Linee d’azione pastorale e lo spirito che le sosteneva

Klaus Hemmerle: il pastore

del vescovo Heinrich Mussinghoff

Il 20 febbraio 2004 la città di Alghero in Sardegna, in onore del defunto vescovo di Aquisgrana, ha dedicato a lui un parco. Per 25 anni mons. Hemmerle aveva trascorso le sue vacanze in questo luogo. Alle celebrazioni, accanto ad altre personalità, ha partecipato anche l’attuale vescovo di Aquisgrana, mons. Heinrich Mussinghoff. Durante la cerimonia, egli ha ricordato Klaus Hemmerle come vescovo e pastore.

Mi rallegro del fatto che la città di Alghero e la diocesi Alghero-Bosa onorino il vescovo Klaus Hemmerle con questo solenne atto, intitolando a lui una strada e un parco. Questa onorificenza è motivata dai periodi di vacanza che egli, per 25 anni di seguito, ha trascorso proprio qui, dove il paesaggio e la città, il mare e il porto ispiravano riposo ed opere pittoriche. Hemmerle si era un po’ innamorato di Alghero. Ringrazio loro, perché lo onorano in questo modo.Mi è stato chiesto di parlare su di lui come pastore. Devo ammettere che ciò rappresenta per me un compito assai impegnativo, poiché non ho fatto personale esperienza del suo periodo episcopale. Vorrei raccontare loro come ho conosciuto il vescovo Hemmerle. Nell’estate del 1965 stavo seguendo una lezione del filosofo delle religioni Bernhard Welte, di cui Hemmerle era studente e assistente, e ascoltavo incantato il confronto con la filosofia esistenzialista di Martin Heidegger. Ero andato poco prima a ritirare la sveglia di un collega, che giaceva dentro la mia borsa ben avvolta in una spessa carta marrone. Nel mezzo della lezione la sveglia interruppe l’incanto dell’ascolto. Tutti guardarono verso di me. Non mi venne in mente nient’altro che girarmi verso chi stava seduto dietro a me. Dopo la lezione, Klaus Hemmerle si precipitò verso di me: era Lei! Il suono della sveglia – disse – era rivolto alla filosofia esistenzialista di Heidegger. In seguito, durante il Sinodo delle diocesi tedesche a Würzburg (1971-1975), ci siamo conosciuti più da vicino.

1. L’ordinazione a vescovo
Cosa spinse in verità il capitolo del Duomo di Aquisgrana ad optare nel 1975 per il professore di Friburgo ed assistente del Comitato centrale dei cattolici tedeschi, come futuro vescovo di Aquisgrana? Il professore Hemmerle era a quel tempo molto conosciuto come esperto interlocutore in tutti i campi della filosofia e della teologia, della Chiesa e del mondo, dell’arte e della cultura. Ciò era dovuto al già menzionato Sinodo di Würzburg, ma soprattutto alla Giornata dei cattolici (Katholikentag) a Mönchengladbach, nella cui organizzazione e irradiazione ebbe la parte determinante. Aveva doti eccellenti: una simpatia spontanea, senso d’umorismo, prontezza di parola, grande concentrazione e capacità lavorativa, l’abilità di lavorare in gruppo, una predisposizione per le lingue. Tutto questo esercitava un fascino e lo raccomandava al capitolo del Duomo. Durante il pranzo del giorno della sua ordinazione, avvenne un episodio che lo caratterizza bene. Il portavoce del consiglio presbiterale, l’arciprete Nusselein, nel suo discorso, si fece sfuggire alcuni avvertimenti per il nuovo vescovo a cui questi, nella sua replica, rispose che un Hemmerle [letteralmente: martelletto] poteva essere senz’altro adatto per sgusciare qualche Nusselein [letteralmente: piccola noce].

2. Percorso pastorale: cammino in comunione
Non è possibile rievocare i movimenti di ricerca pastorale di questo sacerdote e vescovo di elevata cultura filosofica e teologica, dotato di talento artistico e di grande capacità di oratore. Ad ogni modo, era vicino alla gente, ascoltava le loro preoccupazioni e si interrogava sulle vie di una pastorale che fosse capace di affrontare il futuro e di incidere a fondo nella diocesi. I suoi sforzi si profilarono, nella lettera pastorale per la quaresima del 1989, nell’idea del “cammino in comunione”, che ebbe per motivi conduttori la teologia della comunione del Concilio Vaticano II e l’immagine fondamentale del popolo di Dio in cammino. Hemmerle con ciò non volle dare delle disposizioni, bensì avviare un processo dialogico alla cui ricerca potessero contribuire più persone possibili, interrogandosi su quale poteva essere il profilo delle comunità parrocchiali del 2000: «Nel cammino in comunione vogliamo imparare, come … può avvenire una condivisione che non è amministrazione dell’insufficienza bensì una spirituale moltiplicazione dei pani». A questo scopo aveva posto quattro domande:1) Come possiamo diventare comunità missionarie? Vale a dire: comunità in cui condividiamo fra noi la fede e che ci rendono atti a testimoniarla a quanti non sono raggiunti dalla messa domenicale e dalla predica?2) Come ogni comunità parrocchiale può diventare un cammino in comunione, in cui i vari servizi si completano a vicenda e non ci si aspetta tutto dal sacerdote o da chi è impegnato a tempo pieno nella pastorale?3) Come possiamo realizzare un cammino in comunione tra diverse comunità parrocchiali, in cui condividiamo doni e compiti, vita e servizi, compreso il servizio dei presbiteri?4) Come potrebbe realizzarsi nelle comunità parrocchiali una «positiva povertà» e da dove potrebbe partire una riduzione simbolica delle nostre aspettative e delle nostre consuetudini?Il vescovo Hemmerle non voleva assistere passivamente all’attenuarsi delle risorse personali e finanziarie, nonché allo sconforto dilagante e alla rassegnazione, bensì attraverso la partecipazione di molti, cooperare «a quella responsabilità, che abbiamo in comune, di dar vita ad un cammino in comunione che si attua nella reciproca testimonianza e nel servizio vicendevole, e in mezzo al quale il Signore stesso ci conduce verso il futuro». Questo processo del “cammino in comunione” si è sempre più evoluto in occasione di giornate regionali della diocesi, conferenze dei vicari foranei di regioni confinanti e negli incontri dei consigli di decanato e delle parrocchie, ed ha ripercussioni fino ad oggi nella veste di una “pastorale in cooperazione” che si realizza nell’ambito di “comunità di comunità”.

3. Fondamento spirituale:l’unità vive
Quali erano le radici cui Hemmerle attingeva nel suo ministero episcopale? Era la spiritualità del Movimento dei focolari della quale gli aveva parlato nel 1957 il padre spirituale Dott. Rudolf Hermann. Questa spiritualità divenne il suo spazio vitale: essere in comunione, essere concreta testimonianza di vita secondo il modello della Trinità. Si trattava di partecipare insieme all’amore del Dio uno e trino. Perciò assicurava: «L’unità di tutti i cristiani... che in certo qual modo è il riassunto di tutto ciò che Dio vuole da noi, non ha mai raggiunto – per quanto io ne sappia – una radicalità e una profondità come in Chiara. Quest’unità contiene in sé la vita della Trinità, ma anche l’abbandono di Dio sofferto da Gesù. Con ciò si è spalancato un orizzonte che non conoscevamo neanche nella teologia... Chiara ci ha presi in una scuola di vita; questa scuola di vita però è nello stesso tempo anche una scuola per la teologia. Il risultato non è tanto un miglioramento della teologia, quanto teologia vissuta che viene dall’origine della rivelazione».Questa spiritualità l’ha espressa anche nel suo motto episcopale: «omnes unum, ut mundus credat». Nell’omelia in occasione della sua consacrazione nel 1975, lo ha commentato così: «Mi sembra che le linee del Vangelo convergano tutte in quella frase di Giovanni che per me, già da lungo tempo, ha un significato immenso: “Che tutti siano uno, come tu, Padre, sei in me ed io in te, perché il mondo creda” (Gv 17, 21). Così dobbiamo vivere. Ed è questo il senso del servizio vescovile: fare in modo che questa unità ci sia, sia viva, cresca, si irradi e diventi testimonianza per il mondo… Ma questo non vuole essere un programma; vuole essere essere una vita, io stesso devo incominciare a vivere questa unità. Ma ho bisogno dell’aiuto di tutti voi, fratelli e sorelle; bisogna che lo facciamo insieme».

4. Conseguenze: vivere l’unità– in modo ecumenico
Il vescovo Klaus viveva quest’unità concretamente nel focolare a cui apparteneva. La viveva in particolare durante gli incontri annuali di vescovi. E queste riunioni raccoglievano vescovi da tutto il mondo e si estendevano anche oltre la Chiesa cattolica, coinvolgendo pure vescovi e personalità del mondo evangelico ed ortodosso. Tali incontri, da lui ispirati, continuano tuttora. Agli “amici della Parola” sparsi nella diocesi, ben oltre l’ambito del Movimento dei focolari, schiudeva ogni mese la Sacra Scrittura per la vita. Erano consuetudine regolare i colloqui pieni di fiducia con i sovrintendenti evangelici presenti sul territorio della diocesi. L’ultima uscita condusse il vescovo, ormai profondamente segnato dalla malattia mortale, dal suo amico ortodosso Evmenios di Lefka, appena ordinato vescovo ausiliare nella chiesa di san Dimitrios.Già nel 1971 assieme al prof. Ehrlich aveva fondato il gruppo di dialogo “Ebrei e cristiani” presso il Comitato centrale dei cattolici tedeschi, col quale rimase in contatto e che promosse fino alla fine. Durante il 50° anniversario della notte dei cristalli, il 9/11/1988, nel municipio di Aquisgrana recitò una preghiera composta da lui stesso: «Si è accesa la casa del mio Dio e l’hanno fatto i miei…».

5. … e nelle sfide sociali
Klaus Hemmerle era presente nei punti caldi: all’incrocio tra la fede e l’epoca moderna, tra la filosofia e la teologia, tra le sfide sociali e la pratica della religione, tra la banalità della vita e la spiritualità cristiana. In questi punti caldi, viveva come un uomo profondamente credente e come un grande pensatore. Anche come una persona che pone domande e che agisce. Quando si chiuse l’industria mineraria del carbon fossile, si impegnò a favore delle possibilità di vita e di promozione umana dei minatori. Quando i lavoratori dell’ultima miniera “Sophia Jacoba” di Hückelhoven occuparono il Duomo di Aquisgrana, il vescovo solidarizzò con loro ed ottenne una moratoria. Nel “gruppo di iniziativa di Heinsberg” collaborò con varie forze sociali per trovare per il più grande numero possibile di minatori licenziati un posto di lavoro. Rimase impressa nella mente dei minatori la sua ultima visita alle miniere. Considerando la disoccupazione persistente, convocò camere, sindacati, associazioni degli imprenditori, uffici di collocamento e Chiese alla “grande tavola rotonda del vescovo di Aquisgrana” al fine di promuovere il dialogo sociale sui processi di riorganizzazione della regione e di farsi difensore delle persone più colpite. A questa sua ampia premura per l’ambiente di lavoro e di vita si collega pure il fatto che egli stabilì e promosse per la diocesi l’opzione “Chiesa e operai”.

6. Muore un maestro della parola
Klaus Hemmerle era un maestro della parola che egli seppe usare con senso dell’umorismo, dominio della lingua e prontezza di spirito, abilità retorica e sensiblità pastorale, istinto sociale e capacità politica. Quale “messaggero del Vangelo” voleva veramente raggiungere il cuore delle persone. «Il mio programma è solo il Vangelo», aveva scritto nella prima lettera pastorale del 1975. Volentieri si rivolgeva ai bambini e ai giovani. Al centro dell’ultima lettera pastorale del 1994 pose la richiesta di una ragazza: «Raccontami di Dio». Era questa la sua premura: che ci fossero persone che raccontassero di Dio, che dessero testimonianza attraverso una vita improntata al Vangelo, vissuta alla sequela di Gesù. Dopo la sua morte, Chiara Lubich scriveva: «(...) Dio era tutto per lui e il fare la sua volontà l’impegno costante della sua vita. Era la Parola vissuta, cosicché qualcuno che lo ha conosciuto da vicino afferma di poterlo definire così: “un innamorato della Parola di Dio” (...)».

7. «Ci ha lasciati, ma è anche rimasto come esempio»
Durante il rito funebre nel Duomo di Aquisgrana il 29 gennaio 1994, il vescovo Karl Lehmann [presidente dell’episcopato tedesco] disse: «La diocesi di Aquisgrana ha perso con Klaus Hemmerle un grande vescovo. Non era un uomo di molte parole. Ma la sua voce lieve e tranquilla aveva una straordinaria forza d’annuncio. Ritornava sempre alla Parola di Dio e la schiudeva in mille sfumature come cibo di vita per molti. Era la sua arte parlare in modo semplice e profondo allo stesso tempo, per farsi capire dalla donna del mercato come pure dal docente della facoltà di ingegneria. Così il vescovo di Aquisgrana ha operato soprattutto attraverso la trasmissione della sua esperienza spirituale, testimoniando la Parola, e non in primo luogo attraverso il potere giuridico e le leggi. Proprio per questo, serviva appassionatamente la comunione all’interno della diocesi che lui ricreava sempre nuovamente, ma anche l’unicità delle tante personalità, non per ultimo tra i sacerdoti, l’artista, come pure il sacerdote-operaio. Alcuni credevano che egli fosse debole in questa autentica liberalità, cioè in questa generosità del suo spirito e in questa sua magnanimità che lasciava fare. In verità la sua forza inimitabile consisteva proprio in questa capacità di saper comporre, grazie alla forza del suo spirito, una così grande varietà di doti in una autentica unità».Il vescovo Lehmann concluse la sua omelia con l’augurio pasquale di Klaus Hemmerle nel 1993:

«Auguro a noi di avere occhi di Pasqua
che riescano a intravedere
nella morte la vita,
nella colpa il perdono,
nella divisione l’unità,
nelle ferite la gloria,
negli uomini Dio,
in Dio gli uomini,
nel proprio Io il Tu.
E per questo tutta la forza della Pasqua!».

Heinrich Mussinghoff