Quale modello di salute?

Gesù non ha solo curato e guarito i malati, ma è anche stato un instancabile promotore della salute attraverso la sua presenza salvifica, l’insegnamento, l’azione. Il suo amore per l’uomo si traduceva in rapporti pieni di umanità, che lo conducevano a comprendere, a mostrare compassione, a recare conforto unendo armonicamente tenerezza e forza. Egli si commuoveva di fronte alla bellezza della natura, era sensibile alla sofferenza degli uomini, combatteva il male e l’ingiustizia. Affrontava gli aspetti negativi dell’esperienza con coraggio e senza ignorarne il peso, comunicava la certezza di un mondo nuovo. In Lui, la condizione umana mostrava il volto redento e le aspirazioni umane più profonde trovavano realizzazione. Questa pienezza armoniosa di vita egli vuole comunicare agli uomini di oggi. La sua azione salvifica mira non solo a colmare l’indigenza dell’uomo, vittima dei propri limiti ed errori, ma a sostenerne la tensione verso la completa realizzazione di sé. Egli apre davanti all’uomo la prospettiva della stessa vita divina: "Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza" (Gv 10, 10). (...).

In questo contesto, i credenti sono chiamati a sviluppare uno sguardo di fede sul valore sublime e misterioso della vita, anche quando essa si presenta fragile e vulnerabile. "Questo sguardo non si arrende sfiduciato di fronte a chi è nella malattia, nella sofferenza, nella marginalità e alle soglie della morte; ma da tutte queste situazioni si lascia interpellare per andare alla ricerca di un senso, e proprio in queste circostanze, si apre a ritrovare nel volto di ogni persona un appello al confronto, al dialogo, alla solidarietà". (Evangelium vitae, 83).

È un compito, questo, che investe particolarmente gli operatori sanitari: medici, farmacisti, infermieri, religiosi e religiose, amministratori e volontari che, in virtù della loro professione, a titolo speciale sono chiamati a essere custodi della vita umana. Ma è compito che chiama in causa anche ogni altro essere umano. "La domanda che sgorga dal cuore dell’uomo nel confronto supremo con la sofferenza e la morte, specialmente quando è tentato di ripiegarsi nella disperazione e quasi di annientarsi in essa, è soprattutto domanda di compagnia, di solidarietà, di sostegno nella prova. È richiesta di aiuto per continuare a sperare, quando tutte le speranze umane vengono meno". (Ibid., 67). (...).

Proprio perché la salute non si limita alla perfezione biologica, anche la vita vissuta nella sofferenza offre spazi di crescita e di autorealizzazione ed apre la strada verso la scoperta di nuovi valori. (...). Questo modello di salute impegna la Chiesa e la società a creare un’ecologia degna dell’uomo. L’ambiente, infatti, ha una relazione con la salute dell’uomo e delle popolazioni: esso costituisce "la casa" dell’essere umano e l’insieme delle risorse affidate alla sua custodia e al suo governo, "il giardino da custodire e il campo da coltivare". All’ecologia esterna alla persona, però, deve congiungersi un’ecologia interiore e morale, la sola adeguata ad un retto concetto di salute.

Considerata nella sua integralità, la salute dell’uomo diventa, così, attributo della vita, risorsa per il servizio al prossimo ed apertura all’accoglienza della salvezza*.

Giovanni Paolo II

* Dal Messaggio del papa per l’ottava giornata mondiale del malato