La Chiesa nel Mondo

J. Hanselmann:
una guida ascoltata

Appassionato l’impegno del vescovo evangelico-luterano Johannes Hanselmann per giungere all’accordo nella Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della Giustificazione. Era una figura di grande rilievo nell’ecumenismo mondiale. È stato vescovo a Monaco di Baviera per 19 anni e, dal 1977 al 1990 dapprima vicepresidente e poi presidente della Federazione Luterana Mondiale. Si deve a lui l’avvio di incontri regolari tra membri della Federazione Luterana Mondiale e del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. Questi incontri, divenuti poi annuali, hanno facilitato molto il progresso del dialogo teologico tra le due Chiese. Così lo ricorda nel messaggio alla Chiesa evangelico-luterana, il card. Cassidy, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani.

E il vescovo Walter Kasper, già Presidente della Commissione teologica luterano-cattolica e attuale segretario del Pontificio Consiglio per l’unità dei Cristiani, parla di lui come di un "uomo di grande spiritualità, un ministro di Dio in ascolto di ciò che lo Spirito Santo dice oggi alla Chiesa, profondamente legato alla Parola di Dio, alla tradizione spirituale luterana".

"Un cuore nuovo ed uno spirito nuovo! Proprio questo è necessario per rinnovare le nostre chiese, la nostra società". Così Johannes Hanselmann aveva concluso il suo saluto nella Sala d’oro del Municipio di Augsburg, meno di un anno fa, in occasione del ricevimento offerto dal sindaco Peter Menacher ai 34 vescovi di sei Chiese, riuniti per il loro convegno annuale – su invito del Movimento dei focolari – nella vicina cittadella di Ottmaring.

"Cuore e spirito", due qualità che in lui sovrabbondavano e si esprimevano con un tratto caratteristico: la fraternità.

"Ho un ricordo molto vivo delle sue parole e del suo modo di avvicinarmi. Mi avevano fatto fare una scoperta gioiosa: quella di aver trovato un fratello!". Questa l’esperienza del vescovo di Aachen, Klaus Hemmerle, anni fa, al suo primo incontro con Hanselmann durante l’inaugurazione del Centro Ecumenico di Ottmaring. Una fraternità che con gli anni si è approfondita nella condivisione della spiritualità dell’unità dei Focolari. "Cercavamo nell’altro il fratello, e trovavamo nel e col fratello nientedimeno che Dio stesso che si manifestava in questa fraternità". Con queste parole il vescovo Hanselmann descriveva l’atmosfera dei convegni annuali di vescovi di varie Chiese iniziati da Klaus Hemmerle nel 1982. Tranne alcune interruzioni a causa della salute, dal 1983 Hanselmann vi aveva sempre partecipato.

Più era unito con i fratelli e le sorelle delle altre Tradizioni cristiane, più si faceva acuta in lui l’ansia e l’impegno per la piena, visibile comunione tra le Chiese.

"Resta nel nostro cuore – scrive Chiara Lubich nel telegramma di cordoglio alla signora Ruth Hanselmann e ai suoi 4 figli – la profonda riconoscenza a Dio per il dono che l’amato vescovo Hanselmann è stato per tutti noi e l’ammirazione per il prezioso contributo che Egli ha dato per l’unità".

Joachim Schwind

Storico accordo
tra cattolici e luterani

"Guardate stasera il cielo di Augsburg e vedrete una nuova stella che annuncia un periodo di unità e di amore". Con questo invito carico di speranza il prof. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, il 30 ottobre scorso si è rivolto a 1700 giovani riuniti nella chiesa evangelica di Sant’Ulrich dell’antica metropoli della Svevia. E Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, nella stessa occasione: "Se noi ci amiamo a vicenda, cristiani cattolici e evangelici, allora ad Augsburg inizia la rivoluzione cristiana".

Il seguitissimo incontro dal titolo "Prezioso - io?", promosso dalla cittadella ecumenica di Ottmaring in collaborazione con numerose associazioni giovanili luterane e cattoliche del posto, faceva da contorno alla storica firma della "Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione" avvenuta il 31 ottobre scorso ad Augsburg ad opera della Chiesa cattolica e della Federazione luterana mondiale. Quanto mai significativi la data – l’anniversario della pubblicazione delle 95 tesi sulle indulgenze e festa annuale della Riforma – e il luogo di tale firma: la città di Augsburg (Augusta) nella quale, in occasione della Dieta del 1530, era fallito l’ultimo tentativo di conciliazione fra le parti, attraverso la Confessio augustana; e più precisamente la chiesa evangelica di Sant’Anna, dove Lutero abitò nell’ottobre del 1518 durante i suoi colloqui con il card. Cajetano, quando si preannunciò la rottura della Cristianità occidentale.

Dopo 30 anni di dialogo ufficiale, la Chiesa cattolica e la Federazione luterana mondiale, con la ratificazione di questo documento, hanno dichiarato che non vi è più tra di loro motivo di separazione riguardo alla fatidica questione – "come posso trovare la grazia di Dio?" – attorno alla quale nel sedicesimo secolo era esploso, con imprevedibili conseguenze, il conflitto fra Lutero e la Chiesa cattolica del suo tempo. A distanza di quasi cinque secoli e dopo un approfondito esame dei testi dottrinali delle due Chiese, ad Augsburg si è potuto constatare che, fra cattolici e luterani, esiste un "consenso su verità fondamentali della dottrina della giustificazione" tale da poter dichiarare con tutta l’autorevolezza: "L’insegnamento delle Chiese luterane presentato in questa Dichiarazione non è colpito dalle condanne del concilio di Trento. Le condanne degli Scritti confessionali luterani non colpiscono l’insegnamento della Chiesa cattolica romana come esso è presentato in questa Dichiarazione" (n. 41 della Dichiarazione).

Se le due Chiese per secoli si contrapposero in nome della "fede" e delle "opere", quasi il sola fide dei luterani escludesse l’importanza dell’agire morale o l’attenzione dei cattolici alle buone opere vanificasse necessariamente la salvezza per sola gratia, nella Dichiarazione congiunta si afferma con tutta decisione: "Insieme confessiamo che soltanto per mezzo della grazia e nella fede nell’opera salvifica di Cristo e non in base ai nostri meriti noi siamo accettati da Dio e riceviamo lo Spirito Santo, il quale rinnova i nostri cuori, ci abilita e ci chiama a compiere le buone opere" (n. 15).

Le differenze fra le due Chiese, nella dottrina della giustificazione, non sono con ciò eliminate. Ma si riconosce che esse sono tali da non essere più motivo di reciproca condanna (cf. n. 5). Piuttosto si tratta di diverse spiegazioni di una medesima realtà che sono aperte l’una all’altra (cf. n. 40). A fianco a quanto le due Chiese confessano insieme – e come una spiegazione di ciò – la Dichiarazione riporta punto per punto la caratteristica prospettiva luterana e poi quella cattolica. E questo per ben sette volte, in altrettanti sottocapitoli, che affrontano i principali punti di discordia, primo fra tutti la famosa formula protestante del giustificato come simul iustus et peccator.

Agli occhi di Giovanni Paolo II la firma di questa Dichiarazione rappresenta "una pietra miliare sulla non facile strada della ricomposizione della piena unità fra i cristiani" e quindi "una base sicura per il proseguimento della ricerca teologica ecumenica e per affrontare le difficoltà che in essa permangono con una più fondata speranza di risolverle in futuro" (Parole all’Angelus, 31.10.99). Che occorrerà proseguire nel dialogo ed affrontare le questioni tuttora aperte (rapporto fra Parola di Dio e Magistero; dottrina sulla Chiesa e specialmente sull’autorità, sul ministero e sui sacramenti; ecc.) lo riconosce del resto la stessa Dichiarazione (cf. n.43).

Ma intanto, ad Augsburg, era festa. Dopo le nubi temporalesche della prima mattina, la processione dal duomo cattolico alla chiesa evangelica di Sant’Anna si è potuta svolgere sotto un sole ridente. E più forte del dissenso manifestato da 243 professori di teologia evangelici, e di più timide manifestazioni di disaccordo nelle file cattoliche, era la coscienza che "dopo secoli mettiamo per la prima volta piede sul suolo comune" – come ha detto nella sua omelia il vescovo Christian Krause, presidente della Federazione luterana mondiale. "Non dobbiamo mai più lasciare le mani che tendiamo (oggi) gli uni verso gli altri".

Per l’altro grande protagonista dell’avvenimento, il Card. Edward I. Cassidy, "si è trattato di un vero test: potevamo o no raggiungere un accordo tramite il processo del dialogo ecumenico su una questione così fondamentale?". "Se avessimo fallito – ha proseguito il presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani in un’intervista – sarebbe stato un grande dolore per coloro che lavorano nel movimento ecumenico. Invece, possiamo dire: sì, siamo stati in grado di giungere ad un consenso; possiamo fare in modo che sia ricevuto ufficialmente dalle nostre Chiese".

Quanto ai due segretari generali, il rev. Ismael Noko della Federazione luterana mondiale e il vescovo Walter Kasper del Pontificio Consiglio per l’unità, ha parlato più di tutto il loro spontaneo abbraccio, fuori programma, subito dopo la firma, fra lo scrosciante ed interminabile applauso dei presenti. Ma vale la pena portare con noi, nel grande viaggio ecumenico, anche le coraggiose parole pronunciate nella chiesa cattolica di Sant’Ulrich da Mons. Kasper, durante i Vespri ecumenici alla vigilia, alla luce del brano di Ez 11, 17-20: "Ogniqualvolta noi assolutizziamo delle realtà create, ogniqualvolta noi assolutizziamo delle intuizioni di per sé giustificate, si cade nell’idolatria. Anche affermazioni dottrinali delle Chiese, che sono pur vere ed importanti e che dobbiamo mantenere, possono diventare idoli quando non vengono più intese come indicatori e come rappresentazione del Mistero di Dio ma diventano fine a sé, idolo, feticcio, grido di battaglia".

Ad Augsburg, dopo i travagli del percorso, ha trionfato il coraggio dell’unità. E chi vi è stato presente in prima persona ne è rimasto segnato.

H. B.

 

Indulgenze:
tema centrale e delicato

Nella Sala stampa della Santa Sede è stata presentata la 4a. edizione dell’Enchiridion indulgentiarum. Oltre a riaffermare la dottrina e le forme tradizionali riguardanti le indulgenze, l’occasione ha dato modo di constatare la tensione in atto nella Chiesa cattolica ad essere, anche in questo campo, attenti alle esigenze del Vangelo e del nostro tempo.

Uno degli elementi che lo dimostrano è, ad esempio, l’evidenza che si è voluto dare nella conferenza stampa alle tre possibilità di indulgenze di carattere generale già presenti nell’Enchiridion promulgato da Paolo VI: esse possono essere ricevute dal fedele che 1) nel compiere i suoi doveri e nel sopportare le avversità della vita innalza con umile fiducia l’animo a Dio, aggiungendo, anche solo mentalmente, un’invocazione; 2) con spirito di fede e con animo misericordioso pone se stesso o i suoi beni a servizio dei fratelli in necessità; 3) in spirito di penitenza si priva spontaneamente e con suo sacrificio di qualche cosa lecita.

In questa nuova edizione – si è rilevato ancora – ne è stata aggiunta una quarta: chi dà una pubblica testimonianza della propria fede in determinate circostanze della vita di ogni giorno, quali la partecipazione frequente ai sacramenti, l’inserimento nelle forme comunitarie di espressione della fede e dell’evangelizzazione, l’annunzio, con la parola e con l’esperienza, della vita cristiana a chi è lontano dalla fede.

La dottrina e la prassi delle indulgenze non vuole in fondo altro che rinnovare quella continua conversione e quel continuo processo di santificazione, a cui tutti siamo chiamati. Perciò ogni cattolico è invitato, già dal proemio dell’Enchiridion, a "informare allo spirito cristiano le azioni di cui è intessuta la sua vita, ed a cercare la perfezione della carità nelle sue ordinarie occupazioni".

Un altro esempio. Oltre alle consuete forme di devozione (pellegrinaggi a luoghi santi della cristianità, preghiera in certe chiese ed a certe condizioni, ecc.), sono segnalate come mezzi per "l’indulgenza plenaria" altre due dimensioni fondamentali: le opere di misericordia e quelle di penitenza. Però è da notare - e ciò ha trovato vasta eco nei mezzi d’informazione - le esemplificazioni orientative con cui si illustrano tali opere.

Tra le prime (che oggi, oltre che di misericordia, si tende a riconoscerle come opere di solidarietà e di giustizia), quella di recarsi "a rendere visita per un congruo tempo ai fratelli che si trovino in necessità o difficoltà (infermi, carcerati, anziani in solitudine, handicappati, ecc.), quasi compiendo un pellegrinaggio verso Cristo presente in loro (cf Mt 25, 34-36)"; sostenere con un significativo contributo opere di carattere religioso o sociale (in specie a favore dell’infanzia abbandonata, della gioventù in difficoltà, degli anziani bisognosi, degli stranieri nei vari Paesi in cerca di migliori condizioni di vita); dedicare una congrua parte del proprio tempo libero ad attività che rivestono interesse per la comunità.

Tra le seconde, si punta a non fare opere di penitenza solo autoreferenziali e individualistiche: "l’indulgenza plenaria giubilare potrà essere acquistata anche mediante… l’astenersi almeno durante un giorno da consumi superflui (per es. dal fumo, dalle bevande alcoliche, digiunando o praticando l’astinenza…) e devolvendo una proporzionata somma in denaro ai poveri".

Vorremmo segnalare ancora, per chi legga le riflessioni teologiche con cui l’Enchiridion fonda la pratica delle indulgenze, quanto esse cerchino di muoversi entro una visione della fede, della storia, del ruolo della Chiesa nel mondo, informata dai venti nuovi che nella Chiesa cattolica soffiano a partire dal Vaticano II. Anche chi abbia difficoltà ad accettare la realtà delle indulgenze, non può non avvertire questa direzione e, in questo senso, rallegrarsi. Si avverte da più parti lo sforzo di presentare l’Anno Santo come una proposta di vita a tutto tondo.

Si trova in ciò un’indicazione fondamentale per pastori e comunità, valida in tutti gli ambiti della Chiesa: mentre si continuano a ripensare, approfondire, aggiornare le forme del passato, è sempre possibile rivitalizzare anche le pratiche più tradizionali, cercando di ancorarle al Vangelo, ad un cristianesimo il più genuino possibile, e quindi facendo sprigionare da esse una chiara valenza comunitaria e sociale.

a cura della redazione

 

Ecclesia in Asia

Nell’Esortazione apostolica Ecclesia in Asia il Papa ricorda che proprio in questo Continente Gesù è nato, morto e risorto. Ed è davvero un mistero – scrive il Papa – che qui egli sia rimasto fino ad oggi largamente sconosciuto. Ma Giovanni Paolo Il nutre la speranza che nel prossimo millennio l’Asia sarà terra di una messe abbondante. Per questo l’evangelizzazione deve essere una priorità assoluta per queste Chiese.

Come annunciare il Vangelo in Asia?

Gli abitanti di questo Continente, culla delle più grandi religioni, hanno un intenso desiderio di Dio e posseggono grandi valori spirituali come la contemplazione, l’umiltà, il silenzio, l’armonia, la semplicità. I padri sinodali hanno osservato che proclamare Gesù quale unico Salvatore può presentare particolari difficoltà nelle culture asiatiche, per le quali ci sono molteplici manifestazioni del divino che mediano la salvezza. Il Papa precisa che la salvezza giunge per grazia anche per quanti non professano esplicitamente la fede in Gesù. E lo Spirito sparge costantemente semi di verità e di bene fra tutti i popoli e nelle loro religioni e culture. Lo Spirito assume un ruolo di preparazione all’accoglienza di Gesù che esplicitamente deve essere proclamato come il solo ed unico Salvatore. Ogni persona ha infatti il diritto di udire la Buona Novella di Dio che rivela e dona se stesso in Cristo. La Chiesa proclama tutto ciò, rispettando la libertà di ogni persona dal momento che la fede richiede sempre una libera risposta da parte dell’individuo.

I diversi modi dell’annuncio

C’è un approccio asiatico, una pedagogia per introdurre le persone passo dopo passo alla piena appropriazione del mistero di Cristo. Così c’è un linguaggio adatto che inizialmente può presentare Gesù come Maestro di Sapienza, il Guaritore, l’Illuminato, l’Amico compassionevole dei poveri, la Guida spirituale. Gli aspetti dell’evangelizzazione quali la testimonianza, il dialogo, l’annuncio, la conversione, l’integrale sviluppo umano possono procedere come a tappe. È legittimo proporre gradualmente Cristo, ma alla fine è la completa verità su Gesù che deve essere annunciata e l’accettazione della fede da parte di una persona deve basarsi su una comprensione certa di Gesù. Il Papa a questo punto sottolinea l’importanza dell’autonomia delle Chiese orientali cattoliche, sempre in comunione con la Chiesa universale, nel percorrere le vie dell’evangelizzazione.

Gli evangelizzatori

L’Asia crede più ai testimoni che ai maestri, più alla santità della vita che agli argomenti intellettuali. Per questo il Papa esorta tutti i cristiani a dare un’esemplare testimonianza dell’amore di Dio. E cita madre Teresa di Calcutta. La Chiesa in Asia è molto attiva nel campo sociale e opera a favore degli emarginati, i diseredati, gli ultimi. Nello stesso tempo, proprio per parlare con il linguaggio asiatico, il cristiano deve imparare ad essere sempre di più un contemplativo, una persona di preghiera. Il futuro della missione – scrive con forza il Pontefice – dipende in grande misura dalla contemplazione. Un fuoco infatti non può essere acceso che mediante qualcosa che sia esso stesso infiammato.

La promozione sociale

In Asia milioni di persone soffrono discriminazione, sfruttamento, povertà ed emarginazione. Le principali vittime appaiono soprattutto le donne, i bambini, le popolazioni indigene. La Chiesa si fa voce per i senza voce, voce di libertà e di pace e offre per questo la sua collaborazione a tutte le altre religioni e a tutte le persone di buona volontà. Il Papa nota comunque che il cittadino asiatico sta diventando sempre più cosciente della propria dignità e opera sempre di più per cambiare le strutture ingiuste.

Gli appelli finali

Lancia poi una serie di appelli: per la libertà religiosa, in particolare in Cina, dove i fedeli cristiani offrono una testimonianza silenziosa ed eroica sotto le persecuzioni. Per la pace in Terra Santa. Per la fine delle sofferenze in Iraq, dove continuano a morire tante vittime innocenti soprattutto tra i piccoli a causa dell’embargo. Per la riduzione o la cancellazione del debito estero e per una campagna contro la corruzione di chi gestisce il potere. Contro l’incremento degli arsenali di armi di distruzione di massa definito immorale. Per una globalizzazione economica nella solidarietà. Per la pace nel mondo, perché la Chiesa è fermamente convinta che la guerra non solo non risolve i problemi umani, ma li moltiplica.

In Asia come ovunque la Chiesa, a imitazione del suo Maestro, annunziando la Buona Nuova, si pone a servizio della persona umana.

S. C.