Esistenza
sacerdotale
di mons. Klaus Hemmerle
Riportiamo qui alcuni stralci di una conferenza
che l’allora vescovo di Aquisgrana, Klaus Hemmerle, ha
tenuto a metà degli anni ’80 davanti ai vescovi dell’Austria: essere sacerdote
significa saper assumere e offrire al Padre, ad immagine di Gesù crocifisso,
tutto ciò che sa di dolore e di negativo, per sprigionare lo Spirito e giungere
alla realtà del Risorto che vive in mezzo ai suoi.
Vorrei comunicare con semplicità che cosa
significa per me essere sacerdote. Interiormente, il mio posto è essere al
contempo presso il Signore crocifìsso e presso il Risorto in mezzo ai
discepoli, due dimensioni per me intimamente connesse.
L’atto fondamentale della mia vita e del mio ministero
sacerdotale è dire insieme a Gesù: «Abbà, Padre!». Voglio essere radicato là
dove è lui. Ed egli, essendo crocifisso, è all’estremo
limite, all’ultimo confine.
Nella massima distanza dal
Padre, nello spogliamento di sé fino alla donazione totale, in quella kenosi
che trova espressione nella preghiera del Sal-mo 22: è là che egli si trova, là
dove Dio è più lontano che mai. Ed è là che egli dona lo Spirito e che
egli si rivolge al Padre. Dovunque vado, il mio
compito è dunque quello di guardare in faccia alle difficoltà, ai problemi,
agli abbandoni, e di scoprire lui in tutto ciò, per dirgli: «Sì, Tu hai
accettato tut-to questo», e unirmi così al suo «Abbà, Padre!».
E in quello stesso «Abbà, Padre!», mi rivolgo a chi ho di
fronte. «Può darsi – gli dico dentro di me – che io non ti possa
ammettere alla comunione eucaristica; che non pos-sa farti capire perché il
Vangelo o la Chiesa ti chiedono questa o quest’altra cosa; che io non riesca a
farti scoprire che Gesù Cristo è la risposta alle tue domande. Ma sono convinto
che egli ha accolto in sé proprio questo tuo buio,
questa tua distanza da te stesso e da lui».
Rivolgendomi assieme a Gesù al Padre, mi rivolgo dunque contemporaneamente a
quanto dentro di me, fuori di me e attorno a me rimane enigmatico, a quanto
risulta contrastante, a tutto ciò che sa di abisso.
Tutto ciò – questo mi è dato di conoscere – è in
qualche modo contenuto in lui. E così assieme a lui mi
apro alla realtà della comunione e forte di lui suscito questa comunione che ci
apre l’uno all’altro e pone lui stesso al centro.
In breve: essere sacerdote per me significa stare davanti al Padre
assieme al Figlio che dai confini del mondo e della storia e dell’umanità si
offre a lui, assumendo in sé ogni cosa e generando così, per mezzo del suo
Spirito, comunione.
Mons.
Klaus hemmerle