Il capolavoro di d. Silvano

 

P. Andrea Balbo ofm, chiamato anche p. Novo, è stato tra i primi religiosi a far propria la spiritualità dell’unità, ravvisando in essa uno strumento provvidenziale per il rinnovamento della vita religiosa, in fedeltà al carisma dei diversi fondatori. Come religioso, in seno al Movimento dei focolari sin dagli anni ’50 fu in stretti rapporti con d. Silvano e assistette da testimone privilegiato allo sviluppo delle branche sacerdotali dell’Opera di Maria.

 

Ho conosciuto d. Silvano nella Mariapoli di Fiera di Primiero nel 1956 e da allora sono stato in rapporto con lui perché egli desiderava far parte del gruppo di sacerdoti diocesani e religiosi che vivevano la spiritualità dell’unità.

Silvano allora lavorava a Torino in una specie di città per ragazzi abbandonati, un ambiente molto difficile. Era un tipo energico, deciso, di volontà. Si era dato a questo lavoro con molto impegno e voleva raggiungere lo scopo.

Con questi ragazzi lavorava anche il dott. Egidio Santanchè, medico focolarino, che aveva richiesto d. Silvano co­me assistente spirituale.

 Quando sono andato a Torino ho avuto la possibilità di rendermi conto dell’ambiente in cui i due operavano. Silvano, appena conosciuto l’Ideale dell’unità, ne aveva subito colto la portata anche per questo lavoro. Se prima per ottenere risultati si era affidato alle sue conoscenze di psicologia e al suo agire fatto di fermezza e decisione, pian piano è diventato più dolce e comprensivo e ha cercato di muoversi in unità col medico focolarino secondo lo spirito dell’Opera di Maria. E con questo stile basato sull’amore i due raccoglievano frutti antecedentemente im-pensabili.

Comunione fra sacerdoti e religiosi

Intanto venivano in luce i primi sacerdoti che volevano vivere la spiritualità dell’unità, come Enrico Coccolo e Adolfo Raggio – per nominarne solo due. Ogni tanto questi, assieme anche a vari religiosi, si riunivano con il Movimento per alimentare questa vita di comunione. Silvano partecipava con grande impegno ed era molto deciso in questa nuova via, direi drastico, tanto da essere una vera colonna nel nostro gruppo.

Allora le risorse economiche, come si sa, erano molto povere. Si viveva di provvidenza e noi religiosi non avevamo niente per aiutare il nascente Movimento. Rimasi colpito al vedere come Silvano ricevesse uno stipendio mensile di 22.000 lire e me ne consegnasse puntualmente 20.000. Ogni volta io mi chiedevo come facesse a vivere con sole 2.000 lire!

Il Movimento dei focolari sotto studio

In quei tempi per i vescovi non era chiaro come mai dei sacerdoti partecipassero a un Movimento laico e per di più con a capo una donna. Erano momenti difficili perché la nostra posizione usciva dagli schemi tradizionali.

Un giorno si riunì la Commissione centrale della Conferenza episcopale italiana per chiarire la posizione dei sacerdoti e religiosi col Movimento dei focolari. In quella riunione il card. Montini, allora arcivescovo di Milano, lesse a tutti una lettera di Igino Giordani per testimoniare come lo spirito dell’Opera di Maria promuovesse tanto bene, coinvolgendo anche i laici in una vita più impegnata nella Chiesa.

Questa lettera fece un grande effetto sui presenti tanto che nessuno di loro sostenne ancora di portare avanti il discorso sui focolarini. Così la riunione si sciolse senza prendere decisioni al riguardo.

In seguito, però, il segretario della Conferenza episcopale italiana diramò una comunicazione che raccomandava ai vescovi di tenere i loro sacerdoti lontani dai focolarini, perché il Movimento era ancora sotto studio.

Per noi religiosi la situazione era un po’ diversa, perché i nostri generali – dei Gesuiti, dei Minori, dei Conventuali – e la Congregazione dei religiosi in Vaticano si mostravano più aperti e favorevoli. Il P. Arcadio Larraona, clarettiano, allora segretario della Congregazione, aveva detto al nostro gruppetto di andare avanti con serenità: i sacerdoti diocesani – spiegò – obbediscano ai loro vescovi e voi obbedite ai vostri superiori e alla Congregazione dei religiosi.

Nasce nel Movimento il ramo dei sacerdoti diocesani

Di fronte a queste vicende i sacerdoti e i religiosi furono profondamente provati e selezionati. Così quelli che erano più fortemente toccati dalla luce del carisma dell’unità, avevano la profonda convinzione personale di trovarsi di fronte ad un’opera di Dio. Silvano fu uno di questi, credo il primo.

Fu in quegli anni, verso il 1964, che egli fu invitato a Roma per una serie di trasmissioni alla Radio Vaticana sui Padri della Chiesa. Iniziò allora la traduzione e poi la pubblicazione delle Lettere di san Girolamo che ebbero un gran successo. Trasferitosi a Roma d. Silvano diede vita da solo a quello che sarebbe poi diventato il primo focolare sacerdotale, dove convenivano regolarmente i sacerdoti diocesani più impegnati a vivere la spiritualità dell’unità.

Si profilava così, in seno al Movimento dei focolari, la distinzione tra i religiosi e i sacerdoti diocesani. Naturalmente io avvertii il colpo. Dopo essere cresciuti per anni insieme, mi chiedevo: e adesso come ci muoviamo? Fu un distacco per me duro e inatteso.

La caratteristica fondamentale di d. Silvano è stata la fedeltà allo spirito del carisma, sempre unito alla fonte. In questa situazione egli è stato una persona veramente capace e tanto determinata. A volte mi sembrava che fosse duro nel mostrare la necessità della distinzione tra religiosi e sacerdoti diocesani, ma in realtà era alla ricerca per scoprire il disegno di Dio. Doveva portare avanti la sua parte in maniera seria, perché fintanto che si restava tutti insieme, si rischiava di rimanere nell’indeterminazione e forse anche di creare confusione, perché i sacerdoti diocesani e i religiosi hanno nella Chiesa una posizione giuridica diversa.

Oggi, guardando come Dio ha condotto le cose, posso riassumere in poche parole quello che Silvano è stato accanto a Chiara durante tutti questi anni, in cui nell’Opera di Maria si è andata stagliando la branca dei sacerdoti diocesani, che poi si è distinta in sacerdoti focolarini, volontari e gens per i seminaristi, e attorno il più vasto Movimento sacerdotale.

In piena unità con Chiara e d. Foresi, egli ha dato vita a quello che è, secondo me, il suo capolavoro: ha saputo formare all’Ideale dell’unità una schiera enorme di sacerdoti diocesani inserendoli nell’Opera di Maria senza però staccarli dalle loro diocesi, anzi rendendoli ancor più autentici preti diocesani: legati all’Opera e tra di loro, fonte di unità tra gli altri preti nelle diocesi. Conducendoli ad essere membri dell’Opera di Maria, li ha resi più “Chiesa” con frutti che continuano a moltiplicarsi e a riversarsi sulla Chiesa e sul Movimento.