Notiziario – 24 cf. rivista gen’s 2/2000 (p. 61-64)

Una rete per la comunione

 

"Mi ha fatto un bene enorme costatare che ci sono persone in ogni parte del globo che si giocano la vita per costruire la comunione in seminario". Così ha scritto un giovane della Spagna a chi gli aveva passato queste pagine con notizie dal mondo dei seminari. Ed ha colto nel segno quello che sembra uno dei frutti principali del Congresso internazionale Gesù crocifisso e abbandonato: Ponte fra Cielo e terra, svoltosi a Roma alla fine del 1998. Attraverso questo incontro fra seminaristi di tante nazioni si è creata una rete di comunione che abbraccia il mondo. Nulla di formale, di organizzato. Piuttosto una corrente di vita, uno stile che si propaga attraverso l’esempio.Facciamo il caso dell’Argentina. In occasione della convivenza annuale con uno dei corsi, il rettore di un seminario propone: facciamo fra noi una comunione dei beni nello stile dei Focolari. I seminaristi accettano di buon grado. O ancora: in Slovacchia. Una sera, J. tira fuori dal portamonete un foglio e segna le spese del giorno. Un compagno di camera gli chiede il perché di questo modo di fare che ha osservato da tempo. "Vivo la comunione di beni con altri, secondo l’esempio dei primi cristiani". "Metti anche questo nella vostra cassa!", gli dice l’altro visibilmente toccato e gli passa un biglietto da 100 corone. O ancora: in Perù. C. è il segretario del seminario ed ha lavorato fino a notte fonda. È appena andato a dormire quando si sente chiamare: "Puoi portarci in città? Dobbiamo alllestire un tappeto floreale per la processione del Corpus Domini". Sono le due. E la voglia è poca. Ma occorre amare per primo. Conclusione di quel viaggio notturno: nasce un rapporto fra due seminaristi che prima si sentivano piuttosto estranei. Oggi sono impegnati insieme per l’unità.Ovunque nel mondo, sono sempre più numerosi i seminaristi che si ritrovano per mettere in comune le loro esperienze di Vangelo vissuto e poi affrontare con un’anima nuova, più sensibile agli altri, le situazioni di ogni giorno. Racconta un gruppetto di studenti del Centreuropa: "Tutti cerchiamo di essere a disposizione degli altri. R. ha la responsabilità, in seminario, di un piccolo negozio dove si possono comprare articoli di cartoleria, ecc.; P. e A. animano la musica ritmica in cappella; F. cerca di portare unità fra gli animatori di una comunità giovanile; J. insegna l’italiano a 10 seminaristi".Piccole cose, ma che "fanno differenza", come dicono gli inglesi. E non si tratta tanto di particolari attività, ma sono piuttosto espressione di un modo d’essere che ha fatto esclamare a chi ne ha colto i riflessi: "persone così fanno andare avanti la nostra casa".

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Viaggio in Burundi

Firmin Niyonemeye della segreteria internazionale del Movimento gens riferisce di un viaggio in dicembre-gennaio che gli ha fatto vivere intensi momenti a contatto con la realtà dei seminari del Burundi.

Terra di dolori e terra di speranza. Terra in cui sono nato e cresciuto – il Burundi – ma nella quale questa volta mi reco unicamente per sostenere quella corrente di comunione che da qualche anno a questa parte va attraversando la vita delle comunità cristiane, i presbitéri diocesani, i seminari. Parto da Roma a metà dicembre ed arrivo via Addis Abeba a Bujumbura. Ad attendermi sono i focolarini e i numerosi seminaristi maggiori e minori che in questo Paese vivono la spiritualità dell’unità. Andrò a far visita a parecchi di loro nei rispettivi seminari. E soprattutto, nei giorni di Natale, ci riuniremo con una rappresentanza dei vari gruppi per approfondire insieme l’Ideale dell’unità.

Sono appena arrivato e le circostanze fanno sì che posso esporre al Nunzio quanto è in programma per questi giorni. "Vi do tutte le mie benedizioni", mi dice ed esprime un sogno: vedere i seminaristi protagonisti di una nuova mentalità, quella evangelica, che è l’unica a poter risolvere le tante sfide che deve affrontare questa nazione.

Dopo i contrasti, la vita

Una prima visita mi porta al seminario minore di Ciya, riaperto da poco. Devastato dalla guerra civile, era chiuso per quattro anni. Ovunque se ne vedono ancora i segni, orme di Gesù crocifisso, che fanno da sfondo all’aria di festa con cui vengo accolto. Il giovane rettore, un sacerdote focolarino, mi mostra le piccole colline dove i seminaristi coltivano ananas ed altri frutti e verdure, per potersi mantenere, e mi illustra i lavori per la ricostruzione.

Per i seminaristi, è periodo di esami. L’appuntamento con loro è a fine mattinata, dopo due prove scritte, "per quelli che vogliono". Sono presenti tutti, sorridenti e contenti. Lascio la parola innanzi tutto a loro e conosco così i vari Movimenti presenti in seminario: Schönstatt, Croisade eucharistique, Xavéri, Scouts... Parlo poi della spiritualità dell’unità e in particolare dell’arte d’amare. L’incontro si prolunga e se avessero potuto non sarebbero neppure andati a pranzo...

Famiglia, in un monolocale

Sono di ritorno al focolare di Bujumbura. Arrivano 26 seminaristi dei due seminari maggiori, quello filosofico in città e quello teologico a Gitega. Con loro trascorriamo cinque giornate che si possono riassumere in una sola parola: famiglia di veri fratelli. A favorire quest’esperienza è lo stesso ambiente che ci accoglie: un ampio monolocale che alla sera si trasforma in dormitorio, mentre durante il giorno fa da sala per i pasti e le riunioni – continua occasione per esercitare la carità, mettendo in gioco la propria comodità.

Il rapporto fra noi è immediato. Approfondiamo punti centrali della spiritualità dell’unità e ci raccontiamo come riusciamo a metterla in pratica nei nostri ambienti. C’è una grande irradiazione di questo stile di vita nei seminari, con decine e decine di seminaristi che vivono, mese per mese, la Parola di vita, si ritrovano per scambiarsi le loro esperienze e si impegnano nel servire gli altri. Tutto ciò contribuisce a gettare ponti, a creare comunione.

Inseriti nella grande famiglia dei Focolari, ogni giorno per alcune ore partecipiamo alla costruzione di una casa per la comunità. È il nostro contributo a quell’intenso lavoro di formazione di persone di tutte le vocazioni, che il focolare sta portando avanti e che si ripercuote nelle parrocchie e in varie espressioni della vita civile nel Paese intero. Trasportare mattoni ci fa vivere lo spirito di famiglia: è occasione per parlarci, per scherzare, per conoscerci meglio...

Alla vigilia di Natale siamo in cattedrale. Celebra il vescovo. Vederci riuniti per un cammino di comunione tra futuri sacerdoti, lo riempie di gioia. Spontaneamente ci presenta all’assemblea con parole cariche di benevolenza e… con un tocco di ammirazione. Più tardi, in focolare, si fa festa. Sono presenti tante persone del Movimento a Bujumbura: giovani, ragazzi, sposati. Mancano solo i sacerdoti che sono, ovviamente, straimpegnati. Il clima di Gesù in mezzo ci fa toccare con mano la realtà di Natale: felicità traboccante, umano-divina, che si esprime ben presto nelle danze tradizionali. Ore di Cielo!

Avventura… senza freni

Mentre il 28 mattino i seminaristi partono, mi attende un altro appuntamento. Proprio in questi giorni si riunisce a Gitega l’associazione del clero burundese della quale fa parte la quasi totalità dei sacerdoti. Una buona opportunità per tuffarmi nella loro realtà, per instaurare legami con tanti, per colloquiare con vecchi amici con cui eravamo insieme in seminario. Con me erano saliti a Gitega quattro gens. Con l’avvicinarsi della fine dell’anno abbiamo premura di rientrare a Bujumbura. Vogliamo raggiungere il focolare prima di capodanno, per il "Te Deum" con la comunità. Assieme ad altri quindici persone, saliamo su un pulmino. Bisogna far presto. Per ragioni di sicurezza è consigliabile arrivare nella capitale prima del tramonto. Avviene però… che i freni di quel mezzo non funzionano affatto. Ogniqualvolta bisogna fermarsi e ripartire, il conducente deve fare tante peripezie. E pensare che abbiamo davanti un lungo tratto nelle montagne, con tantissime curve: 1.400 m di dislivello! Tra i passeggeri si fa largo il panico e ad alcuni non manca la rabbia. E noi, quale atteggiamento tenere? Ci guardiamo in faccia e abbiamo uno stesso pensiero: è Gesù in croce che viene a trovarci in quest’imprevisto. Occorre "fargli festa". Per due volte l’autista rischia un incidente. Cerchiamo di mantenere la calma, di non pesare su di lui che già si trova in una situazione penosa. Ad un certo punto i passeggeri gli chiedono indietro i soldi e li affidano ad uno di noi. Lentamente prosegue il viaggio.Sta ormai per tramontare il sole e siamo ancora lontani da Bujumbura. Impossibile arrivarci entro stasera, a questo passo. Fuori la pioggia si intensifica e nei dintorni non ci sono case. Chiediamo all’autista di fermarsi. Senza badare alla pioggia né alla vergogna, ci dirigiamo verso le macchine che passano per chiedere un passaggio. Riusciamo a far partire le donne, i giovani. Siamo concordi: prima occorre pensare agli altri, dopo a noi. Può darsi che ciò significhi passare la notte lì, all’aperto. Ma la fiducia nel Padre è grande.Alla fine rimaniamo in pochi. A sorpresa, il nostro autista decide di scendere a Bujumbura. Pensa di usare solo la prima e la seconda marcia. Saliamo nuovamente sul pulmino. In viaggio, per tenere su l’aria, intoniamo canti di Natale e canzoni della Mariapoli. Gli altri rimangono stupiti della nostra gioia, primo fra tutti l’autista. Torna la gioia e cancella il disagio dell’attesa sotto la pioggia e nel freddo.

Arrivando in città, l’autista, tutto contento di avercela fatta e di aver riavuto i soldi per il passaggio, trova per noi una macchina che ci porta fino al focolare. Siamo stanchi ma contenti di aver aiutato tante persone.

 

Martiri della fratellanza

Ed inizia l’ultima tappa del mio soggiorno. Nei primi di gennaio mi trasferisco nel nord del Paese. Trovo a Burasira i seminaristi dell’anno propedeutico che non hanno potuto partecipare all’incontro con gli altri a Bujumbura.

L’accoglienza da parte dei formatori è ottima. E così dei seminaristi. Tanti sono impegnati già da tempo nell’avventura dell’unità. Chiedono notizie sugli ultimi sviluppi del Movimento e sono ansiosi di capire come mai questo Ideale attiri perfino credenti di altre religioni. Mi domandano come fare per comunicare a tanti quella vita che hanno scoperto.

Nel pomeriggio ci ritroviamo, questa volta anche con i seminaristi che appartengono ad altre aggregazioni. È ’occasione per parlare della comunione fra i movimenti, creatasi in seguito all’incontro con il Papa nella Pentecoste ’98. Alla fine lancio l’arte d’amare "per vivere il paradiso già in seminario".

Torno a Bujumbura e riparto quasi subito. La meta, questa volta, è il seminario minore di Buta. Forse il punto più luminoso nella geografia dei seminari del nostro Paese. Nell’aprile ’97 vi hanno versato il loro sangue 40 seminaristi. Non avendo voluto separarsi per etnie hanno preferito morire assieme, essendo così fedeli al loro ideale cristiano. Ormai tutti, a cominciare dal vescovo, li chiamano "martiri della fratellanza". Un santuario ricorda la loro offerta.

Dopo la messa con tutti, mi trovo con i seminaristi che vivono la spiritualità dei Focolari. È una nuova fioritura, perché a quell’assalto era scampato solo uno del gruppo dei gens. Con la sua testimonianza, ha attirato altri. Sono una ventina. Il loro desiderio è essere testimoni di unità come i loro fratelli che non hanno risparmiato la vita. Passa al volo quest’ora, coronata dall’intervento del vicario generale che ha incoraggiato tutti ad andare avanti in questo impegno che ha definito fondamentale per tutti.

Prima di ritornare a Roma, a metà gennaio, vado a congedarmi dal mio vescovo. Lo metto al corrente di tutto. È molto contento. E sottolinea quanto siano preziosi questi gruppi nei seminari. In cuor mio, mentre riprendo l’aereo, regna una gratitudine immensa. Porto con me tanti incontri, il ricordo di tanti volti radiosi, e dò lode a Dio per il grande dono della comunione.

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di Chiara Lubich

Il rapporto fra le persone

Quale il rapporto delle persone tra loro?Se penetriamo bene il Vangelo, se scrutiamo fino in fondo la volontà di Dio, vediamo che una parola emerge potente ed atta ad illuminare tutte le altre. Essa è amare.Amare è l’atteggiamento tipico dei cristiani.Ma non amare con quella carità che è sinonimo di elemosina o beneficenza. Ma amare come Gesù, che si era "fatto uno" con tutti dopo essersi fatto uomo come noi. Farsi uno: ecco l’amore.Farsi uno con quanti incontriamo durante la nostra giornataFarsi uno finché chi è così amato comprende l’amore e vuole amare a sua volta.E nasce così l’amore reciproco, il distintivo, ancora oggi, come ai tempi dei primi seguaci di Cristo, dei cristiani.Amore reciproco che è il comando per eccellenza di Gesù, la vita della Santissima Trinità trasferita in terra.

Da: La spiritualità collettiva e la Chiesa-Comunione