La diffusione dell’Ideale dell’unità al di là dell’Europa inizia in America Latina nel ‘58. Ecco il racconto, che ha i connotati di una vera avventura, vissuta in prima persona da una delle prime compagne di Chiara Lubich.

 

È un sacerdote che promette a Chiara che in America latina avremmo trovato casa, lavoro, tutto; invece non sarà per nulla così. Ma l’arcivescovo di Trento – dal quale andiamo per chiedere la sua benedizione – ci assicura quella di Dio: "Se io che sono un povero uomo - ci dice- vi do di cuore la mia, pensate quanto più grande ve la dà il Signore!". E così è stato.

Un altro momento, altrettanto importante prima di partire, è un viaggio con Chiara ed alcuni focolarini e focolarine a Lourdes. In quel Santuario, dopo quanto Chiara ci ha detto con tanta sapienza, raggiungendo la grotta di Massabielle è come se Maria stessa ci consegnasse – come ai missionari – il Crocefisso vivo, Gesù quando grida: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?".

E Chiara ci ha appena detto che la misura della nostra fedeltà a Lui, sarà l’unità tra noi per l’amore scambievole. E ce lo ribadisce scrivendo che ovunque saremo a casa, se meriteremo la Sua presenza in mezzo a noi, mentre anche in patria siamo stranieri se Cristo non è tra noi.

Con questa consegna partiamo l’ultima domenica d’ottobre, quando la Chiesa nella liturgia della messa ci mette sulle labbra "chiedimi e ti darò in eredità tutte le genti fino ai confini della terra" (Sal 2,8). La stessa preghiera che anni addietro in quello stesso giorno Chiara ha fatto con noi prime focolarine. Ricordo d’aver avuto allora forte l’impressione che era Gesù in Chiara che chiedeva ciò al Padre. Per cui, tornando a casa nel primo focolare a Trento in Piazza Cappuccini, quella cucina, quelle stanze era come se non avessero né pareti né soffitto. Dentro di me quella casa aveva preso le dimensioni del mondo.

Recife: la prima comunità

Partiamo. I nostri posti erano già fissati sul transatlantico Andrea C, ma grazie alla pubblicità d’una compagnia aerea sulla nostra rivista "Città nuova" alla fine viaggiamo - quali figli d’un Padre-Amore - in aereo. Certo non è un boeing, bensì un quadrimotore che fà tantissimi scali per rifornirsi, anche all’Isola del Sale in mezzo all’Atlantico. La prima tappa è Recife, dove non ci aspetta nessuno, anche se prima di partire abbiamo inviato una cartolina a due sacerdoti conosciuti anni addietro a Roma ma che poi non si erano più fatti vivi.

Mentre scendiamo dalla scaletta dell’aereo vediamo un gruppo festoso che saluta e saluta, ma solo quando ci chiamano per nome ci rendiamo conto che sono lì proprio per noi!

Ciò che è avvenuto a Recife in quei giorni, prolungatisi per quasi due mesi, si spiega solo come risposta di quel Dio-Amore al quale con Chiara ci eravamo consacrate e al quale lei aveva chiesto "tutte le genti fino agli ultimi confini della terra". Non abbiamo sosta, dalla mattina alla sera è un susseguirsi di incontri personali e con gruppi. Ognuno di noi va in posti diversi e raccontiamo sempre la nostra storia... "erano i tempi di guerra e tutto crollava... ma c’è un Ideale che non passa e quest’Ideale è Dio che è Amore - ripetiamo - ed è appunto Lui-Amore che abbiamo scelto... o meglio Lui ha scelto noi...". Questa storia detta e ridetta, senza conoscere la lingua del posto, senza traduzione, fa breccia, e diventa un invito a scegliere Dio-Amore anche in parrocchie e associazioni, in scuole ed università dove con gli studenti anche i professori si mostrano interessati, come pure, negli ospedali, gli ammalati e i medici. E piovono inviti dalle famiglie sia ricche e facoltose che povere.

L’appuntamento quotidiano – per un tacito accordo – è alla messa nella chiesa di sant’Antonio, dove la gente viene a cercare "gli italiani che parlano di Dio" e lì si prendono accordi. Nell’ampia e signorile villa che ci accoglie, circondata da un incantevole parco – che ormai tanti chiamano focolare – è un andirivieni di gente, e c’è pure chi prende nuove decisioni.

Dobbiamo presentarci al vescovo per mettere nelle sue mani ciò che è fiorito nella sua Chiesa. E lui, che cammina a stento colpito da una malattia mortale, ci accoglie a braccia spalancate e, senza chiedere alcuna presentazione ufficiale, ci benedice assicurandoci che l’Ideale da noi portato è quello dei nostri tempi e prima o poi fiorirà ovunque nel mondo. Vuole che ci fermiamo finché non avremo suscitato un gruppo che porti avanti la nuova vita. E con lo stesso tono profetico afferma che Chiara verrà varie volte in America perché "c’è bisogno di lei", e ci confida che quanto è avvenuto a Recife non è dovuto all’ambiente recettivo e aperto ma "è un fatto straordinario, perché mai è accaduto qualcosa di simile".

Prima di continuare con le altre tappe di questo viaggio, desidero raccontare quanto ci è accaduto nel volo di ritorno verso l’Italia. Infatti la nostra compagnia aerea non doveva fare scalo a Recife, ma noi, quali spettatori riconoscenti a Dio per simile vendemmia in quella città, abbiamo chiesto questa tappa all’Onnipotente. E che cosa succede? Dopo poche ore di volo si brucia uno dei quattro motori e viene annunciato uno scalo tecnico a Recife!

Anche se arriviamo nel cuore della notte, ci basta telefonare a uno dei nostri nuovi amici, perché immediatamente tutti siano avvisati; e sale e salotti dell’albergo di prima classe, che ci ospita a spese della compagnia aerea, si riempiono di gente di tutte le età, poveri e ricchi con tanto stupore dei passeggeri e dell’equipaggio. Realmente un buon viaggio – come il nome dell’albergo: "Nossa Senhora da boa viagem" – perché è Maria che ci fa fermare tre giorni e mezzo mentre si ripara l’aereo, giusto il tempo perché in alcune giovanette e giovani si maturi un proposito che pare un sogno. Ma nulla è troppo difficile per loro. Ottengono permessi e racimolano denaro vendendo oggetti preziosi, corredi da sposa, di tutto; e per una gara di generosità di tutta la comunità, riescono nell’impresa. Ci raggiungono in Italia alla Mariapoli che nel ‘59 per l’ultima volta si svolge a Fiera di Primiero. Così si rendono conto dove "Nossa Senhora" li ha portati.

Rio de Janeiro: la luce avanza

Riprendiamo dunque il nostro cammino. La nuova tappa è Rio de Janeiro. Un’esperienza diversa di quel Dio-Amore che mai si ripete, ma che costantemente ci benedice. Incontriamo difficoltà d’ogni genere, e mi rivedo in fila con le operaie d’una fabbrica a prendermi un pasto più che frugale. Intanto all’abbazia di San Benedetto convergono industriali e operai, giornalisti e insegnanti e tante persone assetate di conoscere l’Ideale che ci ha spinti al di là dell’Atlantico. Ed è forse perché uno di questi giornalisti ha colto nel più profondo di sé la storia dei tempi di guerra che sempre ripetiamo che, a nostra insaputa, la pubblica sul più noto giornale di Rio: "Un’esperienza arrivata in questi giorni fino a noi, un invito in forma piana, mariana, ma convincente". E pochi giorni dopo sullo stesso giornale troviamo un invito: "Incontro del Movimento dei focolari con gli intellettuali di Rio". Prima di partire ci troviamo in un’elegante sala a raccontare la divina avventura di Lui in mezzo a noi.

San Paolo

Ma forse l’esperienza più bella ci attende a San Paolo. Se finora tutto è stato fantastico e imprevedibile, qui invece coviamo una certezza quasi matematica: quella di trovare finalmente il sacerdote che ha dato a Chiara ogni assicurazione per una confacente nostra sistemazione.

Ma all’aeroporto, guarda guarda, proprio non c’è. E giacché non vogliamo la maledizione dell’"uomo che confida nell’uomo", non ci è difficile riabbandonarci come bambini nelle braccia di quel Dio che abbiamo sperimentato Amore: in tanta pace, posiamo le valigie a terra e, sedute su una panchina, tiriamo fuori scritti di Chiara per far meditazione. Grazie a Gesù in mezzo a noi anche quel rumoroso aeroporto diventa la nostra casa, la nostra chiesa. E per far tutta la nostra parte sfogliando l’agenda troviamo l’indirizzo d’un padre scalabriniano conosciuto a Roma col quale però da cinque anni non abbiamo più contatto, e ugualmente gli telefoniamo. Felice del nostro arrivo, non frappone tempo per venirci a prendere con la sua jeep.

Uruguay

Lo strumento del Signore per portar la nostra vita in Uruguay ed oltre è P. Richard, fondatore del Movimento Familiare Cristiano, che per l’Epifania del ’59 ha indetto a Montevideo un congresso al quale partecipano insieme a numerose coppie di sposi e fidanzati un centinaio di sacerdoti e molti vescovi. Il padre – che a Roma si é incontrato con Chiara – vuol farci conoscere e invita Marco – già in apertura del congresso – a raccontare la storia dei tempi di guerra, quella che sempre raccontiamo e che come sempre fa breccia. Molti chiedono di sapere di più e sacerdoti e vescovi ci invitano nei loro ambienti. Un vescovo del Paraguay ci invita ad Asunción, un sacerdote di Córdoba al congresso eucaristico che si terrà nella sua città, il vescovo di Montevideo ha già programmato parecchi incontri con i suoi. Ci sembra non a caso che quel giorno la Chiesa festeggi l’Epifania; a noi pare un’epifania dell’Opera di Maria in Ispanoamerica.

Argentina

Un altro sacerdote, che abbiamo conosciuto durante i suoi studi a Roma e al quale é stata assegnata la parrocchia della cittadina di Santa Maria sulle pre-Ande, ci invita in Argentina. Egli é rimasto unito al Movimento, facendolo conoscere anche ad altri attraverso "Città nuova" che traduce in spagnolo.

E sarà ancora lui che Chiara avvertirà nel ‘61 quando invia Marita e me ad aprire il focolare a Buenos Aires: il primo in Ispanoamerica. Simpatica l’avventura nel presentarci al cardinale della metropoli per avere la sua approvazione. Anche se abbiamo un po’ di batticuore, perché a Roma siamo ancora sotto studio, più forte è la certezza della benedizione di Dio. Subito vuol sapere da dove veniamo e sentendo che tutte e due siamo trentine, comincia a parlarci con entusiasmo d’un gruppo di friulani stabilitisi a Buenos Aires, e continua, continua a darci particolari di questa brava gente. Pur rendendoci conto che ci crede friulane, non troviamo spazio per fargli presente il suo errore geografico, che il Trentino e il Friuli sono vicini sí, ma non la stessa cosa. Ma, l’udienza è finita! E con grandissima gioia nostra ci benedice, e salutandoci domanda: "Ma come si chiama questa vostra Opera?". Di essa non avevamo detto una parola! "Movimento dei Focolari o Opera di Maria". E lui: "Bene, bene: qui siete Opera di Maria".

Diversa l’avventura per trovar casa a Buenos Aires. Non possiamo infatti continuare ad invadere con i nostri nuovi amici il soggiorno delle signorine che ci hanno ospitate sì, ma offrendoci una stanza a due letti. La difficoltà nell’affittare un appartamento è che bisogna versare una grossa somma iniziale a fondo perduto, secondo l’usanza del posto. E sono questi nuovi amici a farlo: modeste insegnanti, impiegate, studenti che chiedono un prestito e per ammortizzarlo si impegnano a versare mensilmente una quota del loro stipendio. Così con la casa – sulla generosità di questa gente – nasce qui la prima comunità dell’Opera di Maria.

Dopo un viaggio a Santa Maria indimenticabile per i sacrifici superati con amore dal parroco, la vendemmia spirituale è così abbondante che Chiara – contrariamente a quanto stabilito iniziando l’anno – decide di aprire a Buenos Aires anche il focolare maschile. Gioia ed emozione per il significato profondo del prossimo arrivo di Vittorio Sabbione, uno dei primi focolarini.

Strategia evangelica

Intanto una grazia particolare il 24 marzo, vigilia dell’Annunciazione. Con alcune giovanette appena conosciute, meditiamo lo scritto di Chiara: "Una città non basta". Ogni parola è luce, fuoco, "stabiliamo tra noi un patto... ci promettiamo amore perpetuo e constante cosicché il Conquistatore del mondo sia sempre in mezzo a noi e ci sia condottiero... prendiamo le misure della città", dividendo su una cartina la metropoli in cinque parti "per lievitarla e minarla con l’amore", e giacché siamo in dieci ne affidiamo ciascuna parte ad un "manipolo" di due, "promettendo d’incontrarci per comunicarci l’esperienza che nasce dalla vita".

È una tappa indimenticabile, suggellata il giorno dopo alla messa nella nostra parrocchia di Nuestra Señora de los Buenos Aires, illuminata a festa perché si celebra uno sposalizio di gala. Siamo subissate dalla grandezza e larghezza, dalla profondità e altezza di quel Dio-Amore che ci ha scelte. "Ma con un Dio che ci visita ogni mattina se vogliamo – continua lo scritto di Chiara – una città è troppo poco", anche se ha parecchi milioni di abitanti come Buenos Aires... "con Lui miriamo più lontano, al mondo".

Ho ancora negli occhi quello schedario rosso, piccolo piccolo, che conteneva gli indirizzi di poche persone ma di tutti i paesi dell’America spagnola. Così da Buenos Aires teniamo contatti con tutti scrivendo e facendo anche viaggi.

Agli inizi del ‘63 si apre il focolare a Montevideo e quanta vita, quante Mariapoli in Uruguay e, sempre partendo da Buenos Aires, anche in Paraguay.

Cile, Bolivia, Perù, Colombia...

Nel ‘67 su invito di mons. Valdés, Chiara ci dice di iniziare un focolare in Cile, dove ancor nel primo viaggio del ‘59 il seme era stato gettato a Santiago. Ma questa volta il vescovo lo desidera nella sua diocesi ad Osorno, molto lontano, nel sud del Paese. Siamo così poche che oso chiedere ad una giovanetta non ancora diciottenne che desidera seguire la strada di Chiara,– ora infatti è una delle responsabili in Argentina – se ha il coraggio d’avventurarsi a vivere per meritare Gesù in mezzo con una focolarina al di là delle Ande. Più tardi è il vescovo stesso che capisce l’opportunità di trasferire il focolare a Santiago nella capitale.

In quegli anni si raggiunge pure la Bolivia e il Perù. Quando arrivo a Lima, dopo una forte scossa di terremoto, è Anna che viene a prendermi all’aeroporto. Dopo un susseguirsi di tanti incontri due giovanette fan cadere un bigliettino nel pozo del pedido, nel quale santa Rosa aveva gettato la chiave del suo cilizio per non toglierselo mai più. Nel bigliettino hanno chiesto il focolare a Lima, perché si dice che la patrona – assieme a san Martin de Porres – di quella storica città ottiene tutte le grazie che si indicano in quel miracoloso pozzo. E se quelle ragazze hanno atteso, non son rimaste certo deluse dall’intercessione della santa!

Nel ‘72 Chiara decide di aprire un focolare in Colombia a Bogotá e da lì tanti viaggi in Ecuador e Venezuela. Di quegl’inizi ho viva un’esperienza: mentre gli orari delle suore che ci ospitano sono confacenti a custodire le educande, non lo sono affatto per noi che ci sentiamo bruciare dall’ansia dell’ut omnes, dal desiderio d’incontrarci a tutte le ore con tante persone. E giacché il prezzo degli affitti è elevatissimo, con la fede dei piccoli, chiediamo al "Padre nostro che é nei Cieli" di comperarci una casa! Arriva provvidenzialmente una grossa somma per l’anticipo d’una bella casa spaziosa a due piani con giardino davanti e dietro. Ed è la garanzia di due noti religiosi che incoraggia il proprietario – assai dubbioso sulla nostra possibilità di versare mensilmente considerevoli rate per due anni – a consegnarcela subito. Egli non crede ai suoi occhi quando dopo 15 giorni gli versiamo la grossa somma che copre tutto il debito! Siamo sommerse dall’Amore di quel Padre che "ha contato i capelli del nostro capo". Sono ormai passati molti anni e in tutto questo tempo quanto spessore di vita nei focolari, nei centri Mariapoli, nelle Cittadelle del Movimento! E poi quanti focolarini e focolarine latino-americani che sono responsabili anche in altre nazioni nel mondo, come in Tailandia, Irlanda, Giappone, Canada.

Realmente la benedizione di Dio ci ha accompagnati ovunque, come ci aveva assicurato il vescovo di Trento; la profezia dell’arcivescovo di Recife ci sembra avverata; ed è tutto "Opera di Maria", come la Chiesa aveva voluto dandoci la sua approvazione con le parole del cardinale di Buenos Aires.

Lia Brunet