Guardare tutti i fiori

 

I fedeli, che tendono alla perfezione, cercano, in genere, di unirsi a Dio presente nel loro cuore.

Essi stanno come in un grande giardino fiorito e guardano ed ammirano un solo fiore. Lo guardano con amore nei particolari e nel­l'insieme, ma non osservano tanto gli altri fiori.

Dio - per la spiritualità collettiva che Egli ci ha donato - chiede a noi di guardare tutti i fiori perché in tutti è Lui e così, osservandoli tutti, si ama più Lui che i singoli fiori.

Dio che è in me, che ha plasmato la mia anima, che vi riposa in Trinità, è anche nel cuore dei fratelli.

Non basta quindi che io Lo ami solo in me. Se così faccio il mio amore ha ancora qualcosa di personale e, per la spiritualità che sono chiamato a vivere, tendenzialmente egoistico: amo Dio in me e non Dio in Dio, mentre questa è la perfezione: Dio in Dio.

Dunque la mia cella, come dicono le anime intime a Dio, e, come noi diciamo, il mio Cielo, è in me e come in me nell'anima dei fratelli. E come Lo amo in me, raccogliendomi in esso - quando sono sola -, Lo amo nel fratello quando egli è presso di me.

Allora non amo solo il silenzio, ma anche la parola, la comunicazione cioè del Dio in me col Dio nel fratello. E se i due Cieli si incontrano ivi è un'unica Trinità, ove i due stanno come Padre e Figlio e tra essi è lo Spirito Santo.

Occorre sì sempre raccogliersi anche in presenza del fratello, ma non sfuggendo la creatura, bensì raccogliendola nel proprio Cielo e raccogliendo sé nel suo Cielo.

E, giacché questa Trinità è in corpi umani, ivi è Gesù: l'Uomo-Dio.

E fra i due è l'unità ove si è uno, ma non si è soli. E qui è il miracolo della Trinità e la bellezza di Dio che non è solo perché è Amore.

Allora l'anima, quando tutto il giorno volentieri ha perso il Dio in sé per trasferirsi nel Dio nel fratello (ché l'uno è uguale all'altro, come due fiori di quel giardino sono opera dell'identico fattore) ed avrà fatto ciò per amore di Gesù crocefisso e abbandonato che lascia Iddio per Iddio (e proprio Dio in sé per il Dio presente o nascituro nel fra­tello ... ), ritornata su se stessa o meglio sul Dio in sé (perché sola nella preghiera o nella meditazione), ritroverà la carezza dello Spirito che - perché Amore - è Amore per davvero, dato che Dio non può venir meno alla sua parola e dà a chi ha dato: dà amore a chi ha amato.

Così scompare la tenebra e l'infelicità con l'aridità e tutte le co­se amare, rimanendo solo il gaudio pieno promesso a chi avrà vissuto l'Unità.

Il ciclo è completo.

Noi dobbiamo dar vita continuamente a queste cellule vive del Mistico Corpo di Cristo - che sono i fratelli uniti nel suo nome - per ravvivare l'intero Corpo.

 

Il guardare tutti i fiori è avere la visione di Gesù, di Gesù che, oltre ad essere il Capo del Mistico Corpo, è tutto: tutta la Luce, la Parola, mentre noi ne siamo parole. Però se ognuno di noi si perde nel fratello e fa cellula con esso (cellula del Corpo Mistico), diviene Cristo totale, Parola, Verbo. È per questo che Gesù dice: «... e la Luce che Tu hai dato a me l'ho data ad essi» (Gv 17, 22).

Ma occorre saper perdere il Dio in sé per Dio nei fratelli. E questo lo fa chi conosce ed ama Gesù crocifisso e abbandonato.

E quando l'albero sarà completamente fiorito - quando il Corpo Mistico sarà completamente ravvivato - rispecchierà il seme donde è nato. Sarà uno, perché tutti i fiori saranno uno fra loro come ognuno è uno con se stesso.

Cristo è il seme. Il Corpo Mistico è la chioma.

Cristo è il Padre dell'albero: mai è stato così Padre come nell'abbandono ove ci ha generati figli suoi, nell'abbandono ove s'annulla rimanendo: Dio.

Il Padre è radice al Figlio. Il Figlio è seme ai fratelli.

E fu anche la Desolata che, quale corredentrice, nel tacito consenso ad esser Madre d'altri figli, gettò questo seme in Cielo e l'albero fiorì e fiorisce di continuo sulla terra.

 

(Nuova Umanità, n. 104, 211996, pp. 133-135)