccio dare l’indirizzo e prendo subito un taxi perché era un posto assai lontano dalla chiesa.

Qualcuno mi sta aspettando fuori.  Entriamo in una specie di deposito dove, in una stanza totalmente dimessa, trovo per terra una persona morente. I suoi vestiti sono ridotti a brandelli marci, un forte odore esce dalle ulcere della gamba e da altre parti del corpo.

Guardandolo in quella situazione mi dà l’impressione di una persona più morta che viva.

Poi, alla luce di una candela, gli somministro il sacramento degli infermi e la comunione.

Ho subito sentito che è Dio che, alla vigilia di Natale, mi ha fatto incontrare questa persona e attirato dall’amore per lui, cerco di vedere Gesù sofferente e abbandonato.

Con l’aiuto d’altre persone riusciamo a trasportarlo in ospedale.

Una volta in sala d’urgenza nessuno vuole avvicinarlo a causa del cattivo odore, allora mi metto a togliere i suoi vestiti io stesso in modo che gli si possano fare gli esami medici necessari.

Dopo un po’ di tempo, il medico mi comunica i risultati: si tratta di una grave malattia nel sangue e non c’è nessuna possibilità di sopravvivere.

Lui non ha né parenti né amici... allora m’inginocchio accanto al suo letto e incomincio a pregare.

Sebbene agonizzante, riesce a farmi un sorriso come per ringraziarmi. Sono rimasto accanto a lui fino alla sua morte verso l’una e mezza di notte. Era spirato in pace nonostante i forti dolori.

Tornando a casa, sentivo di ringraziare Dio per quel dono di Natale, per averlo incontrato in chi soffre.

Imad Aziz El-Banna (Bassora - Iraq)

 

Cambia posto, ma è sempre “a casa”

Aveva accettato il compito di rettore di un grosso seminario in un momento particolarmente difficile. Con l’amore a Gesù abbandonato durante otto anni ha creato tra i seminaristi e i formatori un clima di comunione. Ma è arrivato il momento di rimettere nelle mani del vescovo l’incarico per assumerne un altro. Com’è avvenuto questo passaggio?

«La parola del Vangelo che cerchiamo di vivere in questo mese – ci scrive – mi fa da guida nel mio cammino. Mi sento figlio di Dio solo se mi lascio guidare dallo Spirito di Dio, e rimanendo in questa realtà sono in pace e contento, sono sempre “a casa”. Se in qualche momento sento un certo peso per i “tagli” che devo fare o una certa apprensione per la fatica di iniziare un nuovo servizio, è sufficiente che mi dica: «Sei tu, Gesù abbandonato, l’unico mio bene», e subito, come per incanto, ritorna la serenità e la pace.

La settimana scorsa sono stato invitato a raccontare la mia esperienza di trasferimento. La realtà più bella è stata vedere nella luce questo momento della mia vita. Mi ritornano continuamente nell’anima queste parole di una lettera di Chiara Lubich: «Il Signore la sta lavorando in profondità per realizzare in lei i Suoi piani di santità». Voglio lasciarmi lavorare “in profondità” e per questo mi affido a Maria. Lei si è lasciata guidare sempre dallo Spirito Santo ed in lei si è realizzato alla perfezione il piano di Dio».

Riferendosi poi a quest’ultimo periodo in seminario, aggiunge che è stato «particolarmente intenso e ricco di emozioni ma, soprattutto, di tanta riconoscenza a Dio per il dono della spiritualità dell’unità; perché è solo grazie a questo dono che riesco a vivere nella serenità questi momenti ed ho potuto compiere tutte quelle cose di cui i seminaristi e i preti del seminario mi ringraziano in questi giorni».

Infatti ci sono state da parte dei formatori e dei seminaristi sincere attestazioni di stima, che rivelano quanto la sua testimonianza abbia inciso in questa struttura ecclesiale. Ne trascriviamo qualcuna.

«Il tuo spirito di fede – gli scrive uno dei collaboratori – si è dimostrato nell’accettare di venire a fare il rettore del seminario in un momento particolarmente difficile, e nel sopportare la “grande tribolazione” di quel passaggio. Si è dimostrato anche nell’invito costante ad andare oltre, tenendo fisso lo sguardo su Gesù. Si dimostra adesso nella serenità con cui affronti questo nuovo cambiamento. Ti sono veramente riconoscente per questa e per molte altre cose».

«In questi giorni – è la testimonianza di un seminarista – una voce comune sta circolando nei corridoi di tutti i piani del Seminario. È una voce che ti farebbe piacere sentire, perché forse ti consolerebbe di tutte le fatiche, umiliazioni e stanchezze che nessuno in questi anni ti ha risparmiato. Da destra, da sinistra, da quelli che ti hanno voluto bene e da quelli con cui il dialogo è stato più difficile si è levato nei tuoi confronti un sincero sentimento di ammirazione per la fede e la coerenza che hai dimostrato. Tante volte tu ci hai chiesto di mantenere la comunione con l’autorità ecclesiale, di vedere la volontà di Dio dove non pareva proprio esserci segno della Sua presenza, ed ora ecco che tu mantieni tutto questo senza borbottamenti ma con il tuo solito comportamento disteso e sereno. Non ti abbiamo mai ascoltato tanto come in questi giorni di silenziosa sofferenza. Hai fatto tante prediche ma la più bella te la sei preparata per il finale e questa sta davvero incidendo nel cuore di tutti. Poche volte in comunità si sono espressi pareri così unanimi».

«Mi piace ricordare uno dei temi a te più caro: la comunione – scrive un altro seminarista. Tante volte ne hai parlato, ce l’hai messa tutta per educarci ad essere uomini di comunione ora e nel futuro ministero. In otto anni hai più volte richiamato l’importanza di fare del Seminario una grande famiglia, un Cenacolo in cui siamo chiamati a stare con Gesù... Ti ringraziamo per la capacità di ascoltarci che hai avuto: hai accolto i nostri sfoghi, le nostre pene e sofferenze, aiutandoci a far luce sul disegno di Dio per noi. Grazie! Permettici di dirti il nostro grazie per l’esempio che ci hai dato in quest’ultimo periodo, un esempio di obbedienza al vescovo e di amore alla Chiesa... Grazie per quella gioia di essere prete che hai sempre manifestato: penso che per chi, come me, è partito da molto lontano ed è in dirittura d’arrivo, questa gioia sia di incoraggiamento».

a cura della redazione