Insieme è meglio

Mi chiamo Wolfgang Schneck, ho 44 anni e dal settembre del ‘94 sono parroco a Mindelheim, ca. 60 km da Monaco di Baviera.

Prima lavoravo nella pastorale giovanile e mi trovavo bene, ma da sempre avevo il desiderio di convivere con altri sacerdoti. Da tante esperienze avevo capito quanto sia vero che un’azione fatta in unità, vale molto di più che fatta da solo.

Già da seminarista avevo conosciuto i giovani del Movimento dei focolari e dopo l’ordinazione sacerdotale cercavo di sperimentare questo stile comunitario di vita anche con i sacerdoti. Ci incontravamo una volta la settimana, ma mi rimaneva sempre vivo il desiderio della vita communis. E dopo dieci anni la mia speranza è divenuta realtà.

Un sogno realizzato

Nella cittadina di Mindelheim, nella Baviera in Germania, si cercavano un nuovo parroco, un cappellano e anche un sacerdote che seguisse i giovani delle 94 parrocchie del circondario. Il vescovo ed i suoi consiglieri hanno accettato la nostra proposta ed adesso con me vivono due giovani sacerdoti di 33 anni. Bisogna dire che questi due con cui abito non fanno parte del Movimento dei focolari ma, stando insieme, ne hanno conosciuto e apprezzato lo spirito.

Tante volte anche tra noi sacerdoti è difficile mostrare quello che sentiamo dentro. In seminario non s’impara ad esprimere i propri sentimenti o a raccontare un’esperienza fatta con la Parola di Gesù. Questo allora è la prima cosa da apprendere: vivere la Parola e metterne in comune i frutti. Non basta mettersi insieme perché automaticamente ci sia uno spirito di comunione o, come diciamo tra noi, ci sia Gesù in mezzo. È uno stile di vita evangelica che bisogna imparare. Ed anch’io, dopo anni, continuo sempre ad apprendere. Per questo mantengo vivi i contatti col Movimento, che per me è una continua scuola di vita.

Ora siamo arrivati al punto che apertamente parliamo di Gesù, delle esperienze fatte durante il giorno, e abbiamo imparato a guidare il nostro agire alla luce della Parola di Dio. Oggi ci diciamo anche l’espressione: "Teniamo Gesù in mezzo". E la nostra unità s’irradia nella parrocchia.

Come filmare Gesù oggi?

Nella primavera dell’anno 1997 un’équipe della televisione ha registrato un film con il titolo: "Insieme invece che soli", un film di 45 minuti che è stato mandato in onda nei paesi di lingua tedesca, suscitando tanti echi positivi. Per tre mesi la nostra vita é stata osservata e ripresa. I membri dell’équipe della TV ponevano ripetutamente la domanda: perché vivete insieme?

Dopo aver esposto tante ragioni pratiche, che loro potevano facilmente capire, un giorno Adalbert ha risposto: "Viviamo insieme perché crediamo in Gesù Cristo risorto e presente in mezzo a noi uniti nel suo nome".

La reazione è stata interessante. La regista e il suo team dopo qualche giorno avevano di noi una buona impressione ed erano molto interessati a guardare dentro le pareti di una casa parrocchiale, ma su questo "Gesù in mezzo" la regista ci faceva notare: "Noi siamo abituati alle immagini, dobbiamo produrre immagini, cose da vedere. Se noi possiamo filmare questo "Gesù in mezzo a voi", bene; altrimenti non possiamo mettere questo argomento nel film".

Mi sono ricordato dell’apostolo Tommaso che diceva quasi la stessa cosa dopo la resurrezione: "Se non posso vedere, non credo". Questa sfida ci ha costretti a vivere di più il Vangelo, a far vedere l’invisibile.

Il team della TV ha voluto mostrare nel film la nostra vita quotidiana: da quando ci alziamo al mattino, a come prepariamo la colazione e affrontiamo le diverse attività del giorno fino alla sera.

Noi non abbiamo una domestica. Così diversi lavori di casa dobbiamo sbrigarceli da noi; e lo vogliamo, perché proprio il tenere in ordine la cucina ed anche semplicemente innaffiare i fiori, sono esercizi utili per imparare la reciprocità. In genere io mi alzo per primo e preparo la colazione. L’ho fatto per un certo tempo, ma dopo tutti hanno capito la reciprocità e adesso ci si dà il cambio.

Martin è spesso fuori con i giovani. Il suo lavoro finisce tardi. Tante volte lo aspettiamo per sentire come è andata la giornata. Impariamo a raccontare le cose: non si fa solo un elenco di dati, ma si dice anche come Gesù è vissuto ed ha influito in ciascuno durante la giornata. Qualche volta Martin non torna a casa, perché ha una giornata o un week-end con i giovani. È chiaro che spesso ci telefoniamo per assicurarci che siamo uniti l’uno all’altro e rassicurarci che Gesù è in mezzo a noi.

Se arriva un nuovo studente dal seminario per condividere per un periodo la nostra vita, ognuno è pronto a cambiare le cose. Si cerca di capire il gusto del nuovo arrivato, cosa porta di mobili, quadri, dove gli piace dormire. Così ho cambiato stanza già per la quarta volta, e si sono cambiati i quadri ed altre cose in casa nostra. Il nuovo è preso sul serio come persona e non come un aiutante.

Come reagiscono i parrocchiani?

All’inizio vi era una certa paura che i tre giovani sacerdoti fossero troppo progressisti, ma questa paura subito è sparita. Sì, noi abbiamo tante idee ma cerchiamo di capire prima i nostri parrocchiani. Pensando dal punto di vista degli altri, si ha una luce nuova che annulla in loro il timore del nuovo.

Un falegname aveva costruito un ambone per la chiesa. Secondo il nostro gusto non era riuscito bene e per me era troppo alto. Tagliarlo o dipingerlo sarebbe stato un’offesa all’artista. Abbiamo capito insieme che dovevamo fare con questo ambone una cosa più bella. È nata l’idea di farne un "trono per la Parola". Adesso è collocato in un posto molto bello nella chiesa e serve per mostrare il Vangelo aperto ai fedeli. Così altri cambiamenti fatti in questa maniera in parrocchia sono stati accettati senza difficoltà.

Sentiamo che i conservatori ed anche i progressisti ci prendono sul serio e i rapporti si approfondiscono e si moltiplicano. Siamo tre preti, quindi come tre piste per entrare in contatto con la realtà parrocchiale. Questo esige che dobbiamo per forza essere una sola cosa tra di noi. Ogni disunità produrrebbe effetti negativi tra la gente.

Unità nella diversità

Noi tre siamo molto differenti. Questo si vede anche nei nostri vestiti. Martin veste leggero e con diversi colori. In occasione di grandi feste usa anche la talare. Io invece mi vesto abitualmente in forma un po’ più ufficiale. Il terzo ha una preferenza per le cravatte. Spesso ci chiediamo se questo o quel vestito è un segno di rispetto per le persone che incontriamo. È bello che su questo si può parlare apertamente. Martin per esempio qualche volta l’abbiamo convinto a cambiarsi, perché non eravamo pienamente d’accordo con il suo modo di presentarsi.

Gli inviti ufficiali dei rappresentanti politici o per un’inaugurazione vengono inviati a me con il chiaro intento che sia il parroco ad intervenire. Ma a causa dei tanti impegni non è possibile dire sempre di sì. Allora il parroco si scusa per non poter andare. Ma ora ci siamo divisi gli impegni e riceviamo solo echi positivi in quanto le persone hanno l’impressione che è il parroco ad essere presente. Soprattutto da parte delle persone della comunità, avvertiamo che sono contenti della nostra unità nella diversità.

Tutti i giorni a casa arrivano tante cose: frutta, marmellata, inviti a pranzo, soldi. Alcuni vogliono aiutare in vario modo, come lavare e stirare la biancheria, curare il giardino o aiutare nella pulizia della chiesa. Cresce così il numero di persone con cui siamo in contatto e non raramente siamo invitati alle loro feste anche dai cosiddetti "lontani".

Con i sacerdoti anziani

Nella cittadina adesso vi sono quattro parroci emeriti, cioè il mio predecessore con il quale c’è un bellissimo rapporto e altri tre. Essi ci aiutano in tante occasioni. Uno perfino si sentiva così attratto che non voleva più partire anche se aveva comprato in Svizzera una casa ove trasferirsi.

Quando è possibile ci incontriamo tutti insieme, così la famiglia dei sacerdoti si allarga. È nato il desiderio di curare noi la tomba dei sacerdoti. Se io sono al cimitero, che da noi non è lontano dalla chiesa, per curare i fiori, la gente spesso si ferma e scopre che anche noi abbiamo una parentela e una tomba da curare come loro, e che la famiglia dei sacerdoti va oltre la morte.

Naturalmente è molto importante per noi l’unità con il vescovo. Un giorno siamo stati ad Augsburg, dove egli abita. Festeggiava l’anniversario della sua nomina. Spontaneamente si decideva di andare da lui per congratularsi. Altri sacerdoti che erano con noi dicevano di no, perché temevano che ci fosse tanta gente. Ma quando siamo arrivati non c’era nessuno, ed il vescovo si è trattenuto tanto tempo con noi.

Nei mass media

La nostra vita è diventata così interessante da finire nei mass media. Non abbiamo una casa per le riunioni. Così tanti gruppi vengono nella casa parrocchiale. Per noi significa dover essere molto aperti e anche pazienti, ma la gente è contenta perché così può guardare all’interno della casa parrocchiale.

Il giornale della regione ha pubblicato una nostra foto sui pattini, perché per fare un po’ di sport abbiamo comprato dei pattini in line scates. Questo ha suscitato interesse in tanti altri giornali, anche di una certa importanza in Germania, come pure in stazioni radio e TV.

Dopo la notizia sensazionale per la stampa dei preti sui pattini volevano conoscere la nostra vita normale. La domanda che ci ripetevano sempre: "Ma come vivete?". Martin ha raccontato come fa la cucina, come amministriamo i soldi, come passiamo il Natale, ecc.. Le reazioni hanno dimostrato che non c’è bisogno di fare réclame per Gesù in mezzo: è la vita che lo mostra.

La radio della regione ci ha invitati a mandare in onda un breve pensiero ogni giorno. Queste trasmissioni durano solo un minuto, ma la preparazione è intensa. Uno prepara un testo, poi lo legge con un altro e viene limato, finché arriva alla registrazione in studio. Vediamo che è bene spendere questo tempo per i mass media.

La fonte

Per le cose pubbliche più impegnative ci facciamo aiutare dai focolarini di Ottmaring. Questo tra l’altro è sempre un’occasione per immergerci nella spiritualità collettiva. Infatti senza questo legame con la fonte del carisma dell’unità non sarebbe possibile vivere sempre con nuovo slancio e forse ci mancherebbero idee e forze.

Gli altri che vivono con me colgono qui, nella normalità della vita di altre persone, questa presenza di Gesù nella comunità e poi ne sperimentano personalmente i frutti, sentendo l’esigenza di una preghiera più profonda e sperimentando una grande gioia interiore.

Wolfgang Schneck