Una rete fra giovani di diversi Paesi creata dal Vangelo vissuto

 

«Gesù preso in Parola»

 

di Meinolf Wacker

 

 Un’esperienza internazionale semplice ma autentica, basata su un semplice metodo di evangelizzazione: non fermarsi a conoscere, pregare, meditare la Parola, ma tradurla in vita concreta e condividerne i frutti. Ne nascono rapporti nuovi in tutti gli ambiti dell’esistenza umana al di là di ogni confine.

 

Il titolo Gesù preso in Parola parla da sé. Si tratta, in effetti, di prendere la Parola di Gesù e di farla diventare vita. In che modo? Dapprima come incaricato di un Centro giovanile dell’arcidiocesi di Paderborn in Germania e ultimamente come parroco, ho insegnato, soprattutto ai giovani, a leggere il Vangelo, a metterlo in pratica ovunque capita, in modo da portar frutto, alla luce delle parole di Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola» (Gv 14, 23a).

Tutto è iniziato il primo giorno del nuovo millennio. Ero ancora responsabile del Centro giovanile di Hardehausen e avevamo vari rapporti con giovani di altri paesi tra cui, in particolare, la Bosnia dove eravamo stati più volte in seguito alla guerra, per recare un aiuto. Quel giorno bbiamo mandato piccole carte colorate ai nostri amici in diverse parti del mondo. Cartoncini plastificati, della grandezza di una carta di credito.

Su queste carte è riportata una frase del Vangelo. Un commento sintetico spiega come si può viverla. In genere vi si associa anche una breve esperienza, un fatto vissuto. Poi tutto dipende dal singolo che mette in pratica questa Parola il più concretamente possibile.

Con un piccolo gruppo di giovani residenti a Kamen in Westfalia ci impegniamo a pregare ogni giorno per quanti ricevono questa carta, li ricordiamo e cerchiamo di essere uniti con loro nella vita quotidiana della Parola. Questo piccolo gruppo tiene il collegamento con tutti gli altri giovani. Produce ogni mese circa 1.000 piccole carte in 16 lingue e le manda attualmente in 39 paesi dei cinque continenti. Chi ha domande, suggerimenti, dubbi o richieste di preghiera, è invitato a rivolgeresi a mail@onword.de.

Il gruppo a Kamen raccomanda a tutti: «Ognuno di noi vive la Parola. Ognuno fa esperienze con la Parola. Conviene condividerle, localmente e globalmente. Ci sono due possibilità: cercate di organizzarvi come piccolo gruppo di persone che condividono questa vita e raccontatevi le esperienze, perché solo il condividere porta la vita; o condividete la vostra esperienza su facebook nel gruppo “Amici della Parola”. Come avveniva tra i primi cristiani: “Ogni cosa era tra loro in comune”».

 

La Parola è (la mia) vita

Nei giorni della Settimana Santa e di Pasqua abbiamo ospitato nel Centro giovanile di Hardehausen giovani provenienti da Albania, Bosnia, Repubblica Ceca e Germania. La maggior parte di loro già collegati con noi. La “carta della Parola” si trova sulle loro scrivanie o vicino al tavolo in cucina, si affigge ad armadi e finestre, viene custodita nello zaino o nella borsa, si fissa sulla porta del bagno o sulla motocicletta e si mette nel diario o sullo schermo del computer...

Alexander ad esempio l’ha appesa al manubrio della sua bicicletta. Un pomeriggio torna a casa da scuola e vede un ragazzino che cerca di riparare la sua bicicletta. È saltata la catena. Alexander vuole passare oltre, è affamato, a casa lo sta aspettando il pranzo. La Parola di quel mese è la “regola d’oro”: «Fa agli altri quello che vorresti che gli altri facciano a te». Alex pensa: «Se io fossi quel ragazzino, desidererei un aiuto». Così si ferma e gli dà una mano. La catena è subito rimessa a posto e i due vanno via chiacchierando.

Per tutto il mese dopo Pasqua abbiamo cercato di fare come i discepoli di Emmaus, raccontare ciò che era successo: «Essi poi riferirono ciò che avevano vissuto lungo la strada».

 

La Parola ci fa famiglia

Avevamo portato i giovani albanesi all’aeroporto di Francoforte. Oli, dell’Albania, non riesce a trattenersi: «Meinolf, sai cosa significa per me la Pasqua? Nella Veglia pasquale abbiamo pregato in nove lingue diverse per i paesi di queste lingue. Ecco, essi possono fare l’esperienza della Pasqua: Gesù vive veramente! Ho visto che lo stesso Gesù che abbiamo sperimentato vivo fra noi, vuole vivere in tutti quei paesi. È con quest’anima che voglio tornare in Albania!». Ci salutiamo e Oli torna a servire all’“ospizio d’Europa”. Ma sentiamo che c’è qualcosa che non ci può più separare. È il legame creato dalle parole di Gesù. Perché la Parola di Gesù crea la sua famiglia.

Nel viaggio di ritorno dall’aeroporto è con me Dragana, una giovane donna di Sarajevo che vive questa vita da otto mesi. Iniziamo a parlare di ciò che provoca la Parola viva di Gesù. Mi sembra di essere tornato al tempo degli Atti degli Apostoli quando Dragana racconta: «Sempre più persone a Sarajevo capiscono che il Vangelo ha una forza enorme, se lo viviamo!». Chiedo a lei il motivo di quest’affermazione. «È semplice! Guarda Maza, mia amica. Viveva sempre chiusa dentro di sé. Non comunicava mai nulla di sé. Andava in chiesa ogni tanto, ma questo era tutto. E adesso? Ha iniziato a cambiare totalmente».

In quel momento ci giunge una chiamata. È Maza! Sulla via del ritorno a Sarajevo, a metà strada, si è sentita spinta a contattarci attraverso il cellulare. «Eravamo tutti molto stanchi durante il viaggio – racconta – e c’era una certa tensione. Ma ho pensato: sono questi i momenti in cui devo tener fede alle parole di Gesù con tutta la forza che ho. Ero così stanca che non riuscivo ad ascoltare. Ma un’altra ragazza a ogni costo voleva raccontarci della sua vita. Ho “rinnegato” la mia stanchezza e le ho donato la mia attenzione. Ora sento una tale pace che ho subito voluto condividerla con voi».

«Vedi, Dio opera!», commenta Dragana. «L’altro giorno stavo seduta nella Cattedrale di Sarajevo. Volevo pregare. Ho chiuso gli occhi. Inaspettatamente qualcuno mi ha toccato la spalla. Era una suora che conoscevo. Mi ha parlato di un’esperienza difficile e deludente di quei giorni. Aveva deciso di non condividere più con nessuno le sue esperienze personali. E lì, in piedi nella cattedrale, mi ha detto tutta la sua sofferenza. È stato un momento prezioso. Si è creato tra noi ancora una volta questo clima dove tutto è “fuoco”, come al tramonto. E la suora mi dice: “Dragana, la vostra vita concreta del Vangelo, con queste piccole carte, è un segno forte per me qui, in questa città. Da voi proviene una forza. Posso unirmi a voi?”».


La Parola è forza

«Sì», ha continuato Dragana, «il Vangelo è davvero una forza, esso cambia le persone! Sai, ho perso il mio lavoro alcuni mesi fa. Ma avevo urgentemente bisogno di soldi per venire in Germania per questo incontro dei giovani. Più volte mi è venuta in mente la parola dell’angelo a Maria, quella che abbiamo vissuto nel dicembre 2000: «Nulla è impossibile a Dio». Con questa fiducia ho chiesto a Dio quello che mi serviva. Poco dopo ho chiamato un ex collega e lui mi ha offerto un lavoro molto ben retribuito per tre giorni. Così avevo abbastanza soldi per venire. La parola del Vangelo ha questo potere e ci vuole davvero: a Sarajevo continua a diffondersi».

Ci eravamo fermati per prendere un caffè e continuavamo a parlare. Avevo davanti a me una giovane donna che ha trovato Gesù ed è ormai infiammata dalla sua Parola. Davvero una “amica della Parola”, come chiamiamo i più di 600 giovani che seguono questa via.

«Sai dove vanno in realtà queste “carte di credito”?», le ho domandato. Ha preso un sottobicchiere della birra a portata di mano e cominciato a disegnare una carta geografica dell’Europa. Ha evidenziato i paesi della Bosnia, Croazia, Moldavia, Repubblica Ceca, Austria, Svizzera, Lussemburgo, Liechtenstein, Belgio, Germania e Albania.

A questo punto ho chiesto alla cameriera un altro paio di sottobicchieri. Su uno ho scritto: Stati Uniti, Etiopia e Angola, e sull’altro: Brasile. Sono rimasto pure io stupito di come le cose sono andate avanti in pochi mesi.

 

Uno scambio senza confini

Ogni mese ho partecipato agli incontri di uno dei piccoli gruppi nella nostra arcidiocesi di Paderborn, per lo scambio di esperienze con i giovani e per chiamare via telefono un gruppo di giovani a Sarajevo, che poi ci comunicavano anch’essi le loro esperienze con il Vangelo.

Una sera il nostro incontro era fissato presso una famiglia che poco prima aveva perso in un tragico incidente un figlio di soli 13 anni. Ci ha accolti il figlio maggiore: «Che grande cosa che siate qui! Mamma viene un po’ più tardi. È ancora con nostro padre in terapia intensiva in ospedale». Siamo così venuti a conoscenza che il padre pochi giorni prima aveva avuto un infarto al cuore e – già clinicamente morto e poi rianimato – ora era ricoverato in ospedale.

Durante la nostra telefonata con Sarajevo è arrivata la madre. Si è accostata in silenzio alla nostra conversazione con i giovani. Improvvisamente, mi ha sussurrato all’orecchio: «Ho anch’io un’esperienza riguardo alla Parola “Nulla è impossibile a Dio”». E a voce bassa ha raccontato: «Quando mio marito era per terra e stava morendo, ho pensato: “No, Dio, non chiedermi anche questo! Prima nostro figlio e ora questo: non ce la faccio”. Poi il mio sguardo è andato al tavolo della cucina, dove era la carta con la Parola “Nulla è impossibile a Dio”. In quel momento ho capito: questa Parola è vera! Insieme a mio figlio maggiore sono andata nel soggiorno, mentre il personale del pronto soccorso si occupava di mio marito. Abbiamo pregato con una sicurezza come mai che Dio facesse accadere un miracolo. Qualcuno ha bussato alla porta e uno dei medici ci ha detto: “Suo marito era già freddo, ma il suo cuore ha ricominciato a battere!”». Commosso, ho tradotto questa esperienza per i giovani di Sarajevo.

 

La Parola è gioia

È Mercoledì di Pasqua e si è fatto già tardi. Per sei giorni non ho guardato le mail nella posta elettronica. Mi dico: solo un breve momento ancora! La casella è piena di messaggi: auguri di Pasqua, ma anche tante mail con racconti di esperienze concrete. Mi sento spinto ad aprirne alcune. Una arriva da Judith, una ragazza che ha incontrato questa via solo di recente. Scrive: «Al nostro incontro non importava da che paese ciascuno proveniva. Ho capito subito: ci sono persone di fronte, dietro e intorno a me, tutti credono in questo Dio e vogliono vivere le sue parole. Era una gioia incredibile. L’aver provato tutta questa gioia è un’esperienza importante per me, sono felice di trasmetterla ora. Sono decisa a vivere il Vangelo!».

Ancora una volta anch’io sperimento questa gioia in me. Penso alla promessa di Gesù: «Questo vi ho detto, perché la mia gioia sia in voi!». Quanti giovani nei mesi scorsi sono saliti su questo “treno”! Quante lettere e telefonate e mail e messaggi SMS! Quante volte ci hanno detto: «Grazie per le esperienze che ci mandate»! E sempre si rinnova questa gioia.

E mi dico: chissà se questa “carta di credito” può far arrivare ancora altrove le parole di Gesù?! Il nostro sogno è convincere amici a Baghdad e Beirut... Con le normali carte di credito, penso tra me, arriviamo ad avere soldi. Con la carta di credito degli “amici della Parola di Gesù”, si arriva a esperienze che con i soldi non è possibile comprare.

Meinolf Wacker