Il suo contributo nel Movimento dei focolari

Klaus Hemmerle: confondatore

Intervista a Chiara Lubich



A cinque anni dalla morte del vescovo di Aquisgrana, Wilfried Hagemann aveva posto a Chiara Lubich alcune domande su Klaus Hemmerle e sul ruolo che egli ha svolto all’interno del Movimento dei focolari. Ne riportiamo qui le risposte.

Come lei vede oggi Klaus Hemmerle?

Klaus Hemmerle è una persona che non ha tempo, perché non tanto lui viveva, ma Gesù in lui. Quindi oggi lo vedo così come quando era con noi. Lo vedo un altro Gesù, con tutte le qualità della sua personalità ben caratterizzata, che andavano dalla saggezza d’un giusto alla sapienza d’un eletto, dall’impegno paterno e fraterno, deciso e impegnato per la porzione del popolo da Dio a lui affidato, alla libertà di seguire un carisma dello Spirito Santo e quella tipica, d’un artista. E tale era.

Come è stata la sua relazione personale con lei?

Come può essere quella di una persona chiamata da Dio a fondare, insieme al fondatore di un’Opera Sua, un particolare di essa. Quindi un rapporto unico che non conosce se non chi lo può sperimentare, sostanziato dall’amicizia più rara, intrisa della carità di Cristo.

Perché lo ha chiamato “confondatore”?

Egli mi ha aiutato a realizzare nel Movimento dei focolari due sue realtà importantissime: la diramazione dei Vescovi amici, animati dalla spiritualità dell’unità, e la fondazione della Scuola Abbà per tradurre in dottrina la spiritualità dell’unità, frutto d’un carisma.

Cosa era la sua grazia personale?

Non si può definirla con una parola. Erano molti i doni che possedeva e irradiava. Quando si pensa a lui, anche se rivestito della dignità sacerdotale ed episcopale, è più facile identificarlo con un angelo che con un uomo, per la sublime delicatezza d’animo, la libertà di spirito, l’intelligenza profonda e illuminata, l’umore sempre uguale, l’ardore, senza tema di esagerare, allorché era necessario difendere o proteggere qualcuno, la fermezza. Lo vedevo e lo vedevamo come modello per il suo essere staccato completamente da se stesso e da tutto ciò che lo riguardava. Solo dopo la sua morte, ad esempio, seppi dei suoi talenti per la musica e la pittura.

Modello nella sua costante tensione d’amore verso ogni fratello o sorella che avvicinava o tutto ciò che, per lui, rappresentava la volontà di Dio.

Modello per il suo appassionato attaccamento alla Parola sì da viverne, ad esempio, per cinque anni, una al mese in profondità, per prepararsi alla Scuola Abbà. Aveva conosciuto l’esperienza di essa all’inizio del nostro Movimento prima che lo Spirito ci donasse particolari intuizioni, preziose poi per lo studio del carisma.

È piaciuto a lui essere vescovo?

Mi ha confidato una volta che, umanamente, avrebbe preferito continuare ad essere teologo, ma, penso, il diventare Vescovo lo ha reso certamente utile alla Chiesa come lo è stato per il Movimento dei focolari, giacché aggiungeva, al suo sublime sapere, l’autorità del magistero ecclesiastico, sì da essere per noi un’importante garanzia.

a cura di Wilfried Hagemann