Il Vangelo nella spiritualità di Chiara Lubich

 

Parola di Dio e carisma dell’unità

 

di Maria Voce

 

In coincidenza con il cammino della Chiesa verso il Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione, il Movimento dei Focolari ha scelto come tema di approfondimento e priorità per la vita di questo anno la Parola di Dio. Nella conversazione che qui pubblichiamo, la Presidente del Movimento rivisita e attualizza per l’oggi le scoperte iniziali di Chiara Lubich a Trento e la prassi che ne è seguita.

 

Anche questa volta sono stati i nostri Statuti a guidarci. Proprio mentre li consultavo per prepararmi al nuovo anno, mi è parso di rivivere quei momenti in cui, trovandomi fianco a fianco con Chiara per lavorare al loro aggiornamento, mi sono accorta quanto lei avesse in cuore di rimettere in ordine i punti della spiritualità così come Dio glieli aveva fatti scoprire e vivere uno dopo l’altro. Tanto che un giorno mi aveva proprio precisato: Abbiamo scelto Dio, poi abbiamo capito che bisognava fare la Volontà di Dio, e ci siamo buttati in essa. Ma dove trovavamo la Volontà di Dio? Nel Vangelo, nella Parola di Vita. Quindi il Vangelo viene ancora prima della scoperta dell’amore al fratello. Solo dopo, nel Vangelo, abbiamo scoperto tutto il resto; solo dopo Dio ha sottolineato i passi che parlano di amore. Solo perché vivevamo il Vangelo sono venuti fuori gli altri punti della spiritualità.

Per me è stata una sorpresa. Si tratta di puntare al Vangelo perché lì si radica anche l’amore al fratello.

Quest’anno, dunque, per essere fedeli agli Statuti, approfondiamo la Parola.

 

In sintonia con la Chiesa

E ho trovato anche una profonda consonanza con la vita della Chiesa oggi. Essa dedica infatti quest’anno alla “nuova evangelizzazione”1 dandole particolare rilievo anche col farne il tema del prossimo Sinodo dei Vescovi. Ora l’evangelizzazione consiste proprio nel vivere e annunciare la Parola di Dio.

Siamo dunque chiamati a ritornare al Vangelo impegnandoci a viverlo con una intensità particolare, coscienti che – come Chiara stessa ci ha confidato – è l’eredità più importante che ha sentito di trasmetterci: «Lascia a chi ti segue solo il Vangelo. Se così farai, l’Ideale dell’unità rimarrà»2.

Torniamo ancora ai primi tempi della nostra storia.

 

L’analogia della «cantina buia»

Se c’è un’immagine che tutti ricordiamo con commozione, perché lì troviamo le nostre radici, è quella di una cantina buia, rifugio contro le bombe che piovevano dal cielo durante la guerra, dove – a lume di  candela – Chiara e le sue compagne leggono il Vangelo. Hanno in mano solo questo piccolo libro.

La guerra ha distrutto ogni cosa; ha strappato via ogni ideale umano, lasciando impellente una domanda: ma c’è un ideale che non muore?!

Chiara è lì in quella cantina buia, ma ha già fatto la fondamentale scoperta di cercare la verità non sui libri ma in Gesù, l’uomo-Dio, la Verità incarnata. Lei e le amiche non sanno neppure se riusciranno a sopravvivere alla distruzione che la guerra porta con sé ora dopo ora. Eppure credono al Vangelo. Solo la vita del Vangelo resta.

Fermiamoci un attimo: questo episodio è solo un bell’aneddoto della vita di Chiara o ha qualcosa da dire a ciascuno di noi e a tutto il Movimento dei focolari  nel suo insieme?

Guardiamoci intorno: anche oggi ci troviamo – possiamo dire – in una “cantina buia”. È  il mondo con le sue sfide e i suoi interrogativi.

Lo sperimentiamo ogni giorno: la Verità è sostituita da molte verità; i valori sembrano scomparsi; prevale l’interesse economico e l’utilitarismo; le relazioni tra persone e tra popoli viaggiano spesso su binari quanto mai fragili e precari; il nucleo familiare sembra non avere più significato.

Come è stato rilevato anche nei Lineamenta del prossimo Sinodo dei Vescovi, i forti mutamenti che il mondo sta conoscendo «generano nuovi scenari e nuove sfide al cristianesimo sotto il profilo culturale (si pensi alla secolarizzazione), sociale (si pensi al mescolamento di popoli), mediatico, economico, scientifico, politico»3. E potremmo continuare.

Tutti noi, che facciamo parte  del Movimento, avvertiamo che queste sfide ci toccano dal di dentro. La cantina buia interpella dunque anche noi. Ed è proprio a noi che Chiara riconsegna oggi il Vangelo. Null’altro che il Vangelo.

È la conversione che quest’anno dobbiamo fare, a cominciare forse da subito, prima di tutto per rievangelizzare noi stessi e, poi, per gli altri, per l’umanità che ci circonda.

Il mondo, infatti, per ritrovare il senso della vita «ha bisogno non tanto di persone colte, ma di sapienti, di gente piena di Spirito Santo, di uomini veramente evangelici»4.

Già Martin Lutero scriveva in un tempo in cui la conoscenza della Scrittura era riservata a pochi:

«Dobbiamo essere certi che l’anima può fare a meno di ogni cosa, fuorché della Parola di Dio, e senza la Parola di Dio nessuna cosa le giova. Ma quando ha la Parola di Dio non ha bisogno di alcun’altra cosa; anzi ha nella Parola a sufficienza cibo, allegrezza, pace, luce, ingegno, giustizia, verità, sapienza, libertà, e ogni bene a esuberanza»5.

 In questo momento del Movimento, in cui più volte ci siamo chiesti come ridare nuova vitalità ai nostri focolari, nuclei e unità, ai nostri incontri, alle nostre manifestazioni…, dobbiamo andare alle origini e ricordarci che tutta la nostra vita è esplosa dal Vangelo vissuto. Erano pochissime a cominciare questa avventura e hanno raggiunto gli ultimi confini della terra solo col Vangelo. Anche noi siamo chiamati a fare altrettanto.

Personalmente e insieme, vogliamo ripetere con Chiara: «Se per ipotesi assurda tutti i Vangeli della terra venissero distrutti, noi desidereremmo vivere in modo tale che gli uomini, considerando la nostra condotta, possano, in certo modo, riscrivere il Vangelo»6.

 

Tradurre in vita ogni parola del Vangelo

Chiara stessa spiega, fin dal 1948, in una delle sue prime lettere, perché avvertivano il desiderio di tradurre in vita tutte le Parole del Vangelo, ad una ad una:

«Abbiamo capito che il mondo ha bisogno di una cura di… Evangelo perché solo la Buona Novella può ridargli quella vita che gli manca. Ecco perché noi viviamo la Parola di Vita. Lo incarniamo in noi fino al punto di essere quella parola vivente»7.

Da un’altra lettera di Chiara, di saluto alla comunità di Roma, del giugno 1949, si coglie che la Parola raggiungeva tutte le dimensioni della vita, anche le più concrete come il riposo; era legame di unità nell’attività come nelle vacanze.

«E pur lontani, e chi al monte e chi al mare, una Luce ci legherà, impercettibile ai sensi e ignota al mondo, ma cara a Dio e all’Unità più che ogni altra cosa: la Parola di Vita. Possiamo esser uno solo al patto di esser ognuno un altro Gesù: un’altra Parola di Dio vivente»8.

Fin da allora si delinea così in modo molto chiaro la dimensione collettiva della nostra spiritualità e ciò che caratterizza il nostro specifico anche in relazione al vivere la Parola.

Alludendo all’esempio dell’innesto delle piante dove le due parti scorzate, perché vive, diventano una sola cosa, Chiara commenta:

«Quando due anime potranno consumarsi in uno? Quando saranno vive, cioè quando saranno “scorzate” dell’umano, della propria personalità e, mediante la Parola di Vita vissuta, incarnata, saranno parole vive. Due parole vive possono consumarsi in uno. Se una non è viva, l’altra non può unirsi»9.

La vita della Parola, dunque, ci fa uno fra noi. Sappiamo che durante la guerra, nelle lunghe ore di sosta nei rifugi antiaerei, erano venute in rilievo le frasi del Vangelo che più esplicitamente parlano d’amore: «amerai il prossimo tuo come te stesso» (Mt 19, 19); «amate i vostri nemici» (Mt 5, 44); «amatevi gli uni gli altri» (Gv 15, 17); «soprattutto conservate tra voi una carità fervente» (1Pt 4, 8).

Sono Parole da recuperare oggi nel loro significato più profondo.

«Ci parvero d’una potenza rivoluzionaria – scrive infatti Chiara –, d’una vitalità sconosciuta, le uniche capaci di mutare radicalmente la vita: anche di noi, cristiani di questo tempo»10.

 

Comunità centrate sulla Parola vissuta

E da questa vita nuova Dio,  nella sua divina pedagogia, faceva nascere piccole comunità centrate sulla Parola. In esse si viveva ogni settimana con particolare attenzione una frase compiuta del Vangelo; la si portava in cuore come un tesoro e la si applicava ogniqualvolta era possibile; si avvertiva poi, naturalmente, l’esigenza di comunicarsi reciprocamente e continuamente le esperienze della Parola. Era un bisogno del cuore, certamente originato dal carisma dell’unità che spingeva alla completa condivisione di ogni bene; e quale bene più grande dei frutti concreti del Vangelo vissuto?  E nel reciproco donarsi le esperienze, il carisma brillava di luce sempre nuova e se ne coglievano nel Vangelo le dimensioni: l’ut omnes unum sint (Gv 17, 21), come orizzonte a cui tendere con tutte le forze, e la chiave per attuarlo, Gesù Abbandonato – che, fattosi nulla per amore, ha ristabilito la comunione con Dio e tra gli uomini.

Possiamo dire che il vivere la Parola raggiunge un vertice proprio quando si scopre in Gesù Abbandonato, già conosciuto e scelto come il tutto della propria vita, «la Parola per eccellenza, la Parola tutta spiegata, la Parola aperta completamente»11, come dice Chiara, tanto da poter affermare che chi vive Gesù Abbandonato, vive tutto il Vangelo.

Nei primi anni dell’Ideale la Parola ha avuto un’importanza tale che – come sappiamo – ha aperto a Chiara anche l’esperienza mistica vissuta nell’estate del 1949 che noi indichiamo come “Paradiso ‘49”.

È lei stessa a raccontare cosa è successo. Dalla nascita del Movimento e fino ad allora la Parola di Vita veniva vissuta «con una particolarissima intensità». «Non c’erano grandi strutture del Movimento allora, né erano sorte opere, per cui tutto il nostro impegno consisteva nel vivere il Vangelo. La Parola di Dio entrava profondamente in noi tanto da cambiare la nostra mentalità.  La stessa cosa avveniva anche per quanti avevano un qualche contatto con noi. Questa nuova mentalità, che si andava formando, si manifestava come una vera contestazione divina al modo di pensare, di volere e di agire del mondo. E in noi provocava una rievangelizzazione»12.

Il Vangelo dunque diventa la legge della vita e trasforma la mentalità di ciascuno da umana in soprannaturale e – di conseguenza  –  per la comunione profonda di quanto si sperimenta, opera il passaggio da una società umana a una società soprannaturale, corrispondente al progetto di Dio sull’umanità.

Quando una delle Parole del Vangelo cadeva nella loro anima, sembrava – dice Chiara – «che si trasformasse in fuoco, in fiamme, si trasformasse in amore. Si poteva affermare che la nostra vita interiore era tutta amore»13.

Potremmo chiederci: anche per noi è così? Facciamo l’esperienza di non essere noi a “vivere la Parola”, ma di lasciarci vivere da essa?

«In paradiso – intuisce ancora Chiara – non si può entrare […], se già la Parola non ci vive tutti. Andremo in paradiso avendo fatta nostra la Parola, essendo noi stessi la Parola». Ma, se è vero che «in Cielo saremo solo Parola di Dio», «fin d’ora, sulla terra  – ci sollecita –, dobbiamo essere solo Parola di Dio»14.

 

Maria modello del vivere la Parola…

Chiara ci indica un modello da seguire per realizzare questo grande obiettivo: Maria, la creatura che è tutta Parola di Dio.

È la vibrante scoperta da lei fatta proprio nel periodo illuminativo del ’49, quando «la Parola si rivela in tutta la sua potenza»15 e Dio le svela in modo assolutamente nuovo anche l’esemplarità di Maria, facendogliela conoscere, appunto, come tutta «sostanziata di Parola di Dio», «tutta vestita della Parola di Dio»16.

Così dice anche Benedetto XVI nella Verbum Domini: «Contemplando nella Madre di Dio un’esistenza totalmente modellata dalla Parola, ci scopriamo anche noi chiamati ad entrare nel mistero della fede, mediante la quale Cristo viene a dimorare nella nostra vita»17.

Più volte Chiara ci ha mostrato in Maria la forma di ogni cristiano: ella rappresenta il dover essere di ciascuno di noi, chiamati come Lei a «ripetere Cristo, la Verità, la Parola, con la personalità che Dio ha dato a ciascuno»18.

Mi sembra molto bella questa sfumatura sottolineata da Chiara: «con la personalità che Dio ha dato a ciascuno», cioè con tutto il nostro essere in quanto “uomo nuovo”; con tutta la ricchezza che caratterizza ognuno di noi e che ci fa “unici” figli di Dio:

«Oggi compresi – scrive ancora in una pagina del Paradiso – che ognuno di noi è insostituibile nel nostro posto. Fummo chiamati da Dio ad essere Lui, non ad essere semplici focolarini: ad essere quindi Parole di vita vive»19.

 

…per realizzare l’unità trinitaria

Vive, come dicevamo prima parlando dei rami scorzati, essere cioè pronti a consumarci in uno. C’è infatti una dinamica d’amore che lega Parola a Parola e ci fa essere – in Dio – Parola nella Parola.

«Iddio dunque – spiega Chiara – ci ha chiamati a rivestire una Parola di Dio, la quale, perché amore, è compiuta, ma anche ha bisogno dell’altra Parola per originare una nuova bellezza di amore. Ognuno ha dunque il Regno di Dio in sé al patto però che lo perda ogni attimo nel fratello, perché l’amore è fatto così che ha ciò che perde»20.

È l’essenza della spiritualità collettiva, della Vita trinitaria alla quale è chiamato ciascuno di noi personalmente così come il Movimento nel suo insieme.

Ben lo esprime quella che è la nostra Parola di Vita per eccellenza.

Dio, «mandando questo carisma sulla terra, ha pronunciato la Parola: Unità», scrive Chiara. «Da sempre ne ho avuto consapevolezza; ho sentito cioè, fin dall’inizio, che il carisma che si esprimeva in me era il ‘due o più’ (cf Mt 18, 20) e che la luce che ne scaturiva era Gesù in mezzo a noi»21.

Nella parola unità c’è tutto il nostro impegno non solo a vivere il carisma ma anche a trasmetterlo agli altri, mediante la testimonianza del nostro amore reciproco, forti della affermazione di Gesù: «Che siano uno affinché il mondo creda» (cf Gv 17, 21). È fondamentalmente racchiusa qui la nostra tipica evangelizzazione.

 

Molteplici effetti della Parola…

A questo punto dobbiamo domandarci: quale strada abbiamo percorso fino a oggi? Quali sono gli effetti della Parola vissuta che abbiamo sperimentato in quasi 70 anni di storia del Movimento?

Osservando la nostra vita personale e comunitaria, possiamo sicuramente affermare, anche se solo per titoli, che:

                – la Parola vissuta ha operato conversioni dentro di noi e in quanti abbiamo avvicinato;

– ci ha ri-dato vita, rendendoci liberi da noi stessi, dai condizionamenti umani, dalle circostanze esterne; ci ha illuminato; ci ha fatto provare gioia, pace, sicurezza che abbiamo irradiato anche intorno a noi; ci ha fatto assaporare l’unione con Dio;

                – ci ha fatto sperimentare il «chiedete e otterrete» del Vangelo e ne ha tratto opere concrete;

                – ha creato la comunità: «Gente che prima si ignorava è diventata famiglia; cristiani, prima indifferenti l’uno all’altro, si sono compaginati in uno»22;

                – ha fatto nascere un popolo nuovo, che ha saputo abbracciare i più lontani orizzonti, generando porzioni di Chiesa viva;

                – ci ha fatto comprendere in maniera nuova la Chiesa, nel suo aspetto istituzionale e carismatico, mostrandocela come «Vangelo incarnato», «un Cristo dispiegato nei secoli», «un magnifico giardino»23 ricco di tanti fiori;

                – ci ha fatto scoprire in tanti nostri fratelli e sorelle già arrivati alla mèta Parole di Dio interamente vissute, fino al compimento del loro disegno;

                – ha facilitato il dialogo non solo con i cattolici, ma a tutti i livelli.

 

…tra cui i dialoghi

Con i cristiani di altre denominazioni ci ha permesso di scoprire in ogni tradizione quella parola che ne costituisce il dono specifico per arricchirci reciprocamente e fare del Vangelo vissuto il fondamento della comune tensione alla piena e visibile comunione.

                Come è stato esplicitamente dichiarato nel documento del dialogo teologico fra la Chiesa cattolica e la Federazione luterana mondiale: «[…] l’ascolto comunitario della parola di Dio e l’attaccamento fedele all’unico Vangelo (cf Gal 1, 6-10) sono passi indispensabili sulla via verso la piena unità. Nella sua parola “Cristo stesso costruisce la Chiesa e compie in tal modo la sua unità” (Federazione Luterana Mondiale, Őkumenische Beziehungen des LWB, Genf 1977, 171), unendo ad essa la sua azione sacramentale»24.

Con i fedeli di altre religioni ci ha orientati tutti a riconoscere nel fondamentale rapporto con Dio, attraverso la Sua Parola, la base del comune vivere e operare.

Qualche citazione.

Per l’Islam il Corano non è solo un libro di lettura, ma una guida sicura per coloro che hanno la fede, pregano e praticano il bene.

                Dice la Sura 39, 17 e 18: «Dallo, dunque, il lieto annuncio ai miei servi che ascoltino la mia parola e la seguano in ciò che ha di più bello! Sono loro quelli che Dio guida, sono loro quelli che hanno sano intelletto!».

                Gandhi, a sua volta, ci confida: «Oggi la Bhagavadgītā (testo sacro dell’induismo) è per me […] come mia madre. Ho perso da tempo la madre terrena che mi ha dato la vita, ma questa madre eterna ha pienamente colmato questo vuoto. Non è mai cambiata, non mi ha mai deluso. Quando sono in difficoltà o nello sconforto, cerco rifugio nel suo seno»25.

E ricordo quello che il Reverendo Nikkyo Niwano scriveva a Chiara nel 1987:

«Noi non dobbiamo leggere le Scritture meccanicamente o interpretarle in maniera puramente filosofica. Il Buddhismo ha un vasto canone di scritti che si dice ammonti a 84.000 opere; eppure esse non serviranno alla nostra salvezza, se noi non le leggiamo congiuntamente alla pratica religiosa nella nostra vita quotidiana.  Non dobbiamo giocare con le parole di Dio e del Buddha, ma dobbiamo incorporarle nella nostra vita…».

Infine anche nell’incontro con persone di convinzioni e culture non religiose, la Parola ci ha sottolineato tutti quegli aspetti di Gesù-Uomo che, condividendo ogni sofferenza dell’umanità, ci invita a collaborare tutti insieme per portarle sollievo.

 

Tornare ai «primi tempi»

Grati a Dio di questi frutti, quali conseguenze pratiche trarne nell’impegno verso la “nuova evangelizzazione”?

Abbiamo parlato, all’inizio, di una cantina buia in cui anche oggi ci troviamo: è questa cantina che vorremmo – in questo nuovo anno – illuminare con la luce del Vangelo.

È vero che nel Movimento ogni mese è già scandito da una Parola di Vita. Ma chiediamoci: sperimentiamo oggi gli stessi effetti dei primi tempi?

Anche se diffondiamo ogni mese la Parola di Vita in tutto il mondo e la traduciamo in molte lingue, siamo certi che nasce dovunque, così come allora, una comunità viva di persone?

O forse la Parola serve semplicemente – ci interpella Chiara – «come un qualche balsamo per le nostre anime, per consolarle, incoraggiarle, per giustificare le nostre coscienze, facendoci ripiegare così in una ben povera e languida spiritualità individuale, che poi non è neppure tale?»26.

Non dovremmo vivere noi stessi la Parola di Dio con tale radicalità che – dice ancora Chiara – «essa spezzi il nostro io, annienti il nostro egoismo, ci inchiodi con Cristo in croce in maniera tale che non più noi viviamo in noi, ma la Parola, che è Lui, viva in noi? Ed essa, che sola lo può, edifichi attorno a noi la comunità?»27.

Come fare? Da dove ricominciare? Direi proprio dal vivere la Parola, attimo dopo attimo.

Prima di qualsiasi attività, prima delle grandi manifestazioni, prima di andare in ufficio o di affrontare un viaggio pur finalizzato ad incontrare le nostre comunità… siamo chiamati, o ri-chiamati, ad avere in mano, nella mente e nella volontà solo il Vangelo. La Parola deve essere per noi il nostro abito: «come il vestito che ogni giorno indossiamo»28.

È solo vestiti di Vangelo che possiamo rispondere al dramma della nostra epoca che – come affermava già Paolo VI – consiste proprio nella «rottura tra Vangelo e cultura» e che ci chiama fortemente, tutti insieme, a dare un nuovo annuncio del Vangelo al mondo.

Come fare?

Il Movimento è ormai presente in quasi tutte le nazioni della terra: dobbiamo ora avere il coraggio di non chiuderci nella nostra vita ideale in una posizione passiva o di difesa, ma di aprirci ai fratelli, donando il Vangelo a quanti ancora non lo conoscono o che, pur avendolo conosciuto, se ne sono allontanati o l’hanno dimenticato.

La Parola – ci ricorda la Verbum Domini – ci coinvolge «non soltanto come destinatari della Rivelazione divina, ma anche come suoi annunciatori. […] Lo Spirito del Risorto abilita la nostra vita all’annuncio efficace della Parola in tutto il mondo. È l’esperienza della prima comunità cristiana, che vedeva il diffondersi della Parola mediante la predicazione e la testimonianza (cf At 6, 7)»29.

In realtà, questo “annuncio efficace della Parola in tutto il mondo” è l’esperienza nella quale tutti noi siamo coinvolti fin dal primo giorno in cui abbiamo conosciuto l’Ideale.

Si tratta di prenderne nuova coscienza, soprattutto in questo tempo in cui anche tanti cristiani hanno bisogno che sia loro riannunciata in modo persuasivo la Parola di Dio, così da poter sperimentare concretamente la forza del Vangelo.

Ora questo modo persuasivo è sicuramente prima di tutto la testimonianza della vita. Abbiamo già ricordato all’inizio come Chiara avrebbe desiderato che si potessero riscrivere i Vangeli osservando la nostra condotta.

E troviamo quasi un’eco a queste parole in Gerhard Tersteegen, teologo evangelico del sec. XVIII, che scrive:

«Apriti fino in fondo [a Cristo] in silenzio e completamente come un foglio bianco, in modo che egli stesso scriva la sua legge nel tuo cuore per mano dello Spirito Santo affinché tu, nel tuo essere e nella tua condotta di vita, diventi una sacra Scrittura, una lettera che tutti possono leggere. Allora la Scrittura rimane una preziosa testimonianza di Cristo e si crederà non soltanto per averla letta, ma perché si è ascoltato e conosciuto Lui»30.

 

Attenti alle situazioni di oggi

Certamente oggi ci è richiesto di usare linguaggi e modi comprensibili agli uomini e donne del nostro tempo, coinvolti in processi sociali e culturali in rapida trasformazione.

Scrive il teologo ortodosso Evdokimov: «Parola di vita, essa non è una dottrina statica, bensì il luogo vivente della Presenza. Per questo ogni testimone del Vangelo è prima di tutto presente ed attuale, in ascolto del mondo visibile; nello stesso tempo egli interpreta l’attualità alla luce dell’invisibile, facendo così convergere la visione di Dio sulla storia e tutte le aspirazioni legittime dell’umanesimo moderno»31.

Sono questi testimoni del Vangelo che il Sinodo dei Vescovi ha riconosciuto con gratitudine in quanti fanno parte dei Movimenti ecclesiali e delle nuove comunità. Essi «sono nella Chiesa – dice la Verbum Domini – una grande forza per l’evangelizzazione in questo tempo, spingendo a sviluppare nuove forme d’annuncio del Vangelo»32.

Mi sembra che in queste «nuove forme d’annuncio del Vangelo» noi possiamo rispecchiarci in pieno. Ci incoraggia ricordare che proprio Benedetto XVI ha riconosciuto in Chiara la «fondatrice di una vasta famiglia spirituale che abbraccia campi molteplici di evangelizzazione»33.

Si tratta, quindi, di dare nuova vita a questi campi che Chiara ha aperto, ricordandoci prima di tutto che evangelizziamo continuamente se viviamo il nostro Ideale, sia quando lavoriamo all’interno del nostro Movimento, sia quando viviamo a diretto contatto con il mondo.

È ciò che Chiara ci ha sempre insegnato, guidandoci passo passo in ogni attimo della giornata: vivere e annunciare il Vangelo significa per noi «sfruttare ogni occasione per allacciare rapporti, stringere amicizie, coltivare i cuori» al punto di generare l’amore scambievole e permettere la presenza di Gesù fra noi fino a realizzare l’unità.

Ma, cercando di riconoscere nelle diverse espressioni del carisma, l’esplicitarsi di queste «nuove forme di annuncio», mi sembra di dover sottolineare quel metodo che, fin dall’inizio, è parso come una vera novità e che per questo ha anche suscitato reazioni contrastanti: la comunione delle esperienze della vita della Parola. Anche essa è chiaramente radicata nel Vangelo.

Chiara stessa ci faceva notare come il canto del Magnificat sia il racconto della straordinaria esperienza personale vissuta da Maria. E non è il solo esempio. Pensiamo alla testimonianza che il cieco nato guarito da Gesù dà ai farisei, come riporta Giovanni, al cap. 9°; o alla Samaritana che «lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: “Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?” […] Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna» (Gv 4, 28-29. 39). E perché non ricordare l’apostolo Paolo che racconta le sue numerose esperienze fino a quella di essere stato rapito al terzo cielo?

 

Annunciare il Vangelo

Di fronte al relativismo che rende oscuro e insignificante ogni tentativo di spiegazione teorica o di dimostrazione logica della verità, lo Spirito Santo sembra averci suggerito l’unico annuncio che non ammette discussione: l’esperienza vissuta può essere compresa o meno, suscitare simpatia o rivolta, attrarre o respingere, ma non può essere messa in dubbio.

Mi sembra che il nostro tipico impegno per la nuova evangelizzazione debba essere una convinta e decisa ripresa di questa comunione, che ci lega tutti in unità d’amore.

Essa, mentre servirà per annunciare o riannunciare agli altri il Vangelo in modo efficace, farà anche progredire la nostra santità collettiva. Ricordiamo che Chiara ha indicato nella comunione delle esperienze della Parola uno degli strumenti tipici per «mantenere ed accrescere l’unione con Dio»34.

Quindi, dopo un anno vissuto all’insegna della tensione alla santità che si traduceva nel vivere attimo per attimo la volontà di Dio, lo Spirito Santo ce ne apre ora un altro in cui la stessa tensione alla santità si nutre della vita del Vangelo e della comunione delle esperienze.  Questo ci permette di far fruttare al massimo l’eredità che Chiara ci ha lasciato. Rileggiamo ancora: «Avverto nell’anima un pensiero che ritorna: “Lascia a chi ti segue solo il Vangelo. Se così farai, l’Ideale dell’unità rimarrà. Ciò che resta e resterà sempre è il Vangelo, che non subisce l’usura del tempo: ‘Passeranno i cieli e la terra, ma le mie parole non passeranno’ (Mt 24, 35)”. Se così farà, l’Opera di Maria rimarrà sulla terra veramente come altra Maria: tutto Vangelo, nient’altro che Vangelo, e, poiché Vangelo, non morirà»35.

Non morirà. Ma continuerà ad essere sulla terra, per il mondo, luminoso specchio di quella Parola che Chiara ha già portato in Cielo: ut omnes unum sint, «che tutti siano uno».

Questo il mio-nostro augurio. Questo il mio-nostro impegno per il nuovo anno.

Maria Voce

 

__________________

 

1)            Espressione coniata da Giovanni Paolo II nel suo discorso all’Assemblea del CELAM (Port-au-Prince, Haiti, 9 marzo 1983), dove aveva affermato che l’evangelizzazione dev’essere nuova “nel suo ardore, nei suoi metodi, nella sua espressione” (cf Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI [1983] 1, LEV, Città del Vaticano, 698). Il tema è stato ampiamente sviluppato nel corso del suo pontificato, in discorsi e documenti importanti, quali ad esempio Christifideles laici (1988), Redemptoris missio (1990), Vita consecrata (1996) e Novo millennio ineunte (2001).

2)            C. Lubich, Essere tua Parola, Città Nuova, Roma 2008, 85.

3)            Cf Sinodo dei Vescovi, XIII Assemblea Generale Ordinaria La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, “Lineamenta” (2 febbraio 2011), n. 6.

4)            C. Lubich, Essere tua Parola, cit., 19.

5)            WA 7,20,7-25,4 (trad. ital. La libertà del cristiano [a cura di G. Miegge], Claudiana, Torino 1982, 25-36, cit. in E. Campi, Protestantesimo nei secoli, Claudiana, Torino 1991, 35).

6)            C. Lubich, Scritti Spirituali/3, Città Nuova, Roma 1979, 56.

7)            Cf C. Lubich, Lettere dei primi tempi (1943-1949). Alle origini di una nuova spiritualità, Città Nuova, Roma 2010, 185-186.

8)            Ibid., 220.

9)            Ibid., 200-201.

10)         Cf C. Lubich, Essere tua Parola,  cit., 21.

11)         Ibid., 65.

12)         Id., Paradiso ’49, “Precedenti”.

13)         Ibid.

14)         Cf Id., Paradiso ’49, nota allo scritto del 20 luglio 1949.

15)         Cf Id., Paradiso ’49, nota allo scritto “Primi giorni”.

16)         Id., Paradiso ’49, “Primi giorni”; cf anche Id., Maria trasparenza di Dio, Città Nuova, Roma 2003, 22.

17)         Cf Benedetto XVI, Verbum Domini 28.

18)         C. Lubich, Maria trasparenza di Dio,  cit., 23.

19)         Id., Paradiso ’49, scritto dell’8 novembre 1950.

20)         Ibid.

21)         Cf Id., Paradiso ’49, nota allo scritto del 25 luglio 1949.

22)         Id., Creare e ricreare la comunità, in Santi insieme, Città Nuova, Roma 1994, 56.

23)         Cf Id., Paradiso ’49, “La Chiesa” (1950); cf anche Id., Una via nuova. La spiritualità dell’unità, Città Nuova, Roma 2002, 22.

24)         Vie verso la Comunione (1980) n.15, in Enchiridion Oecumenicum, vol 1, EDB 1986, 661.

25)         Harijan, 24-8-1934, 222.

26)         Cf C. Lubich, Creare e ricreare la comunità, in Santi insieme, cit., 56.

27)         Ibid.

28)         Cf C. Lubich, Essere tua Parola, cit., 70.

29)         Benedetto XVI, Verbum Domini 91.

30)         Cit. in A. Löschhorn, Ich bete an die Macht der Liebe. Gerhard Tersteegens christliche Mystik, Basel 1948, 120-121 (nostra traduzione dal tedesco).

31)         P. N. Evdokimov, L’amore folle di Dio, Paoline, Roma 1981, 68.

32)         Benedetto XVI, Verbum Domini 94.

33)         Id., Telegramma al cardinal Bertone, 18 marzo 2008, in “Il Regno” 7 (2008), 197-198.

34)         Statuti Generali dell’Opera di Maria, art. 50.

35)         C. Lubich, Essere tua Parola, cit., 85.