Corso teologico-pastorale per educatori nei seminari

Quali presbiteri per quale Chiesa?

di Sandro Salvucci e Silvestre Marques

 

L’articolo presenta l’origine e la finalità di un corso che viene offerto da alcuni anni agli educatori del mondo dei seminari con l’intento di approfondire il paradigma della comunione che caratterizza la prospettiva ecclesiologica del Concilio Vaticano II. Le équipes degli educatori, nel mettere a fuoco ciò che è utile per i seminaristi loro affidati, sperimentano la vitalità e la dinamica di una vita guidata da una visione antropologica ed educativa che valorizzi appieno la dimensione comunitaria.

 

Come è nata l’idea e con quale finalità?

I prodromi del Corso di formazione per educatori nei seminari che dal 2007 si tiene annualmente nell’Abbazia benedettina di Vallombrosa (Firenze), sono stati alcuni incontri fra sacerdoti di diverse nazionalità, appartenenti al Movimento dei focolari, che hanno voluto mettere a confronto la loro esperienza nel campo della formazione dei futuri presbiteri, per comprendere come attuare sempre meglio le linee educative tracciate dal Concilio Vaticano II, dall’Esortazione postsinodale Pastores dabo vobis e dai documenti applicativi emanati via via dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica. Tra le intenzioni che li animava era anche il desiderio di capire quale contributo potesse offrire la spiritualità di comunione, tipica del carisma dei Focolari, a tale compito così delicato e importante.

Come frutto di questo spontaneo incontrarsi, dopo circa due anni si è fatto strada il progetto di un vero e proprio Corso di formazione al quale potessero partecipare i presbiteri impegnati nei seminari che lo desiderassero. Una lettura dei segni dei tempi, così come emerge sempre più nella Chiesa, ha fatto maturare, infatti, la convinzione della necessità di caratterizzare in senso più fortemente comunionale l’opera formativa, e quindi di farne il fulcro del Corso.

Nell’estate del 2007, col benestare e il patrocinio della Congregazione per l’Educazione Cattolica, ha avuto luogo, presso la suggestiva e millenaria Abbazia benedettina di Vallombrosa, la prima parte del Corso della durata di due settimane, seguita poi da altre due edizioni di quella stessa parte, svoltesi rispettivamente nel 2009 e 2010. La fase sperimentale si è chiusa nel luglio 2011 con la realizzazione – com’era nel progetto – della seconda parte. Mentre nel 2012, con la prima parte, si è ripreso il ciclo biennale, che si concluderà nel 2013 con la seconda parte.

I presbiteri che hanno partecipato a queste sessioni sono complessivamente oltre un centinaio di una trentina di nazioni. Soggetti promotori sono il Centro di spiritualità di comunione per presbiteri, diaconi e seminaristi diocesani “Vinea mea” (Incisa Valdarno, Firenze) e l’Istituto Universitario “Sophia” di Loppiano. In particolare, l’integrazione in quest’ultimo permette ai partecipanti di conseguire un diploma con l’attribuzione di 10 crediti formativi (ECTS), previa presentazione di un elaborato finale.

 

Metodo e programma

La sfida posta alla formazione oggi deve rispondere alla domanda fondamentale: quale presbitero per quale Chiesa? Partendo dall’ecclesiologia di comunione, idea centrale del Concilio Vaticano II, e spinti tra l’altro dalla Lettera apostolica di Giovanni Paolo II Novo millennio ineunte, che nel n. 43 invita  a diventare «casa e scuola di comunione», anche in riferimento ai «luoghi dove si formano i ministri dell’altare», questo Corso si caratterizza per la categoria della comunione, quale chiave di tutto il processo formativo.

In concreto, la proposta, nella sua forma definitiva, si struttura su quattro settimane residenziali in un biennio. Durante il primo anno, a partire dalla precisazione dei punti di partenza teologici, antropologici ed ecclesiologici, si pongono le fondamenta del paradigma della comunione applicato al delicato compito formativo dei futuri sacerdoti nelle varie fasi, dal discernimento vocazionale fino alla formazione permanente, passando per il propedeutico e il cammino a tappe del seminario maggiore, con un’attenzione specifica – di tipo psicologico – alle problematiche e tematiche legate a una formazione umana completa. Una realtà di notevole importanza, approfondita nella prima parte del corso, è quella dell’unità dell’équipe formativa e del suo ruolo di testimonianza e generativo, dal momento che non si può trasmettere adeguatamente se non ciò che si è.

Nella seconda parte si approfondiscono le quattro dimensioni della formazione indicate dalla Pastores dabo vobis – umana, spirituale, intellettuale e pastorale – affrontandole secondo sette aree di crescita che riguardano: il dono di sé e la comunione, il dialogo e la testimonianza, l’unione con Dio e la preghiera, la vita a “corpo mistico”, l’animazione della comunità, lo studio e, infine, la comunicazione al servizio della comunione. Nel loro intrecciarsi queste aree possono costituire un valido approccio a una formazione del seminarista non frammentata, ma unitaria, integrale e armonica.

Lo studio di ognuna di queste aree inizia con una relazione che offre fondamenti e prospettive per quel campo, seguita da workshops tematici in cui i partecipanti, con l’aiuto di un esperto e riflettendo sulla propria esperienza, enucleano linee di applicazione concreta, che si verificano poi in una plenaria in cui si condivide quanto elaborato da ogni gruppo.

Importante in entrambe le parti del Corso è l’apporto di esperti in campo teologico, pedagogico e in altre scienze umane, insieme al contributo attivo di ciascun partecipante a partire dalla propria competenza ed esperienza come formatore.

Sempre dal punto di vista del metodo, un elemento portante del Corso è il trinomio preghiera-pensiero-vita secondo il quale si articola ogni giornata e che genera un forte coinvolgimento dei partecipanti nonché dei relatori, aiutandoli ad attuare subito il paradigma della comunione proposto dal Corso.

 

Un “ideale” che tiene conto della complessità

Coloro che in questi anni hanno partecipato all’iniziativa hanno sottolineato questa peculiarità: il paradigma della comunione, prima di essere oggetto di studio, è in prima persona fattivamente sperimentato, trasformando il Corso in una sorta di laboratorio educativo. In questo modo, i partecipanti acquisiscono non soltanto principi e criteri, ma anche un’esperienza viva di quella comunione che è il cuore della proposta; istanza quanto mai importante se si pensa quanto sia difficile, spesso, suscitare una tale esperienza nei seminari, a causa della cultura fortemente individualista da cui sono segnati oggi i giovani.

La Pastores dabo vobis afferma molto opportunamente che a base del progetto formativo del seminario deve esserci l’«ideale normativo» della «comunità apostolica stretta attorno a Gesù» (cf n. 60) e tale ideale coinvolge sia i seminaristi sia l’équipe educativa. Se il seminario fa proprio questo ideale normativo, e quindi il comandamento di Gesù dell’amore vicendevole (cf Gv 13, 34), allora esso cesserà di essere una semplice aggregazione di individui, funzionalmente uniti per perseguire l’obiettivo di diventare prete, ma manifesterà il suo volto di vera comunità cristiana fondata sulla Parola vissuta e sulla legge evangelica dell’amore, che fa esperienza della presenza del Signore vivo e risorto in seno ad essa. E ciò è fondamento indispensabile per la formazione al ministero.

Ecco la sfida cui si vuole rispondere con questo Corso: un seminario casa e scuola di comunione per generare pastori uomini di dialogo e di comunione, per una Chiesa-comunione.

Sandro Salvucci e Silvestre Marques