Notizie brevi

Congresso mariologico – In occasione del Giubileo per quanti operano nei santuari mariani, la Pontificia Accademia Mariana Internazionale ha organizzato dal 15 al 25 settembre un Congresso mariologico che ha avuto per tema Il mistero della Trinità e Maria. Vi hanno preso parte rappresentanti di 36 Paesi.

Oltre le conferenze plenarie al mattino, in cui si sono susseguiti esponenti anche di varie denominazioni cristiane per puntare l’obiettivo su questo grande argomento di portata universale: la Trinità e Maria nelle singole Chiese, ci sono state varie sessioni linguistiche, che hanno incluso non soltanto le associazioni mariologiche della Francia, dell’Italia e della Spagna, ma anche le sezioni dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina.

Secondo il mariologo monfortano Stefano De Fiores, la scelta del tema è stata particolarmente attuale. Si è partiti dalla Trinità, perché questo mistero centrale del cristianesimo deve essere più conosciuto e vissuto nell’ambito del popolo di Dio.

Non possiamo, infatti, contemplare Maria, a cominciare dall’Annunciazione, senza pensare alle Persone della Trinità: «Introdotta dal Padre nel seno stesso della Trinità, dove, per lo Spirito Santo, Dio genera in lei il Figlio nella carne» – come scrive Piero Coda, uno dei relatori del Convegno, nel suo bello e toccante libretto Magnifica il Signore anima mia, appena apparso nella San Paolo.

Maria è quindi una finestra aperta sul grande ed altissimo mistero trinitario.

Sotto la spinta del Concilio Vaticano Il, che ha messo maggiormente in luce la realtà di Maria ben inserita nel mistero di Cristo e della Chiesa, si è rivolta grande attenzione in questi anni alla dimensione storico-salvifica della mariologia, non con considerazioni astratte, ma partendo dal concreto della storia della salvezza. La mariologia si deve ora aprire, sotto l’impulso della Marialis Cultus, alle culture e agli aspetti antropologici, in modo che la figura di Maria sia significativa per il nostro tempo e per le diverse culture. A livello di studio c’è un grande impegno, anche sistematico, e possiamo dire che l’Italia ha un ruolo trainante, perché attraverso la rivista Theotokos conduce un discorso interdisciplinare molto apprezzato.

A livello devozionale, secondo il De Fiores e tanti altri studiosi e pastoralisti, il popolo continua la sua devozione a Maria, vedendo la Vergine come un «tu vivente al quale rivolgersi soprattutto nei momenti difficili, nei momenti di sofferenza e di angoscia». Questo lo si vede ogni giorno nei pellegrinaggi che sono in continuo aumento.

Spetta ai teologi e ai pastori proporre nuove prospettive per assumere Maria come modello degli atteggiamenti con cui la Chiesa celebra e vive la vita in Cristo: la Vergine in ascolto, la Vergine orante, la Vergine offerente e la Vergine Madre. Certo per la maggioranza dei cristiani «rivivere Maria», ripercorrendo le tappe fondamentali della sua vita, è ancora una meta da scoprire.

Questo Congresso mariologico ha cercato di aprire nuove prospettive verso una devozione a Maria che, portando ad un’esperienza più profonda della vita trinitaria, spinga anche a riscoprire Maria quale modello di vita cristiana.

Giubileo delle Università – Ricevendo in udienza i docenti universitari convenuti a Roma da tutto il mondo per la celebrazione del Giubileo, il Papa ha rivolto loro un discorso. Ne riportiamo qualche breve stralcio.

«Ispirandovi a Cristo – ha detto Giovanni Paolo II – rivelatore dell’uomo all’uomo, avete voluto riaffermare l’esigenza di una cultura universitaria veramente “umanistica”. E ciò anzitutto nel senso che la cultura deve essere a misura della persona umana, superando le tentazioni di un sapere piegato al pragmatismo o disperso negli infiniti rivoli dell’erudizione, e pertanto incapace di dare senso alla vita.

Avete per questo ribadito che non c’è contraddizione, ma piuttosto un nesso logico, tra libertà della ricerca e il riconoscimento della verità, a cui appunto la ricerca mira, pur tra i limiti e le fatiche del pensiero umano. È un aspetto da sottolineare, per non cedere al clima relativistico che insidia gran parte della cultura moderna. In realtà, senza orientamento alla verità, da cercare con atteggiamento umile ma, al tempo stesso fiducioso, la cultura è destinata a cadere nell’effimero, abbandonandosi alla volubilità delle opinioni e magari consegnandosi alla prepotenza, spesso subdola dei più forti. Una cultura senza verità non è una garanzia, ma piuttosto un rischio per la libertà. (...).

Fate in modo che le Università diventino “laboratori culturali” nei quali tra teologia, filosofia, scienze dell’uomo e scienze della natura si dialoghi costruttivamente, guardando alla norma morale come a una esigenza intrinseca della ricerca e condizione del suo pieno valore nell’approccio alla verità. (...) L’umanesimo che auspichiamo propugna una visione della società centrata sulla persona umana e i suoi diritti inalienabili, sui valori della giustizia e della pace, su un corretto rapporto tra individui, società e Stato nella logica della solidarietà. È un umanesimo capace di infondere un’anima allo stesso progresso economico, perché esso sia volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo».

Religioni per la pace – «La sola religione degna di tale nome è quella che conduce alla pace e la vera religione è travisata quando la si associa a conflitti e violenze». Lo ha affermato il Papa in un messaggio al presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, cardinale Francis Arinze, mentre partecipava al vertice mondiale di leaders religiosi a New York presso le Nazioni Unite.

«I problemi di fronte all’umanità oggi sono così ampi e complessi – aggiunge Giovanni Paolo Il – che nessun singolo popolo o nazione può risolverli da solo; neppure la costruzione della pace può essere opera esclusiva di politici o diplomatici. Si tratta di un compito a cui tutti devono contribuire; i leaders religiosi e spirituali hanno un ruolo particolarmente importante da svolgere.

Le religioni non possono offrire soluzioni tecniche a tutti i problemi del mondo, giacché non è loro compito, ma esse offrono saggezza morale e spirituale che illumina ed insegna la trascendente verità della persona umana. Solo da ciò scaturisce il rispetto per la dignità umana senza cui non c’è giustizia né solidarietà né pace».

Charta Oecumenica – La prima bozza della Charta oecumenica per la collaborazione tra le Chiese in Europa, elaborata da un apposito comitato misto del Consiglio delle Conferenze episcopali cattoliche d’Europa (CCEE) e della Conferenza delle Chiese protestanti ed ortodosse (KEK), sta suscitando notevole interesse negli ambienti cristiani del vecchio Continente. Dibattuto per oltre un anno e tradotto in almeno 20 lingue europee, il documento è stato inviato ad organizzazioni ecclesiali e conferenze episcopali di tutta Europa, con la richiesta di osservazioni e commenti. Il risultato è stato confortante: al Comitato sono giunte oltre 150 risposte contenenti pareri, incoraggiamenti ed anche qualche utile critica. Alla luce di questi contributi l’organismo ecumenico si è riunito ai primi di ottobre a Ginevra, per limare ulteriormente il testo della bozza alla luce delle reazioni giunte da ogni parte. La versione ridefinita sarà approntata per il prossimo gennaio, per essere ulteriormente studiata durante l’incontro ecumenico europeo di Strasburgo in aprile.

a cura della redazione

 

Corea: verso l’unificazione – L. You Heung ci scrive: «La svolta politica verso la democrazia nella Corea del Sud ha visto l’elezione a presidente di Kim Dae Jung, per anni perseguitato politico del regime militare. Egli è un buon cattolico ed ha abbracciato la “politica calda del Sole” verso il Nord ed il summit tra i presidenti delle Coree ne è un frutto.

In questi ultimi anni erano iniziati alcuni contatti. Dal Sud si inviava riso, farina, latte in polvere, medicine per venire in aiuto alla terribile carestia che stava e sta attanagliando i coreani del Nord. Sono seguiti alcuni scambi a livello commerciale, sportivo e culturale: da noi sono venuti il famoso “Circo della Corea del Nord” e il “Coro dei ragazzi e delle ragazze di Pyongyang” e alcuni di noi, con un permesso speciale, hanno visitato il famoso “Monte Keumgang”.

Questo clima di scambi ha mostrato ancora una volta che siamo della medesima razza e cultura, facendo rifiorire la speranza dell’unificazione. Bisogna anche ricordare che tra Nord e Sud sono circa 7 milioni e 800 mila i coreani che hanno sperimentato nella propria carne la piaga della separazione non potendo visitare i propri parenti che abitano nell’altro Stato, magari a pochi chilometri di distanza. Tra le due capitali corrono appena 180 Km!

Quando la televisione ha mostrato i due presidenti che si davano la mano in segno di amicizia, noi del Sud siamo stati presi da una profonda commozione.

Alla notizia che il presidente Kim Dae Jung aveva suggerito a Kim Jung II di invitare il Papa nella Corea del Nord – e sembra che il suggerimento sia stato gradito – nel Sud c’è stata un’esplosione di gioia.

Il Papa ha visitato la Corea del Sud due volte: nel 1984, in occasione del bicentenario della Chiesa nel nostro Paese e in quell’occasione ha canonizzato 103 martiri coreani; e una seconda volta nel 1989 in occasione del Congresso eucaristico internazionale. Ma sin dall’inizio del suo pontificato egli ha mostrato un grande interesse per tutto il popolo coreano. Per ben quattro volte ha inviato un suo rappresentante nella Corea del Nord per aiutare a risolvere il problema della fame e ha esortato i fedeli del Sud ad aiutare i loro fratelli del Nord. Due giorni prima del summit, durante l’Angelus, ha chiesto ai fedeli di tutto il mondo di pregare, perché si arrivi presto alla piena riconciliazione e alla pace».

Lazzaro You Heung Sik

 

Carta europea dei diritti – I presidenti delle 34 Conferenze episcopali europee hanno adottato una posizione comune sulla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Per i vescovi si tratta di un fatto positivo, perché consolida la rete di vincoli e di cooperazione che unisce i 15 Paesi dell’Unione. Inoltre, viene apprezzato il riferimento ad alcuni principi etico-sociali, come quelli di sussidiarietà, solidarietà e rispetto delle identità nazionali. Tuttavia, essi rilevano che alcune formulazioni della Carta sono incomplete o, addirittura, non accettabili. Tra queste, la norma che stabilisce il divieto della clonazione di esseri umani, limitandolo però a quella riproduttiva. Si teme che, in questo modo, si dia il via libera alla clonazione terapeutica. Preoccupa anche la norma che, distinguendo il diritto di sposarsi dal diritto di costituire una famiglia, può finire per legittimare forme di unione diverse dal matrimonio. I vescovi lamentano, inoltre, come la Carta ometta di riconoscere alle Chiese e alle comunità religiose una rilevanza giuridica ed istituzionale, e segnalano l’assenza di ogni riferimento a Dio in tutti i 53 articoli del Documento.

In conclusione, essi raccomandano all’Unione e ai singoli governi di compiere ogni sforzo che miri a rinnovare e potenziare quell’humus culturale di matrice cristiana che è fattore determinante per l’umanizzazione e la promozione dell’unità dei popoli europei.

Ignazio Ingrao