Alcuni principi per fare comunicazione

 

Non è pensabile infatti che una nuova comunicazione possa essere proposta dall’alto, da una qualche agenzia internazionale o istituzione. Nascerà dal vissuto di comunicatori che hanno Dio-Amore come modello comunicante e come paradigma di relazioni professionali.

Ed è proprio a lui che cercano di attingere quelli fra noi che si occupano di comunicazione. Essi hanno tratto dalla loro esperienza storica un modo originale di fare comunicazione. (…)

Prima considerazione: per essi il comunicare è essenziale. Il tendere a vivere nel quotidiano il Vangelo, l’esperienza stessa della Parola di vita è sempre stata ed è unita indissolubilmente al comunicarla, al raccontarne i passi ed i frutti, dato che è legge amare l’altro come sé. Si pensa che ciò che non si comunica vada perduto. Così sul vissuto si accende la luce, per chi racconta e per chi ascolta, e l’esperienza pare fissarsi nell’eterno. Si ha quasi una vocazione al comunicare.

Seconda considerazione: per comunicare, sentiamo di dover farci uno – come noi diciamo – con chi ascolta. Anche quando si parla o si svolge un tema, non ci si limita ad esporre il contenuto del nostro pensiero. Prima sentiamo l’esigenza di sapere chi abbiamo dinanzi, conoscere l’ascoltatore o il pubblico, le sue esigenze, i desideri, i problemi. Così pure farci conoscere, spiegare perché si desidera fare quel discorso, che cosa ci ha spinti, quali gli effetti di esso su noi stessi e creare con ciò una certa reciprocità. In tal modo il messaggio viene non solo intellettualmente recepito, ma anche partecipato e condiviso.

Una terza considerazione: sottolineare il positivo. È sempre stato nel nostro stile mettere in luce ciò che è buono, convinti che sia infinitamente più costruttivo evidenziare il bene, insistere sulle cose buone e sulle prospettive positive, che non fermarsi al negativo,

anche se la denuncia opportuna di errori, limiti e colpe, è doverosa per chi ha responsabilità.

Infine: importa l’uomo, non il “media”, che è un semplice strumento. Per portare l’unità, occorre anzitutto quel mezzo imprescindibile che è l’uomo, un uomo nuovo per dirla con san Paolo, che ha accolto cioè il mandato di Cristo ad essere lievito, sale, luce del mondo.

 

Chiara Lubich

 

Da: Il Movimento dei Focolari e i mezzi di comunicazione sociale, in «Nuova Umanità», 133 (2001/1), 133, 19-20.