Modelli comunicativi nell’era di internet e loro influsso sulla formazione

 

La «Net Generation»

 

di Cesare Borin

 

L’autore, ingegnere elettronico di grande esperienza nel mondo della comunicazione e membro della Commissione internazionale di NetOne, offre una riflessione che aiuti a comprendere meglio la condizione antropologica delle nuove generazioni, “sempre collegate”. Una riflessione che fa comprendere le dinamiche in gioco e che delinea vie per usare questi strumenti come occasione di crescita di una vera e attesa “comunione mondiale tra civiltà e culture”. Come l’articolo di Maria Rosa Logozzo, anche questo testo è nato come lezione al “Corso per educatori nei seminari” svoltosi nel luglio 2011 a Vallombrosa (Firenze).

 

«Tutti insieme possiamo partire da qui con la comune determinazione a usare i mass-media per quello che devono essere: strumenti per realizzare un mondo più unito… La globalizzazione non soffocherà i popoli, ma si trasformerà in una comunione mondiale tra le civiltà e le culture, dove tutte le ricchezze spirituali e materiali diventeranno patrimonio comune, senza mortificare ma sottolineando la singolarità di ciascuno, in una continua dinamica di unità e distinzione»[1].

 

Le tecnologie della comunicazione

 

Le tecnologie dell’informazione hanno cambiato la nostra vita e stanno introducendo un cambiamento culturale di cui ancora non valutiamo bene la portata, forse uno dei più importanti della storia dell’umanità.

Come vedremo, questi cambiamenti iniziano ad essere studiati come una nuova condizione antropologica[2].

Non mi sarà possibile affrontare in modo esauriente un argomento così complesso, mi limito a fornire alcuni spunti.

Esaminerò brevemente alcune delle caratteristiche della cosiddetta “net generation”, la generazione dei giovani fino ai 30 anni, chiamati così perché nati in una società in cui internet già esisteva. Questa analisi può essere utile per evidenziare i cambiamenti del contesto educativo in cui oggi ci si trova ad operare.

 

Internet

 

Se tutti conosciamo cos’è internet, probabilmente non tutti sappiamo come funziona, chi la governa, come è nata.

A luglio 2011 gli utilizzatori di Internet hanno superato i 2 miliardi (2.095 milioni), poco più del 30% della popolazione[3], con un incremento del 480% nell’ultimo decennio. Fra pochi anni ad utilizzare internet sarà la metà della popolazione mondiale.

Sarebbe interessante approfondire alcuni degli aspetti ideali che hanno segnato la nascita di internet e la sua evoluzione, ci darebbero un’indicazione sul clima culturale che sottostà ad essa.

Ho avuto modo di conoscere personalmente Vinton Cerf (uno dei primi ricercatori del progetto ARPANET) e Tim Berners Lee (inventore del web) e constatare come in questi pionieri le idealità delle origini siano tutt’ora importanti.

È significativo notare che le regole tecniche su come funziona internet si sono affermate in base al consenso che hanno ottenuto, dal basso e non per imposizione dall’alto, fuori dal controllo regolatorio degli Stati. Ne sono derivati importanti effetti sulle politiche pubbliche e sul mercato globalizzato.

Ma che cosa hanno cambiato la nascita di internet e il web?

Internet non è solo una serie di nuovi strumenti di comunicazione accanto agli altri, ma ha creato uno nuovo spazio sociale, o meglio nuovi “ambiti” di socialità.

Vediamo più da vicino alcune caratteristiche di internet che stanno trasformando la nostra cultura.

 

Comunicare è possibile!

Comunicare è sempre stato un bene prezioso e difficile da ottenere perché limitato da severi vincoli di spazio e quindi con elevati costi economici e tecnici. Oggi non più. Basta confrontare il costo di una telefonata internazionale di qualche anno fa con una odierna su Skype o strumenti simili che fanno viaggiare la telefonata su internet.

Questa riduzione di uno dei più importanti vincoli sperimentati dall’uomo, induce un importantissimo mutamento non solo nella prassi ma soprattutto culturale.

 

Informazione bidirezionale

La classica comunicazione fin’ora è stata monodirezionale, o “one way” (i libri, i giornali, la TV), in cui abbiamo qualcuno che produce un contenuto e lo manda a tutti gli altri. L’utilizzatore non ha la possibilità di intervenire, al massimo può cambiare canale.

Internet rende possibile (cioè semplice ed economico) scegliere i contenuti da fruire e produrne a propria volta di nuovi per scambiarli.

 

La struttura a rete

Internet ci permette di essere inseriti in una dimensione sociale non piramidale ma distribuita (reti sociali, facebook, twitter).

 

Di fronte a questi mutamenti assistiamo a due prese di posizione opposte:

-    l’entusiasmo più assoluto per il numero infinito di possibilità che internet apre per la società, la democrazia, la conoscenza (solo per citare i fatti di quest’anno pensiamo al salvataggio dei minatori cileni seguito in diretta in tutto il mondo o alle rivoluzioni del Medio Oriente);

-    internet è vista come una babele dove impera la fragilità, la mancanza del diritto, la non qualità, il dominio incontrollato dal mercato. 

Anche se c’è la consapevolezza che tutti i mezzi possono essere usati bene o male, c’è ugualmente un grande bisogno di comprensione e di approfondimento che permettano di gestire il naturale “disorientamento da adulti”[4] nell’affrontare uno strumento che non conosciamo in tutte le sue implicazioni.

 

La Net Generation

 

Un autore canadese, Tapscott[5] nel suo libro “Grow Up Digital” definisce le differenze e le caratteristiche attitudinali e comportamentali che differenziano gli “under 30” dalle generazioni precedenti: libertà, personalizzazione, valutazione, integrità, collaborazione, divertimento, velocità, innovazione.

«Queste caratteristiche sono radicate in ogni esperienza di vita dei giovani: individui cresciuti nella “naturale” convinzione di essere attori, creatori, giocatori e collaboratori… Per la prima volta ci troviamo di fronte a un’unica generazione globale i cui membri imparano insieme agli altri e cercano di condividere la ricchezza che creano… una generazione, socialmente responsabile, in grado di sviluppare innovazione, di interagire costantemente, di lavorare collaborativamente, di socializzare a prescindere dalle distanze fisiche grazie a tecnologie che essi stessi aiutano a perfezionare continuamente»[6].

Non mi soffermo sull’analisi di questa descrizione, probabilmente un po’ troppo ottimistica e che non tiene conto di altri aspetti lacunosi, mi limito a sottolineare le differenze di approccio.

Un aspetto particolarmente importante per la formazione: i giovani crescono con l’abitudine a ricevere molti stimoli, attraverso strumenti che hanno un impatto emotivo molto più forte di quello delle istituzioni classiche (scuola, famiglia, ecc.).

Perciò tendono verso l’indipendenza e l’autonomia nei loro stili di apprendimento, cosa che influenza gran parte delle loro scelte e dei loro comportamenti e, in particolare, “cosa, dove, e come apprendono”[7].

Tutto questo comporta certamente dei limiti, ma è un fatto irreversibile di cui occorre scoprire le opportunità, le risorse.

Alcune caratteristiche della Net Generation, ciascuna con aspetti positivi e negativi:

–   spontaneità e confidenza nell’usare questi mezzi: l’abitudine nell’uso della comunicazione è vissuto come potenziamento delle proprie capacità;

–   sempre connessi: sono privilegiati gli strumenti e le applicazioni che permettono di essere sempre collegati in uno spazio sociale;

–   immediatezza nel trovare l’informazione e nell’avere risposte alle proprie domande;

–   conoscenza partecipativa e attraverso l’esperienza: la conoscenza non è costruita tramite l’accesso ad una unica fonte garantita, l’apprendimento avviene tramite la conoscenza diretta dei fatti e delle fonti;

–   socialità: se da un lato c’è il rischio dell’individualismo e dell’isolamento, dall’altro si possono sviluppare l’apertura alla diversità, alla differenza e alla condivisione e la facilità alla socialità; sono favoriti il lavoro in gruppo, la collaborazione, il consenso e la comunicazione[8].

 

Il tipo di relazionalità sociale

 

In una società globale e in rete posso costruire il mio sapere confrontando diverse proposizioni che sono tutte alla pari: non ci sono leader costituiti che certificano la verità.

È difficile che vengano riconosciuti ruoli assoluti, immutabili ed identificati con le persone, ma i ruoli cambiano a seconda del contesto e della funzione.

L’autorevolezza non può più essere ottenuta tramite l’appartenenza ad una strutturata gerarchia piramidale, ma piuttosto va costruita attraverso un modello inclusivo che riesca ad suscitare collaborazione e consenso.

Probabilmente è questo diverso modello di relazionalità che ci permetterà di affrontare la complessità di un mondo globale ed è forse più vicino non solo alla natura ma, per certi aspetti, anche un po’ più simile a quella che si può intuire essere la dinamica in Dio-Trinità[9].

 

In conclusione

 

Questa evoluzione che – come abbiamo già detto – è irreversibile, pone grandi domande non solo per il modo in cui la Chiesa è presente nel mondo di oggi, ma anche per la formazione.

Se ad esempio pensiamo al seminario come un posto dove si può fare un’esperienza confinata entro a delle mura e a degli orari, con l’accesso controllato all’informazione, fra pochi anni questo modello sarà con tutta probabilità inesorabilmente sorpassato. Tutti i giovani avranno un qualche strumento portabile che permetterà loro di essere in comunicazione costantemente con qualsiasi persona.

La via per apprendere un uso responsabile di queste tecnologie non sembra essere quella delle restrizioni e delle proibizioni, ma piuttosto quella di una formazione in positivo capace di scoprirne le risorse e le opportunità.

Anche in questo caso, formazione significa acquisire conoscenza e maturità adeguate per poter utilizzare questi mezzi per il bene proprio e per il bene degli altri.

Cesare Borin

 



[1]Chiara Lubich, Il Movimento dei Focolari e i mezzi di Comunicazione Sociale (2 giugno 2000), in Comunicazione e unità, Quaderni di NetOne n° 1, Città Nuova, Roma 2003.

[2]http://www.philbu.net/media-anthropology/Budka_Kremser_Cyberanthro.pdf.

[3]La stima della popolazione mondiale nel 2011 è attorno ai 7 miliardi di persone.

[4]Un esempio: spesso nel linguaggio comune, specialmente in riferimento all’abuso che i giovani fanno dei computer, parliamo di mondo virtuale come opposto al mondo reale.

[5]http://dontapscott.com/books/grown-up-digital/

[6]http://www.eccellere.com/public/rubriche/recensioni/net_generations_don_tapscott-230.asp

[7]http://chronicle.com/article/The-Net-Generation-Goes-to/12307 - Carlson, 2005.

[8]http://www.canada.com/nationalpost/columnists/story.html?id=756dfc7e-7057-44b6-bb4e-7a78d0872c99&p=2; http://www.wikinomics.com/index.php

[9]Cf Enrique Cambon, Trinità modello sociale, Città Nuova, Roma 1999.