Perché tutti siano uno

Notizie dal mondo dei seminari – 57

a cura della segreteria internazionale del movimento gens

RINNOVARE il nostro SÌ A DIO

Racconta un seminarista del Centro-Italia: «Il nuovo anno di formazione in seminario è iniziato nel ricordo del Concilio Vaticano II, grazie ad un ritiro vissuto in forma di pellegrinaggio sui luoghi natali dei Papi del Concilio: il paese di Sotto il Monte (Bergamo) dove nacque il Beato Giovanni XXIII, e Brescia, città di Paolo VI. Questi giorni sono stati un tempo speciale di grazia e di crescita, pieni di incontri e di condivisione, terminati infine con la partecipazione alla messa in piazza a Loreto, nello scorso 4 ottobre, per la visita di Benedetto XVI. Insomma un respiro di “Chiesa” e un incoraggiamento forte a “gettare le reti” e dire il nostro sì a Dio».

Sono tante le iniziative che sorgono qua e là per vivere quest’Anno della fede aperto da Benedetto XVI l’11 ottobre 2012, nel 50° dell’inizio del Concilio Vaticano II.

Un anno in cui sentiamo l’invito speciale a rinnovare il nostro sì a Dio, cioè a mettere alla base della nostra vita cristiana e della chiamata al sacerdozio l’amore per Dio: l’Unico che dà senso e pienezza al nostro vivere e agire quotidiano.

Infatti è il Papa stesso a dirci nella Lettera apostolica Porta fidei: «Nella quotidiana riscoperta del suo amore attinge forza e vigore l’impegno missionario dei credenti che non può mai venire meno. La fede, infatti, cresce quando è vissuta come esperienza di un amore ricevuto e quando viene comunicata come esperienza di grazia e di gioia» (n. 7).

Bella l’iniziativa sorta in un seminario della Polonia dove i seminaristi si sono messi d’accordo per vivere insieme da veri fratelli e crescere nella comunione tra di loro.

Ci scrivono: «Pensando cosa fare come comunità nell’Anno della fede, abbiamo proposto ad alcuni compagni che fanno parte di diversi Movimenti ecclesiali di condividere tra di noi il contributo che ogni spiritualità apporta al tema della nuova evangelizzazione. È stata una gioia vedere come in tanti seminaristi abbiano accolto la nostra idea. Ci hanno detto che proprio desideravano lo stesso, e aspettavano che qualcuno facesse il primo passo».

 

AMARE chi ci sta ACCANTO

L’ordine nella sua stanza rimane

Roma. «Appena arrivato al nuovo Collegio per proseguire i miei studi teologici, come prima cosa ho cercato di mettere a posto ogni angolo della mia stanza, per renderla più accogliente. Sin dal primo giorno ho ricevuto alcune visite dei seminaristi arrivati prima di me. A ognuno cercavo di offrire qualcosa, biscotti, caffè... Uno di questi compagni, mio vicino di stanza, venuto a visitarmi una seconda volta, mi diceva che era proprio colpito dall’ordine. Al termine di quella giornata, quando finivo di pulire il bagno, sento un rumore che viene dalla stanza di quel compagno; siccome mi mancava un detergente per completare la pulizia, sono andato da lui; mi apre la porta con uno straccio in mano dicendomi che stava facendo una organizzazione generale nella sua stanza. La cosa bella è che da quel giorno l’ordine nella sua stanza rimane». (M. F.)

Voleva che giocassimo un po’ a pallone...

Roma. «Seguo i bambini che si preparano quest’anno a ricevere Gesù Eucaristia. Sono quasi 150, e tra di loro c’è un bambino che faceva chiasso per tutto il tempo del catechismo. Mi domandavo cosa potevo fare. Ho cercato di prenderlo dentro, coinvolgendolo nella dramatizzazione della parabola del Buon Samaritano che era proposta dal sussidio quel giorno. Lui si è sentito “dentro” al catechismo e dimostrava di aver ascoltato ciò che si era detto prima, così come tutti gli altri bambini. Dopo poco mi chiede di accompagnarlo in chiesa perché voleva fare una preghiera a Gesù. All’indomani mi è venuto a pescare in parrocchia, mentre ero ad attendere le persone che si recavano al Centro d’ascolto, perché voleva che giocassimo un po’ a pallone... Non mi era facile, perché non lo facevo da tempo ma gli ho detto subito di sì. Penso che Gesù se lo sia conquistato». (M.T.)

Per accoglierli per bene

Brasile. «Nel mese di ottobre, i sacerdoti della nostra diocesi fanno il ritiro annuale da noi in seminario. Per accoglierli bene ci siamo messi a sistemare e pulire le nostre stanze che avrebbero poi utilizzato. Potevamo andare a casa nostra già da sabato, ma sono rimasto anche la domenica per mettere ordine nella mia camera. Quando ho finito, mi sono accorto che il corridoio era sporco e sarebbe rimasto così fino a lunedì, quando sarebbero venuti gli incaricati della pulizia. Le parole del Vangelo “sulla tua parola getterò le reti” (Lc 5, 5), che ci invitavano a vivere con impegno, decisione e perseveranza, mi hanno dato la spinta per buttarmi a raccogliere la spazzatura; dopo un po’ è arrivato un altro seminarista e insieme abbiamo pulito tutto. Ancora per fare meglio abbiamo deciso di mettere in modo più ordinato i bidoni dei rifiuti, facilitando così il lavoro alla spazzatrice stradale». (A. A.)

Senza Dio, non possiamo far nulla

Italia. «All’inizio dello scorso mese di ottobre, nel nostro seminario abbiamo vissuto una settimana di “missione” andando, di pomeriggio, due a due, incontro ai giovani in una delle città della nostra diocesi. Sia per me che per i miei compagni, il momento iniziale fu molto difficile. Dopo le due prime giornate di evangelizzazione, tornavamo rattristati e scoraggiati, da una parte per non aver potuto avvicinare tanti giovani e dall’altra per aver perso la faccia in diverse circostanze. Ci sentivamo quasi falliti, anche se alcuni incontri erano stati belli. La mattina del terzo giorno, durante la condivisione comunitaria sull’esperienza precedente, ci siamo resi conto che tutte le paure ci venivano dal fatto di aver voluto portar noi stessi alla gente, evangelizzare contando solo sulle nostre forze. Abbiamo così capito la necessità di essere anzitutto fortemente uniti tra di noi per esser poi credibili. Col mio compagno, abbiamo deciso di fare insieme un momento di preghiera per invocare lo Spirito Santo, chiedendo il dono dell’unità tra di noi e la forza necessaria per aver il “coraggio di osare”. Dal pomeriggio di quel giorno e poi nei successivi, ci siamo sentiti più sciolti, liberi e gioiosi nell’andar incontro ai fratelli, disposti ad accettare tutto per il nome di Gesù Cristo. Abbiamo sperimentato davvero la forza e i frutti della comunione vera. Senza Dio, non possiamo far nulla. Se tramite la nostra piccola iniziativa, egli ha voluto gettare il seme della sua Parola, spetta a lui stesso annaffiare e raccogliere i frutti, quando e come vorrà». (S. I.)