Prospettive fondamentali della «Verbum Domini»

 

La Parola di Dio nella vita

e nella missione della Chiesa

 

di Hubertus Blaumeiser

 

Nella Esortazione postsinodale «Verbum Domini», Benedetto XVI ha raccolto le riflessioni e conclusioni del Sinodo dei Vescovi del 2008. L’ampio testo rappresenta una vera “summa” sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa oggi. Nello stile di una lettura meditata, l’autore di questo contributo evidenzia alcune delle principali prospettive del documento, come invito ad ulteriori approfondimenti.

               

Benedetto XVI, con il suo stile mite e misurato, ci chiama all’essenziale. «Non esiste priorità più grande di questa: riaprire all’uomo di oggi l’accesso a Dio, al Dio che parla e ci comunica il suo amore perché abbiamo vita in abbondanza (cf Gv 10, 10)», scrive in apertura dell’Esortazione postsinodale Verbum Domini sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa (n. 2). Se vogliamo che l’umanità abbia un futuro migliore, e non solo a livello religioso, ma anche a livello economico e politico, sul piano dell’esistenza personale e della convivenza sociale, urge far re-incontrare il mondo di oggi con il Dio di Gesù e quindi con il suo disegno sulla storia umana. È questo il grande intento del prossimo Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione e sulla trasmissione della fede che si svolgerà nell’ottobre 2012.

Ma perché ciò sia possibile bisogna che innanzi tutto noi cristiani siamo radicati in Dio, ben nutriti alle due “mense” che il Concilio Vaticano II ha rimesso in luce: quella dell’Eucaristia e quella, non meno importante, della Parola. quella della Chiesa (cf At 2, 42). Gli ultimi due Sinodi ordinari – quello del 2005 e quello del 2008 – erano dedicati a queste due “fonti” alle quali abbeverarci e riempirci di Dio, e ogni volta Benedetto XVI ha comunicato il risultato di queste Assemblee episcopali a tutta la Chiesa attraverso una Esortazione postsinodale; la Verbum Domini, appunto, nel nostro caso.

Il Sinodo dei Vescovi del 2008 – afferma la Verbum Domini – è stato «un’esperienza profonda di incontro con Cristo, Verbo del Padre, che è presente dove due o tre si trovano riuniti nel suo nome (cf Mt 18, 20)» (n. 1); incontro pieno di «bellezza» e «fascino» (n. 2).

Per cogliere quanto Benedetto XVI aveva in animo dopo questo Sinodo, possiamo ricorrere a un brano dell’omelia per la Missa Chrismatis nella Settimana Santa del 2009:

«I discepoli vengono […] tirati nell’intimo di Dio mediante l’essere immersi nella Parola di Dio. La Parola di Dio è, per così dire, il lavacro che li purifica, il potere creatore che li trasforma nell’essere di Dio. E allora, come stanno le cose nella nostra vita? Siamo veramente pervasi dalla Parola di Dio? È vero che essa è il nutrimento di cui viviamo, più di quanto non lo siano il pane e le cose di questo mondo? La conosciamo davvero? La amiamo? Ci occupiamo interiormente di questa Parola al punto che essa realmente dà un’impronta alla nostra vita e forma il nostro pensiero? O non è piuttosto che il nostro pensiero sempre di nuovo si modella con tutto ciò che si dice e che si fa? Non sono forse assai spesso le opinioni predominanti i criteri secondo cui ci misuriamo? Non rimaniamo forse, in fin dei conti, nella superficialità di tutto ciò che, di solito, s’impone all’uomo di oggi? Ci lasciamo veramente purificare nel nostro intimo dalla Parola di Dio?».

Cercheremo, nello stile di una lettura meditata, di soffermarci qui su alcuni passaggi salienti della Verbum Domini, a mo’ di “pennellate” che ci introducono in alcune delle principali tematiche di questo ampio testo1.

La struttura del documento si articola in tre capitoli: Verbum Dei (la Parola come dialogo che Dio istaura con l’umanità) – Verbum in Ecclesia (la Parola nella liturgia e nella vita della Chiesa) – Verbum mundo (la Parola nella missione della Chiesa fino agli ultimi confini della terra).

 

Parola che illumina la vita dell’umanità

Colpisce subito la visione ad ampio respiro che la Verbum Domini ci offre della Parola di Dio. Innanzi tutto sotto il profilo antropologico:

«il Verbo, che dal principio è presso Dio ed è Dio, ci rivela Dio stesso nel dialogo di amore tra le Persone divine e ci invita a partecipare ad esso. Pertanto, fatti ad immagine e somiglianza di Dio amore, possiamo comprendere noi stessi solo nell’accoglienza del Verbo e nella docilità all’opera dello Spirito Santo» (n. 6).

«L’uomo è creato nella Parola e vive in essa; egli non può capire se stesso se non si apre a questo dialogo. La Parola di Dio rivela la natura filiale e relazionale della nostra vita. Siamo davvero chiamati per grazia a conformarci a Cristo, il Figlio del Padre, ed essere trasformati in Lui» (n. 22).

«La Parola di Dio, infatti, non si contrappone all’uomo, non mortifica i suoi desideri autentici, anzi li illumina, purificandoli e portandoli a compimento. […] In realtà, tutta l’economia della salvezza ci mostra che Dio parla ed interviene nella storia a favore dell’uomo e della sua salvezza integrale. Quindi è decisivo, dal punto di vista pastorale, presentare la Parola di Dio nella sua capacità di dialogare con i problemi che l’uomo deve affrontare nella vita quotidiana» (n. 23).

Creati, per mezzo del Verbo ad immagine di Dio Trinità, noi – e non solo noi, ma ogni uomo, ogni donna sulla faccia della terra – non riusciamo a realizzarci in pienezza, finché non incontriamo il Verbo e finché la nostra vita non diventa Parola, espressione di Gesù, l’uomo Dio, e del suo mistero di morte e risurrezione.

 

Dimensione cosmica della Parola

Lo sguardo della Verbum Domini si allarga oltre:

«Il Prologo di san Giovanni afferma, in riferimento al Logos divino [cioè al Verbo], che “tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste” (Gv 1, 3); anche nella Lettera ai Colossesi si afferma in riferimento a Cristo, “primogenito di tutta la creazione” (1, 15), che “tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui” (1, 16). E l’autore della Lettera agli Ebrei ricorda che “per fede, noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sicché dall’invisibile ha preso origine il mondo visibile” (11, 3)» (n. 8).

Per questo – fa notare la Verbum Domini – San Bonaventura, in linea con la tradizione dei Padri greci, aveva affermato: «ogni creatura è parola di Dio, poiché proclama Dio» (n. 8)2.

Ed ecco un’immediata conseguenza di cui non sempre siamo consci:

«Chi conosce la divina Parola conosce pienamente anche il significato di ogni creatura. Se tutte le cose, infatti, “sussistono” in Colui che è “prima di tutte le cose” (cf Col 1, 17), allora chi costruisce la propria vita sulla sua Parola edifica veramente in modo solido e duraturo. La Parola di Dio ci spinge a cambiare il nostro concetto di realismo: realista è chi riconosce nel Verbo di Dio il fondamento di tutto» (n. 10).

 

«Sinfonia della Parola»

La Verbum Domini ci apre orizzonti vasti anche in un’altra dimensione, facendoci notare che l’unica Parola di Dio si esprime in diversi modi, tanto che si può parlare di “un canto a più voci”, una vera “sinfonia della Parola”: da un lato il Verbo eterno, il Figlio unigenito nel Seno del Padre; dall’altro il Figlio fattosi uomo nel seno di Maria; e ancora: il “libro” della creazione: la creazione come espressione, come Parola di Dio; e poi il parlare di Dio attraverso i profeti in Israele e attraverso gli Apostoli nella Chiesa nascente; infine la Scrittura, con l’Antico e il Nuovo Testamento: tutto questo è la grande Sinfonia della Parola che abbraccia, secondo un unico disegno divino, il cosmo e la storia intera e ha il suo centro e la sua espressione piena nella persona di Cristo3.

La Parola perciò non è semplicemente parola o discorso, ma è Persona. In Gesù – diceva la tradizione patristica e medievale – «il Verbo si è abbreviato», si è fatto piccolo, affinché diventi per noi afferrabile. Gesù è il Logos divino, ma anche «l’uomo vero, colui che compie in ogni istante non la propria volontà ma quella del Padre» (cf n. 12).

 

Parola della croce

A questo punto, la Verbum Domini concentra il suo sguardo sull’Evento pasquale:

«qui siamo posti di fronte alla “Parola della croce” (1Cor 1, 18). Il Verbo ammutolisce, diviene silenzio mortale, poiché si è “detto” fino a tacere, non trattenendo nulla di ciò che ci doveva comunicare. […] Qui ci è davvero comunicato l’amore “più grande”, quello che dà la vita per i propri amici (cf Gv 15, 13).

In questo grande mistero Gesù si manifesta come la Parola della Nuova ed Eterna Alleanza: la libertà di Dio e la libertà dell’uomo si sono definitivamente incontrate nella sua carne crocifissa, in un patto indissolubile, valido per sempre. […]

Nel mistero luminosissimo della risurrezione questo silenzio della Parola si manifesta nel suo significato autentico e definitivo. Cristo, Parola di Dio incarnata, crocifissa e risorta, è Signore di tutte le cose; egli è il Vincitore, il Pantocrator, e tutte le cose sono così ricapitolate per sempre in Lui (cf Ef 1,10). Cristo, dunque, è “la luce del mondo” (Gv 8, 12), quella luce che “splende nelle tenebre” (Gv 1, 5) e che le tenebre non hanno vinto (cf Gv 1, 5). […] Sì, nella risurrezione il Figlio di Dio è sorto come Luce del mondo. Adesso, vivendo con Lui e per Lui, possiamo vivere nella luce» (n. 12).

E qui si apre un’altra, toccante pagina della Verbum Domini:

«Come mostra la croce di Cristo, Dio parla anche per mezzo del suo silenzio. Il silenzio di Dio, l’esperienza della lontananza dell’Onnipotente e Padre è tappa decisiva nel cammino terreno del Figlio di Dio, Parola incarnata. Appeso al legno della croce, ha lamentato il dolore causatoGli da tale silenzio: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mc 15, 34; Mt 27, 46). Procedendo nell’obbedienza fino all’estremo alito di vita, nell’oscurità della morte, Gesù ha invocato il Padre. A Lui si è affidato nel momento del passaggio, attraverso la morte, alla vita eterna: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23, 46).

Questa esperienza di Gesù è indicativa della situazione dell’uomo che, dopo aver ascoltato e riconosciuto la Parola di Dio, deve misurarsi anche con il suo silenzio. È un’esperienza vissuta da tanti santi e mistici, e che pure oggi entra nel cammino di molti credenti. Il silenzio di Dio prolunga le sue precedenti parole. In questi momenti oscuri Egli parla nel mistero del suo silenzio. Pertanto, nella dinamica della Rivelazione cristiana, il silenzio appare come un’espressione importante della Parola di Dio» (n. 21).

 

«Dio in dialogo»

Se fin qui ci siamo concentrati su Dio che parla, la nostra attenzione non può non rivolgersi anche ai destinatari di tale Parola.

«Dio in dialogo» è uno dei primi sottotitoli della Verbum Domini. E il testo spiega: «La novità della rivelazione biblica consiste nel fatto che Dio si fa conoscere nel dialogo che desidera avere con noi» (n. 6). Si tratta perciò di «riscoprire ciò che nel quotidiano rischiamo di dare per scontato: il fatto che Dio parli e risponda alle nostre domande» (n. 4).

Più in là l’Esortazione spiega: «non si tratta di un incontro tra due contraenti alla pari; ciò che noi chiamiamo Antica e Nuova Alleanza non è un atto di intesa tra due parti uguali, ma puro dono di Dio». Tuttavia:

«Mediante questo dono del suo amore Egli, superando ogni distanza, ci rende veramente suoi “partner”, così da realizzare il mistero nuziale dell’amore tra Cristo e la Chiesa. In questa visione ogni uomo appare come il destinatario della Parola, interpellato e chiamato ad entrare in tale dialogo d’amore con una risposta libera. Ciascuno di noi è reso così da Dio capace di ascoltare e rispondere alla divina Parola» (n. 22).

E questo non solo nel passato, ma oggi:

«Nella Parola di Dio proclamata ed ascoltata e nei Sacramenti, Gesù dice oggi, qui e adesso, a ciascuno: “Io sono tuo, mi dono a te”; perché l’uomo possa accogliere e rispondere, e dire a sua volta: “Io sono tuo”» (n. 51).

In questa luce, la Verbum Domini parla del peccato in questi termini:

«Molto spesso troviamo sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento la descrizione del peccato come non ascolto della Parola, come rottura dell’Alleanza e dunque come chiusura nei confronti di Dio che chiama alla comunione con Lui» (n. 26).

Maria è il supremo modello di tale ascolto e risposta:

«La realtà umana, creata per mezzo del Verbo, trova la sua figura compiuta proprio nella fede obbediente di Maria. Ella dall’Annunciazione alla Pentecoste si presenta a noi come donna totalmente disponibile alla volontà di Dio. È l’Immacolata Concezione, colei che è “colmata di grazia” da Dio (cf Lc 1, 28), docile in modo incondizionato alla Parola divina (cf Lc 1, 38). La sua fede obbediente plasma la sua esistenza in ogni istante di fronte all’iniziativa di Dio. Vergine in ascolto, ella vive in piena sintonia con la divina Parola; serba nel suo cuore gli eventi del suo Figlio, componendoli come in un unico mosaico (cf Lc 2, 19.51).

[…] Ella è la figura della Chiesa in ascolto della Parola di Dio che in lei si fa carne. Maria è anche simbolo dell’apertura per Dio e per gli altri; ascolto attivo, che interiorizza, assimila, in cui la Parola diviene forma della vita» (n. 27).

Quello che è avvenuto in Maria in maniera unica e esemplare, può e dovrà accadere anche in noi:

«Ogni cristiano che crede, ci ricorda sant’Ambrogio, in un certo senso, concepisce e genera il Verbo di Dio in se stesso: se c’è una sola Madre di Cristo secondo la carne, secondo la fede, invece, Cristo è il frutto di tutti» (n. 28).

Un ruolo particolare, in questo contesto, va attribuito alla vita consacrata:

«essa “nasce dall’ascolto della Parola di Dio ed accoglie il Vangelo come sua norma di vita”. Vivere nella sequela di Cristo casto, povero ed obbediente è in tal modo una “ ‘esegesi’ vivente della Parola di Dio”. Lo Spirito Santo, in forza del quale è stata scritta la Bibbia, è il medesimo che illumina “di luce nuova la Parola di Dio ai fondatori e alle fondatrici. Da essa è sgorgato ogni carisma e di essa ogni regola vuole essere espressione”, dando origine ad itinerari di vita cristiana segnati dalla radicalità evangelica» (n. 83).

Tale radicalità evangelica, secondo Benedetto XVI, è una chiave importante per la comprensione della Scrittura che «rimarrebbe incompiuta se non si mettesse in ascolto anche di chi ha vissuto veramente la Parola di Dio, ossia i Santi» (n. 48). Un’osservazione che il Papa ribadisce anche in questo brano:

«la santità nella Chiesa rappresenta un’ermeneutica della Scrittura dalla quale nessuno può prescindere. Lo Spirito Santo che ha ispirato gli autori sacri è lo stesso che anima i Santi a dare la vita per il Vangelo. Mettersi alla loro scuola costituisce una via sicura per intraprendere un’ermeneutica viva ed efficace della Parola di Dio» (n. 49).

È significativo come la Verbum Domini a un certo punto parli del “genio femminile” in relazione alla Parola di Dio:

«Il contributo del “genio femminile”, come lo chiamava Papa Giovanni Paolo II, alla conoscenza della Scrittura e all’intera vita della Chiesa, è oggi più ampio che in passato e riguarda ormai anche il campo degli stessi studi biblici. Esse [le donne], infatti, “sanno suscitare l’ascolto della Parola, la relazione personale con Dio e comunicare il senso del perdono e della condivisione evangelica”, come pure essere portatrici di amore, maestre di misericordia e costruttrici di pace, comunicatrici di calore ed umanità in un mondo che troppo spesso valuta le persone con freddi criteri di sfruttamento e profitto» (n. 85).

 

La Chiesa: «casa della Parola»

L’intera Esortazione apostolica è pervasa del rapporto stretto e molteplice fra la Parola e la Chiesa. «La Chiesa si fonda sulla Parola di Dio, nasce e vive di essa», afferma il testo subito in apertura (n. 3). E prosegue poco dopo: 

«abbiamo potuto constatare con gioia e gratitudine che “nella Chiesa c’è una Pentecoste anche oggi – cioè che essa parla in molte lingue […]: in essa sono presenti i molteplici modi dell’esperienza di Dio e del mondo, la ricchezza delle culture, e solo così appare la vastità dell’esistenza umana e, a partire da essa, la vastità della Parola di Dio”» (n. 4)4.

In seguito, la Chiesa viene caratterizzata come “casa della Parola”, con particolare riferimento alla liturgia come «ambito privilegiato in cui Dio parla a noi nel presente della nostra vita» (n. 52). Ogni azione liturgica, infatti, «è per natura sua intrisa di sacra Scrittura. […] Più ancora, si deve dire che Cristo stesso “è presente nella sua parola, giacché è Lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura”» (n. 52)5.

Nella vita della Chiesa, la Parola di Dio è intimamente legata ai Sacramenti, anzi è essa stessa segno efficace: «Nella storia della salvezza infatti non c’è separazione tra ciò che Dio dice e opera; la sua stessa Parola si presenta come viva ed efficace (cf Eb 4, 12)» (n. 53). Molto in breve, la Verbum Domini sintetizza così ciò che produce la Parola di Dio:

«[…] là dove l’uomo, pur fragile e peccatore, si apre sinceramente all’incontro con Cristo, inizia una trasformazione radicale: “a quanti però lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio” (Gv 1, 12). Accogliere il Verbo vuol dire lasciarsi plasmare da Lui, così da essere, per la potenza dello Spirito Santo, resi conformi a Cristo, al “Figlio unigenito che viene dal Padre” (Gv 1, 14). È l’inizio di una nuova creazione, nasce la creatura nuova, un popolo nuovo» (n. 50).

Davanti alla Parola s’impone pertanto un atteggiamento simile a quello che abbiamo davanti all’Eucaristia:

«san Girolamo afferma: “Io penso che il Vangelo è il Corpo di Cristo. […] Quando ci rechiamo al Mistero [eucaristico], se ne cade una briciola, ci sentiamo perduti. E quando stiamo ascoltando la Parola di Dio, e ci viene versata nelle orecchie la Parola di Dio e la carne di Cristo e il suo sangue, e noi pensiamo ad altro, in quale grande pericolo non incappiamo?”6» (n. 56).

«Come l’adorazione eucaristica prepara, accompagna e prosegue la liturgia eucaristica, così la lettura orante personale e comunitaria prepara, accompagna ed approfondisce quanto la Chiesa celebra con la proclamazione della Parola nell’ambito liturgico» (n. 86).

Via privilegiata per questo è la cosiddetta Lectio divina che i Padri Sinodali hanno raccomandato calorosamente perché davvero

«capace di schiudere al fedele il tesoro della Parola di Dio, ma anche di creare l’incontro col Cristo, parola divina vivente»7. […] Come affermava sant’Ambrogio: quando prendiamo in mano con fede le sacre Scritture e le leggiamo con la Chiesa, l’uomo torna a passeggiare con Dio nel paradiso8» (n. 87).

In questo approfondimento della Parola – avverte la Verbum Domini –

«si deve evitare il rischio di un approccio individualistico, tenendo presente che la Parola di Dio ci è data proprio per costruire comunione, per unirci nella Verità nel nostro cammino verso Dio. È una Parola che si rivolge a ciascuno personalmente, ma è anche una Parola che costruisce comunità, che costruisce la Chiesa» (n. 86).

«possiamo approfondire il nostro rapporto con la Parola di Dio solo all’interno del “noi” della Chiesa, nell’ascolto e nell’accoglienza reciproca» (n. 4)9.

Accostare le Scritture in questo modo, anche nella catechesi, fa sì «che quelle parole siano percepite come vive, come vivo è Cristo oggi dove due o tre si riuniscono nel suo nome (cf Mt 18, 20)» (n. 74).

In questa prospettiva – afferma ancora il testo –

«è bene che nell’attività pastorale si favorisca anche la diffusione di piccole comunità, “formate da famiglie o radicate nelle parrocchie o legate ai diversi movimenti ecclesiali e nuove comunità”, in cui promuovere la formazione, la preghiera e la conoscenza della Bibbia secondo la fede della Chiesa» (n. 73).

 

Il Vangelo fa nuove tutte le cose

Avviandoci verso la fine di questa lettura della Verbum Domini, ci troviamo riportati all’inizio: la dimensione antropologica e cosmica della Parola di Dio che spinge la Chiesa a lanciarsi verso tutti.

«Il Verbo di Dio ci ha comunicato la vita divina che trasfigura la faccia della terra, facendo nuove tutte le cose (cf Ap 21, 5)» (n. 91).

Di conseguenza:

«In nessun modo la Chiesa può limitarsi ad una pastorale di “mantenimento”, per coloro che già conoscono il Vangelo di Cristo. […] la Parola di Dio è la verità salvifica di cui ogni uomo in ogni tempo ha bisogno. Per questo, l’annuncio deve essere esplicito […] anche a rischio della persecuzione» (n. 95).

«Tuttavia, è importante che ogni modalità di annuncio tenga presente, innanzitutto, la relazione intrinseca tra comunicazione della Parola di Dio e testimonianza cristiana. Da ciò dipende la stessa credibilità dell’annuncio […] affinché non appaia come una bella filosofia o utopia, ma piuttosto come una realtà che si può vivere e che fa vivere» (n. 97).

In questo contesto il Sinodo riconosce con gratitudine

«che i movimenti ecclesiali e le nuove comunità sono, nella Chiesa, una grande forza per l’evangelizzazione in questo tempo, spingendo a sviluppare nuove forme d’annuncio del Vangelo» (n. 94).

Col loro apporto, assieme a quello di tutte le altre componenti della Chiesa, si tratta di perseguire obiettivi quanto mai vasti:

«raggiungere [come aveva scritto Paolo VI nella Evangelii nuntiandi] e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno della salvezza» (n. 100).

«dall’altra parte, la stessa Parola può e deve trasmettersi in culture differenti, trasfigurandole dall’interno […]. La Parola di Dio, come del resto la fede cristiana, manifesta così un carattere profondamente interculturale, capace di incontrare e di far incontrare culture diverse» (n. 114).

«Usciamo dalla limitatezza delle nostre esperienze ed entriamo […] nella universalità che collega tutti, unisce tutti, ci fa tutti fratelli», disse Benedetto XVI all’inizio del Sinodo (n. 116).

Simile impresa non esclude ma anzi richiede il dialogo, come precisa la Verbum Domini nella sua parte finale:

«La Chiesa riconosce come parte essenziale dell’annuncio della Parola l’incontro, il dialogo e la collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà, in particolare con le persone appartenenti alle diverse tradizioni religiose dell’umanità, evitando forme di sincretismo e di relativismo e seguendo le linee indicate dalla Dichiarazione del Concilio Vaticano II Nostra aetate sviluppate dal Magistero successivo dei Sommi Pontefici. Il veloce processo di globalizzazione, caratteristico della nostra epoca, mette in condizioni di vivere a più stretto contatto con persone di culture e religioni diverse. Si tratta di un’opportunità provvidenziale per manifestare come l’autentico senso religioso possa promuovere tra gli uomini relazioni di universale fraternità» (n. 117).

A partire da queste premesse, i cristiani, animati dalla Parola di Dio, sono chiamati ad essere operatori di riconciliazione e di pace abbattendo i muri di divisione che separano persone e popoli, ad impegnarsi per la giustizia e la solidarietà, andando incontro a chi vive nella povertà e a chi soffre, a guardare con occhi nuovi l’intero cosmo, dando vita a un’ecologia autentica (cf nn. 99-108).

In conclusione

Terminiamo queste “pennellate” con alcune delle ultime frasi dell’Esortazione apostolica:

«Il nostro dev’essere sempre più il tempo di un nuovo ascolto della Parola di Dio e di una nuova evangelizzazione» (n. 122).

«Quanto più sapremo metterci a disposizione della divina Parola, tanto più potremo constatare che il mistero della Pentecoste è in atto anche oggi nella Chiesa di Dio» (n. 123).

«[…] l’annuncio della Parola crea comunione e realizza la gioia. Si tratta di una gioia profonda che scaturisce dal cuore stesso della vita trinitaria e che si comunica a noi nel Figlio» (n. 123).

«Ogni nostra giornata sia dunque plasmata dall’incontro rinnovato con Cristo, Verbo del Padre fatto carne […]. Così anche noi potremo entrare nel grande dialogo nuziale con cui si chiude la sacra Scrittura: “Lo Spirito e la sposa dicono: ‘Vieni!’. E chi ascolta ripeta: ‘Vieni!’. […] Colui che attesta queste cose dice: ‘Sì, vengo presto!’ […]”. (Ap 22, 17.20)» (n. 124).

Hubertus Blaumeiser

 

 

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1)            Dovremo purtroppo tralasciare qui alcune questioni particolari per le quali la Verbum Domini offre importanti chiarimenti, come la retta interpretazione della Scrittura e varie domande inerenti alla Parola di Dio nel contesto della liturgia.

2)            Itinerarium mentis in Deum, II, 12.

3)            Cf Verbum Domini, n. 7.

4)            Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana (22 dicembre 2008): AAS 101 (2009) 50.

5)            Concilio Vaticano II, Costituzione Sacrosanctum Concilium, n. 7.

6)            In Psalmum 147: CCL 78, 337-338.

7)            Messaggio finale, III, 9.

8)            Cf Epistula 49, 3: PL 16, 1204A.

9)            «La Bibbia è stata scritta dal Popolo di Dio e per il Popolo di Dio, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo. Solo in questa comunione col Popolo di Dio possiamo realmente entrare con il “noi” nel nucleo della verità che Dio stesso ci vuol dire» (n. 30). In concreto questo vuol dire anche: «la giusta conoscenza del testo biblico è accessibile solo a colui che ha un’affinità vissuta con ciò di cui parla il testo» (n. 30 che cita: Pontificia Commissione Biblica, L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa [15 aprile 1993], II, A, 2: Ench. Vat. 13, n. 2988).