La scoperta di Gesù abbandonato

di Natalia Dalla piccola

 

Natalia Dallapiccola, è la prima compagna di Chiara Lubich. Con un linguaggio cristallino, racconta i primi passi della scoperta di Gesù abbandonato, punto centrale della spiritualità dell’unità.

 

Mi è stato chiesto di dire qualcosa su come abbiamo capito Gesù abbandonato nei primi tempi del Movimento dei focolari.

Eravamo un cuor solo con Chiara nel vivere insieme il Vangelo. Sì, perché Dio si era manifestato Amore e a lui volevamo rispondere col nostro amore. Perciò vivevamo le parole del Vangelo.

Quando abbiamo scoperto la preghiera del Testamento di Gesù: «Padre, che tutti siano uno come io e te», ci siamo chieste come avremmo potuto vivere questa unità, perché ci sentivamo chiamate a realizzarla.

Un giorno Dori, una delle prime compagne di Chiara, si è ammalata e, poiché desiderava ricevere l’Eucaristia, Chiara ha accompagnato da lei un sacerdote perché gliela portasse.

Questo sacerdote ha chiesto a Chiara quale le sembrava il dolore più grande di Gesù.

Chiara, rifacendosi alla tradizione, ha risposto: «quando Gesù, nell’orto del Getsemani, ha previsto la sua passione».

Ma il sacerdote le ha detto: «No, è stato quando Gesù sulla croce ha gridato: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”» (Mt 27, 46).

Uscito il sacerdote, Chiara disse a Dori:

«Se Gesù ha sofferto il più grande dolore nell’abbandono in croce, quello è il momento anche del suo più grande amore, poiché per amore ha sofferto ed è morto. Noi abbiamo già scoperto e un po’ compreso che Dio ci ama immensamente. Se Gesù esprime in quel grido il suo più grande amore, noi scegliamo come ideale della nostra vita Gesù in croce abbandonato».

Chiara poi capì che Gesù nel suo abbandono era la “chiave” dell’unità. Cioè ha capito che se noi avessimo fatto di Gesù abbandonato l’ideale della nostra vita, avremmo potuto realizzare l’unità e rispondere col nostro amore al suo grido.

Questo significava abbracciare ogni dolore fisico o spirituale perché ognuno di questi dolori era un volto di lui.

Perciò ad ogni dolore dicevamo in cuor nostro: «Questo voglio, perché sei tu abbandonato».

E si passava così dal dolore all’amore, alla gioia piena. Era come un’alchimia divina.

Ora ci rendiamo conto che, per tutti noi e per quanti hanno seguito e seguono questa spiritualità, Gesù abbandonato è diventato la soluzione di tutti i problemi e di tutte le sofferenze.

Ho ancora vivo nell’anima il ricordo del mattino dopo aver fatto la scelta di Gesù abbandonato.

In genere, al risveglio, i primi pensieri che mi si affacciavano alla mente erano le difficoltà che avrei incontrato durante la giornata: in famiglia, al lavoro, nei rapporti con le persone, nell’incapacità di far bene la volontà di Dio. E mi spaventavano e mi opprimevano.

Quel mattino invece questi problemi si sono illuminati; li vedevo tutti come aspetti di lui abbandonato da amare. E durante la giornata, cercando di vivere così, sperimentavo come tutto si riempiva e al posto del dolore rimaneva l’amore. Da allora ogni mattina rinnovavo questa scelta.

E così adesso.

A volte Gesù abbandonato si presenta diversamente da come l’avevo previsto, ma mi basta capire che questo è dolore, e quindi è lui da abbracciare.

E faccio l’esperienza continua che più lo amo più imparo a riconoscerlo e ad amarlo.

Natalia Dallapiccola