Prete in comunità

 

Cominciare una recensione dicendo che si tratta di un  libro piccolo nella forma ma prezioso nei contenuti, e che difficilmente qualcuno – al di là delle proprie convinzioni – lo leggerà invano, sembra essere di parte e fare pubblicità. E infatti è così. Non per motivi commerciali però. Sono “di parte” perché condivido pienamente l’impostazione di chi ha scritto questo breve saggio. E vorrei che tanti potessero leggerlo perché dà speranza, offre orizzonti di ampio respiro all’altezza dei tempi, tratta del tipo di Chiesa e umanità che fa che la vita meriti la pena d’essere vissuta.

In qualche modo ho accompagnato questo testo dal nascere, perché l’autore mi aveva mandato una prima stesura dell’originale, più breve di questa che finalmente è uscita. Già allora mi erano piaciute parecchie cose. Ad esempio il coraggio e la chiarezza con cui, nei dialoghi che riporta, espone le obiezioni che si fanno oggi ai preti (che toccano allo stesso tempo il più intimo della Chiesa e della religione). Poi la sincerità con cui descrive la concezione dell’identità e della vita del sacerdote, con certi tratti di radicalità e novità che condivide con tanti altri amici. Non ultimo il ritmo narrativo: è scritto bene e si legge come un breve romanzo, con il classico e inatteso colpo di scena finale.

Quando più tardi ho letto il testo pubblicato, l’ho trovato ancora arricchito. Era stato sfrondato di termini in sé positivi, perché esprimevano una nuova mentalità nella Chiesa di provenienza dell’autore, ma poco comprensibili per i non addetti ai lavori. Ma soprattutto era riuscito a mettere molto più in evidenza la realtà “comunitaria”, che era il motivo centrale del libro come esprime chiaramente il suo titolo.

Perciò se dovessi scegliere una frase che potesse dare il “la”, costituire la chiave di lettura di tutto il libro, mi son segnato questa a p. 20: si tratta di «ripensare il sacerdozio all’interno di una prospettiva comunitaria e non più individualista», e ciò perché la Chiesa «dovrebbe diventare il luogo in cui rendere visibile la vita di un Dio che è comunione d’amore».

O quest’altra, totalmente imparentata con la precedente: «Siamo preti da museo! Viviamo un cristianesimo annacquato. Predichiamo un Dio Trinità ma poi viviamo come fossimo seguaci di un Dio solitario» (p. 54).

Non è però un libro “contestatario”. O meglio, lo è ma in senso propositivo. Fa cadere quel che deve cadere non per contrapposizione ma facendo crescere il positivo.

Pensato forse in primo luogo per i laici – di dentro e “fuori” la Chiesa istituzionale –, offre tanti elementi anche agli ecclesiastici.

Sarà capito di più e forse produrrà più effetto di molti trattati. È il destino delle opere che sanno proporre idee cariche e portatrici di tanta vita autentica, attuale e bella.

Enrique Cambón

 

Paolo Zago
Prete in comunità
Città Nuova, Roma 2011, 62 pp., € 3,50.