"In questo luogo la vita gira intorno a Parole estratte dalla Bibbia, Parole antiche ma che nella convivenza sprigionano un dinamismo sorprendente e innovatore"

 

Il Vangelo e la salute

Abiamo incontrato Hans Stapel, un simpatico francescano dal corpo robusto e dal cuore grande. Da giovane s’imbatté con la spiritualità del Focolare nella sua terra di Germania e, approdato in Brasile, studiò teologia nel convento di Petrópolis. Appena ordinato sacerdote fu mandato a lavorare in una parrocchia e qui, a contatto diretto con la miseria e con le tante sue conseguenze, ebbe inizio la storia della "Fazenda da Esperança".

Un moderno santuario

Se ti capitasse di andare ad Aparecida del Brasile, potrai contemplare il santuario nazionale dei brasiliani con la sua grandiosa basilica e qualcuno ti racconterà che lì vicino prima c’era solo una piccola cappella con una minuscola statuetta della Madonna. Un brutto giorno, ai tempi dell’impero portoghese, vi arrivò piangendo una schiavo fuggitivo inseguito dal suo padrone deciso a riprenderselo o a farlo fuori. Quando però si avvicinò alla porta della chiesetta, il mulo che egli cavalcava s’imbizzarrì e lo disarcionò. Tentò di entrarvi a piedi con l’arma in pugno, ma non riuscì a varcare l’uscio.

Questo racconto esprime plasticamente la convinzione che Maria ha sempre protetto gli umili, quali figli suoi prediletti. Se ne ha conferma quando, lasciando alle spalle il santuario, ci si inerpica sul terreno montagnoso chiamato Serra da Mantiqueir", perché ad un certo punto t’incontri con la Fazenda da Esperanza (Fattoria della Speranza). "Fattoria" perché prima vi si coltivava la terra e si allevava il bestiame, "della Speranza" perché ora è un complesso di tante casette dove avviene qualcosa di umanamente incredibile. Giustamente il cardinale Aloisio Lorscheider, vescovo del posto e quindi spettatore del fenomeno, ha detto che nella Fazenda "il Vangelo è la migliore medicina che cura persone che hanno ormai perso il senso della vita o non hanno più nessuna speranza nel futuro". Qui i disperati riacquistano speranza e ritornano ad essere persone vere. Qui Maria ha creato un nuovo tipo di santuario, dove il Figlio suo si fa presente e continua ad operare miracoli come nei tempi antichi in terra di Palestina.

Ma ascoltiamo direttamente da frate Hans come tutto ciò è nato.

"Una notte bussò alla porta della mia casa una ragazza incinta chiedendo da mangiare e un posto per dormire. Immediatamente entrai in conflitto con me stesso: come può un francescano, appena ordinato prete, ricevere nella sua casa, di notte, una ragazza bella e incinta? Mi sono però ricordato delle parole di Gesù: "Ogni volta che avrete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me". San Francesco, al mio posto, cosa avrebbe fatto? Sparirono i dubbi e aprii la porta. La ragazza si rifocillò e dormì fino a tarda mattinata, quando mi disse grazie e se ne andò. Qualche tempo dopo ritornò per ringraziarmi di nuovo e mi confidò che se io non le avessi dato un posto per dormire quella notte, il suo bambino non sarebbe mai nato, perché aveva già preso l’appuntamento con il medico per abortire. Per me fu un segno profetico. Da quell’episodio nacque una casa per ragazze-madri, dove ne sono state accolte finora più di 100.

"Un’altra sera la polizia mi condusse tre ragazzi di strada. Ancora una volta le parole del Vangelo risuonarono dentro di me: "Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me". Preparai per i tre una stanza, offrii loro una doccia e dei vestiti, diedi loro da mangiare, poi mi misi a giocare con loro. Qualche giorno dopo trovai tre famiglie per adottarli. Da questa esperienza sorse un’altra casa: per bambini che attendono di essere adottati. Finora più di 400 bambini hanno trovato una nuova famiglia.

"Un giorno, un ragazzo drogato, in un momento di disperazione, venne a cercarmi. Nelson, un giovane della parrocchia, proprio in quel periodo aveva capito che doveva amare il fratello se voleva amare Dio per davvero. In queste parole aveva scoperto tutta la forza del Vangelo e si era reso disponibile ad amare concretamente, entrando in contatto con un gruppo di giovani drogati del suo quartiere. Questo fu l’inizio di un’avventura che ormai ha la sua storia".

Il rischio di un’esperienza inedita

Inoltriamoci ora in quella che è la prima Fazenda da Esperança. Qui vivono circa 250 persone – uomini e donne – in comunità distinte anche se si ritrovano tante volte insieme. La maggioranza è logorata dall’alcool o dalla droga, o proviene dagli ambienti della prostituzione o del crimine. Nonostante i diversi e dolorosi cammini percorsi, un fatto li unisce: vogliono correre il rischio di tentare una nuova vita nella segreta speranza – che man mano si farà certezza – di ritrovare la dignità e la gioia di vivere.

Ognuno ha la sua storia, una via crucis spesso accompagnata dalla umiliante esperienza di essere considerati spazzatura della società fino a convincersene anch’essi e a sentirsi ripugnanti a se stessi. Sono giovani che hanno toccato il fondo nella dipendenza dall’alcool o dalla droga, ma che per la prima volta in questo posto si sentono trattati come esseri umani degni d’amore e con la possibilità immediata di sviluppare forze nuove, che spesso neanche sospettano di avere. E cominciano a rapportarsi in modo nuovo con gli altri, a dimostrare comprensione, solidarietà, simpatia, a donare anch’essi amore, quell’amore che affonda le radici in Dio stesso.

Quando ti guardi attorno puoi vederli al lavoro nei campi, nelle officine, in piccole industrie, perché ogni casa si mantiene da sé. Questo è un elemento importante nella terapia, poiché la maggioranza di quelli che arrivano qui non sono abituati ad un lavoro serio e regolare. È interessante vedere la loro reazione quando sperimentano il successo di un mobile rifinito o di un pezzo di terra seminato che comincia a germinare: riacquistano la gioia di vivere e quella stima di se stessi che avevano ormai perduta. Il lavoro è svolto in comune. Una condizione importante questa per la terapia, perché il drogato sperimenta la corresponsabilità e un po’ alla volta impara ad aprirsi, mettendo da parte l’egoismo.

La medicina miracolosa

Trovare oggi case di cura per drogati non è difficile. Molto spesso sono gestite da persone con un forte ideale che si ispira al Vangelo. Frate Hans racconta: "Noi non avevamo medici e medicine, e non era facile procuraseli. Allo stesso tempo dovevamo venire incontro a chi non poteva attendere e ci siamo messi all’opera con l’unico mezzo a nostra disposizione: la spiritualità che noi cerchiamo di vivere – quella del Focolare – , uno stile di vita che ti spinge a uscire da te stesso e a donarti all’altro. Abbiamo cercato di risvegliare nei giovani il dinamismo dell’amore cristiano ed abbiamo constatato che questo metodo produce effetti a dir poco interessanti non solo nel campo della fede, ma anche per uscire dal tunnel droga".

Nella Fazenda, infatti, la vita gira intorno a Parole estratte dalla Bibbia, Parole antiche ma che nella convivenza sprigionano un dinamismo sorprendente e innovatore. Sono Parole semplici, di facile comprensione e di lineare chiarezza, e per questo motivo servono come regole per la convivenza.

All’inizio ogni comunità sceglie come programma la regola d’oro, una frase del Vangelo ben nota e di facile accettazione: "Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te". La prima sorpresa è che realmente si può vivere così durante tutto il giorno. A sera poi i membri della comunità si ritrovano insieme e si raccontano come hanno vissuto la frase scelta: se sono riusciti a non offendere, a non ferire, a non sospettare… In seguito la stessa frase viene proposta nella sua formulazione positiva: "Tutto quanto volete che gli altri facciano a voi, anche voi fatelo a loro".

Influenzare positivamente il proprio pensare e il proprio agire è per la maggioranza di questi giovani un’esperienza assolutamente inusitata, specialmente all’inizio, quando il fisico si ribella non ricevendo più la sua dose di droga e quando il lavoro corporale, il ritmo di una vita organizzata e l’inserzione in una comunità sembrano una tortura disumana per chi è vissuto sempre senza norme.

Qualcuno allora chiede la droga, ma si sente rispondere che quella "parolaccia" nella Fazenda non neanche la si pronuncia, perché al suo posto ognuno ha deciso liberamente di "prendere la Parola".

"Le persone arrivano qui piene di orgoglio, dominate dal sesso, dalla droga, dal denaro e da tante altre cose passeggere – dice Vamberto. Noi cerchiamo di donare loro una nuova luce: mostrando con la nostra vita che esiste qualcosa di più grande, qualcosa che dura per sempre". Sono parole che hanno un peso, perché escono dal cuore di chi da alcuni anni è riuscito a liberarsi da quel mondo oscuro. Col tempo questi sforzi fatti insieme producono i loro effetti positivi, portando i giovani a rapportarsi in modo diverso tra loro. Quando, per esempio, qualcuno ha perso la pazienza e si è lasciato prendere dal calore della discussione e poi trova la forza di riconoscerlo, sperimenta che non è umiliante ammettere il proprio sbaglio, chiedere perdono e ricominciare di nuovo, perché sente la gioia che gli canta nel cuore.

Mettere in pratica, una dopo l’altra, le parole del Vangelo, dialogare su di esse e metterene in comune i frutti: è questa la pedagogia fondamentale e la dinamica terapeutica di questo progetto. E il Vangelo orienta il vissuto di questi giovani e tanti hanno già trovato la forza per ricominciare una vita nuova.

Qualcuno si spaventa di fronte agli impegni da assumere in comunità e torna nel vecchio ambiente. Non è raro però il caso che poi ritorni deciso a ritentare, "perché fuori – dice – la vita è un inferno!".

Nella Fazenda si entra e si resta liberamente, per propria scelta; ed anche chi viene per "sperimentare" deve accettarne lo stile di vita. Per questo è chiaro fin dall’inizio che si comincia una vita nuova. Quelli che ad esempio prendevano la droga, subito devono smettere. Questo provoca in loro una crisi salutare. Ed è l’amore concreto degli altri che fa scoprire le risorse che ognuno può attivare dentro di sé con l’aiuto della comunità.

La "cena dei peccatori"

Amano chiamare così la celebrazione eucaristica, e a sera gli abitanti della Fazenda vi accorrono numerosi. La maggioranza non aveva più alcun contatto con il cristianesimo e molto meno con la Chiesa. Ora, però, coloro che lungo la giornata cercano di mettere in pratica la Parola di Dio, sviluppano con il tempo una sensibilità nuova verso la fede. Certo non si tratta di gente pia, perché sono uomini e donne di tutti i ceti sociali che hanno conosciuto la cosiddetta "vita" in tutti i suoi alti e bassi, ma il contatto col Vangelo risveglia in loro qualcosa che orienta verso Dio e dà gioia e forza per iniziare una nuova avventura molto più interessante di quella senza senso vissuta fino a quel momento.

Chi, venendo da fuori, assiste a questa messa resta sorpreso dal clima denso di raccoglimento e sente che le parole che lì si dicono o si ascoltano sono vere e penetrano nell’intimo. Tutto questo tocca coloro che, all’inizio della terapia, vengono in chiesa "senza alcun compromesso", cioè stando a guardare con un certo distacco. E non di rado si risveglia in loro la fede assopita o la incontrano per la prima volta. Per questo con una certa regolarità dei giovani dai diciotto ai trent’anni ricevono i sacramenti del battesimo, della cresima e della prima eucarestia. Durante l’anno si celebrano matrimoni di novelli sposi ed anche di coppie che convivevano perché non conoscevano il valore del sacramento. Ed è sempre una festa.

La legge di chi deve far da guida

Ma chi porta avanti le piccole comunità nelle casette? Tra coloro che da tempo vivono questo stile di vita, vengono scelti i responsabili dei vari gruppi, naturalmente dopo una opportuna preparazione e un continuo accompagnamento. Ad ognuno di loro si dice: "Tu hai già appreso molto ed hai molto da donare". Questo metodo li tocca nel profondo per la stima che si dimostra verso di loro; ed anche negli altri, che sono all’inizio della loro terapia, questa fiducia riposta nei loro compagni ormai "ricuperati" riaccende la speranza.

In ogni comunità poi ci sono sempre due responsabili più maturi, che cercano di fare le cose sempre in unità tra loro e con gli altri, mettendo alla base della convivenza il comandamento nuovo di Gesù. Questo modo di convivere, di dare e ricevere, di perdonare, di amare per primi, tocca anche quei compagni un po’ più rudi che condividono lo stesso tetto. E col tempo fiorisce uno stile di vita familiare, un’atmosfera nella quale – anche se non lo sanno – Gesù è presente in mezzo a loro, secondo la promessa evangelica (Mt 18,20).

Ed è questo il vero segreto della riuscita dell’esperienza. Oggi come ieri Gesù cura il corpo e lo spirito dei suoi "poveri", e in mezzo a loro stabilisce il suo Regno. A questo punto anche le consulenze dei competenti e le medicine si rivelano più efficaci e sono di aiuto.

La presenza di Maria

La Fazenda non cessa di stupire. Se la scintilla iniziale è partita dal cuore di un figlio di san Francesco che attraverso la spiritualità del Focolare ha riscoperto più pienamente il suo fondatore, trovando in ciò la forza per seguirne i passi nelle attuali problematiche umane, altre persone hanno sentito la spinta a donarsi in quest’opera di "risurrezione". Due congregazioni religiose, una brasiliana e l’altra tedesca, hanno offerto braccia e cuore. Le suore, che qui si impegnano nella cura delle ragazze, si rinnovano anche nel loro carisma ed acquistano nuovo entusiasmo nel vivere la propria vocazione.

A contatto con i drogati e gli infetti di AIDS, il gesto di Francesco che abbraccia il lebbroso sprigiona una forza nuova che illumina e affascina.

Ma ormai ci sono anche ragazzi e ragazze che, pur non essendo stati toccati dalle sofferenze dei loro coetanei, hanno sentito la chiamata di donarsi a Dio per servire questi fratelli e sorelle "meno fortunati".

Anche giovani chiamati al sacerdozio, col permesso dei loro vescovi, passano qui alcuni anni continuando gli studi nel vicino Istituto Teologico e immergendosi nella vita della Fazenda. Essi hanno l’impressione di essere formati come gli apostoli al seguito di quel Gesù che non disdegnava di accogliere peccatori e peccatrici.

Queste persone consacrate o avviate su questa strada danno a Maria la possibilità di far sentire qui la sua presenza materna e costituiscono la perla preziosa, il cuore pulsante di quest’opera.

"Gli abitanti della Fazenda – ci fa notare frate Hans – man mano si son resi conto che alla base della nostra nuova vita c’è la spiritualità di Chiara Lubich. Per questo tanti di loro hanno colto l’occasione di una sua visita al nostro Paese, per scriverle ed hanno affidato le loro lettere ad un vescovo che stava per incontrarla. Chiara ha inviato loro una risposta".

Rocca di Papa, 21 febbraio 1998

Carissimi, giovani della "Fazenda da Esperança"!

In questi giorni mi sono state consegnate, da Sua Ecc. Mons. Dino Marchiò, le vostre graditissime lettere, che mi hanno commossa profondamente e vi ringrazio con tutto il cuore.

Avrei voluto rispondere a ciascuno personalmente, ma siete tanti ...! Lo faccio attraverso questa lettera collettiva che vorrei giungesse come dono ad ognuno di voi.

Dalle vostre parole ho appreso che a tutti voi, in un modo o nell’altro, Dio ha manifestato il Suo amore attraverso il dolore. Ed ora, usciti da quel "tunnel oscuro", lo riconoscete anche voi e siete, chi nell’incanto della vita nuova del Vangelo, chi in procinto di far dono di questa vita a tanti altri cuori, chi ancora all’inizio della "rivoluzione d’amore" e nella fatica di costruirla giorno per giorno, tutti protagonisti della propria storia.

Vi seguo con amore in questa "conquista" quotidiana e chiedo alla Madonna – che vi ha seguiti e amati anche quando ne eravate ignari – che continui ad aiutarvi a diventare "uomini nuovi" e vi renda sempre più testimoni delle meraviglie che Dio può operare in un cuore che si rende docile al Suo lavoro divino.

Avrei voluto recarmi da voi per conoscervi anche personalmente, ma non mi sarà possibile perché è troppo breve il mio soggiorno in Brasile. Ma vi assicuro che sono sempre con voi, nella fedeltà di ogni giorno a Dio e al Vangelo. E conto su di voi per costruire insieme un mondo più unito.

Salutatemi particolarmente Padre Hans, Nelson e Cesar.
Chiara.

La lettera è considerata dai destinatari un programma di vita. Sapersi amati dalla fondatrice dell’Opera di Maria è per loro motivo di gioia e di incoraggiamento a perseverare nella via del Vangelo.

Ma la Fazenda da Esperança non si è fermata sulle colline della Mantiqueira: dopo aver preso stabile dimora in altri cinque regioni del Brasile, ha varcato l’Oceano e si è stabilita a Berlino e a Mosca, mentre altri progetti sono ancora in gestazione.

a cura della redazione