La nuova evangelizzazione attraverso le missioni nelle grandi città

«Cinque pani e due pesci»

di Otto Neubauer

La Comunità dell’Emmanuele ci narra l’esperienza, avvenuta a Vienna ma poi estesasi in altri Paesi europei, di una grande missione popolare in quella metropoli. L’iniziativa è stata caratterizzata da molta creatività ed entusiasmo che, pur nell’esiguità iniziale delle persone impegnate, è riuscita a raggiungerne tante, con frutti impensati. Per questo l’Autore usa l’immagine del “miracolo” della moltiplicazione dei cinque pani e due pesci...

 

Primi passi per una grande Missione

Stimolati dal Giubileo del 2000, i giovani delle “Scuole internazionali di evangelizzazione” della Comunità dell’Emmanuele, avevano fatto esperienze molto positive e incoraggianti di missione con i membri delle comunità locali, collaborando con le parrocchie, prima in campagna e poi nei centri cittadini. In particolare nel 2002 partì una vera “offensiva evangelizzante” di grande respiro nella città di Vienna, con un’articolata missione cittadina l’anno dopo.

Oltre al cardinale di Vienna, Christoph Schönborn, aderirono a questa idea di missione cittadina i Cardinali di Parigi, di Lisbona, di Bruxelles e di Budapest, attuando tali missioni nelle loro città e con la celebrazione nel 2003 a Vienna di un “Congresso internazionale per una nuova evangelizzazione”, con migliaia di partecipanti.

Tale congresso, attuando un collegamento tra le riflessioni teoriche e l’esperienza concreta della missione, era suddiviso, nei 10 giorni di svolgimento, in mattinate di “forum” sulle nuove forme di evangelizzazione e, nei pomeriggi, di attività pratiche di missione sul posto. Nel settembre 2007 c’è stata la quinta tappa di questo grande esperimento a Budapest e la produzione di progetti come questi prosegue tuttora.

Ovviamente la discesa in campo di cinque Cardinali per trovare una risposta alla sfida di una nuova pastorale missionaria in Europa, ha suscitato molta attenzione. Nel concreto delle missioni, poi, la spinta data dalla presenza dei giovani e lo stile di semplicità, sfidavano la pastorale tradizionale con un grande impegno dei laici e una missione molto vicina alle gente. Iniziava così in modo sorprendente un movimento missionario con reazioni a catena che avrebbe lasciato una forte scia luminosa in diverse città e diocesi europee.

 

Inizio sorprendente di un ardito progetto

L’arcivescovo di Vienna assunse per primo il rischio di un così grande “esperimento missionario” iniziando nel 2003 a Vienna questo modello di missione cittadina. Per i tempi molto critici che aveva trascorso la Chiesa a Vienna negli anni ’90, molti (particolarmente nel clero) dicevano che essa si presentava come ridotta in un pessimo stato e quasi depressa all’inizio del secondo millennio. Nel turbine di queste condizioni deprimenti la proclamazione di una grande missione non solo sembrava azzardata, ma a qualcuno persino folle.

Vienna avrebbe dovuto iniziare nel maggio del 2003 con una serie di missioni annuali cittadine, ma non si sentiva all’altezza del compito, anche tenendo conto di un insufficiente periodo di preparazione, inferiore ai due anni. Pure i più ottimisti tra i presbiteri prevedevano perciò che la partecipazione sarebbe stata, nel migliore dei casi, di 30 delle 170 parrocchie. E senza considerare la difficoltà che la direzione di tale missione sarebbe avvenuta in collaborazione tra una Comunità quasi sconosciuta e giovanile, quella dell’Emmanuele, e l’Azione Cattolica, grande organizzazione laica ben affermata in Austria.

 

Preparazione attraverso incontri diretti

Nella fase iniziale di questo progetto missionario, si trovavano in trincea prevalentemente giovani adulti laici. Avendo ancora pochi collaboratori sul posto, facevano quasi sempre l’esperienza di dover distribuire “pochi pani e pesci” per migliaia di persone. È stato nei piccoli teams con i dirigenti diocesani, le nuove Comunità e le parrocchie che si è costruito passo passo, dialogo dopo dialogo, un lavoro comune sempre più coinvolgente. Il “treno” della missione cominciava a muoversi in maniera semplice, ma anche coraggiosa e creativa, spinto da un gruppo giovanile insieme con una Chiesa “più anziana e matura”.

Con il motto “invitare e non esigere” si raccoglievano intanto altri collaboratori alla missione tra le parrocchie, le Comunità e gli Ordini religiosi. La fiducia reciproca veniva intessuta anzitutto con una progressiva “rete di amicizia”. Si sentiva coinvolto veramente chi partecipava con piena decisione, evitando azioni di sola copertura. Chi aveva risposto a questo invito veniva messo in una “coppia missionaria”: uno della Comunità dell’Emmanuele e uno dell’arcidiocesi di Vienna, per andare poi pellegrinando da parrocchia in parrocchia, da comunità in comunità come “predicatori itineranti” per interpellare il maggior numero di persone possibili  convincendoli ad aderire alla missione. In questa maniera durante il tempo preparatorio veniva costruita all’interno della Chiesa che è a Vienna una sempre più ricca e articolata rete di rapporti grazie al moltiplicarsi di tanti contatti personali.

 

Coraggiose iniziative oltre la trincea

I giovani studenti dell’Accademia per l’Evangelizzazione della Comunità dell’Emmanuele in Vienna avevano invitato molti animatori parrocchiali a trovare in azioni congiunte un contatto con le persone che si sentivano lontane della Chiesa e a conoscere meglio i luoghi di incontro del mondo attuale. Queste missioni a campione servivano a dare idee e motivazioni alle parrocchie e anche a provare nuovi metodi di evangelizzazione. Molti singoli, ma anche comunità e parrocchie si sono messi in gioco, grazie all’esperienza di questi mini-progetti missionari.

·       Cercare incontri diretti dentro la vita sociale

Durante queste diverse attività i giovani hanno avuto il coraggio di interpellare sulla vita e la fede, direttamente e con semplicità, la gente della strada, al bar e nei centri commerciali. Era una sfida aperta, sempre con pochi “pani e pesci”, un ascolto limpido, con poche parole di incoraggiamento, testimonianze brevi di fede, ma tutto nei posti del traffico mondano. Vogliamo riportare alcune di queste proposte creative a mo’ di esempio:

-         Durante l’ avvento 2002, in una piccola casa di legno che era trasportata su un mezzo mobile, il “presepe vivente” dei missionari attraversava la città di Vienna dai centri commerciali alle piazze pubbliche, dalle zone pedonali fino ai centri per i senza tetto. Migliaia di persone hanno potuto depositare nel presepe le loro intenzioni di “preghiera al Bambinello”. Davanti al presepio sono avvenute interviste a numerose personalità pubbliche.

-         Nei caffè di Vienna sono avvenuti dialoghi tra famose personalità della vita pubblica con le loro diverse convinzioni e personalità della Chiesa, come “Café-talks”.

-         Di notte i giovani giravano per fare “dichiarazioni di amore” con piccole frasi della Bibbia, distribuite nei locali, nei bar e nelle sale durante la cosiddetta “missione bar”, aprendo dialoghi con gli avventori dei locali.

-        Anche un’enorme “porta rossa” del “Dialogo con Dio” pellegrinava lungo tutta la città di Vienna per 100 giorni prima della missione cittadina. Ogni giorno uscivano dalla porta attori, messaggeri, cantanti, ecc., per esibirsi davanti ai media sul tema del dialogo con Dio.

-         Diverse iniziative parrocchiali venivano attuate per pubblicizzare la missione cittadina. Per esempio, per la tradizionale “processione delle sette chiese” i giovani hanno organizzato un percorso di preghiera pubblica nel centro cittadino.

-        Sono state impegnate più di 250 ore scolastiche, in più di 50 scuole, per rivolgersi direttamente a migliaia di studenti. Movimenti e personalità dell’arcidiocesi hanno offerto il loro ricco contributo, accolto con un riscontro molto positivo che ha invogliato alcune classi a intraprendere loro stesse azioni missionarie nel tempo della missione cittadina.

La “povera” presenza del Pastore dell’arcidiocesi apre le porte alla missione

L’arcivescovo di Vienna, card. Schönborn, aveva chiesto ai giovani di portarlo con loro durante una di queste missioni per le strade della città. Con la sorpresa di molti, i giovani lo presero letteralmente per mano, portandolo nei centri commerciali, nei bar e sulle strade. Molti erano più che meravigliati di vedere “sua eminenza” correre davvero dietro la gente al centro della più grande via commerciale per consegnare un semplice invito a visitare il “presepe con il Bambinello”. Ma questo ha anche creato un certo disagio in alcuni dirigenti ecclesiastici nel vedere che il loro pastore, in atteggiamento debole e povero, rincorresse i cosiddetti “perduti”. Il Cardinale era invece molto colpito dai dialoghi profondi che raggiungevano il cuore delle persone, che confidavano con tanta spontaneità i loro affanni. Questo avvenimento lo ha molto commosso, tanto che spingeva con forza perché si ripetesse l’evento e ne parlava spontaneamente in tutta la diocesi. Molti sacerdoti e laici erano sorpresi dal coraggio del loro vescovo e incoraggiati ad imitarlo. Questa piccola rivoluzione nella normale vita ecclesiale con una simile missione è stata come “l’apri-porta” dentro e fuori la Chiesa, che ha dato nuovo coraggio ad incontrare la gente in mezzo al mondo. È davvero curioso che, malgrado questa semplicità, fino ad oggi si parli da Amsterdam a Sydney di questi piccoli incontri di Vienna. E non poche stazioni televisive di diversi paesi europei ne hanno riferito. Lo stesso cardinale è stato portato da questo evento a pensare e riflettere apertamente su come mai incontri tanto normali hanno potuto suscitare una così grande attenzione. Non dovrebbe essere proprio questo il comportamento della Chiesa? Non è così il Vangelo?

·        Scoprire un mondo vulnerabile per i bisogni dell’uomo e aperto per la fame di Dio

Molti laici e preti, i “missionari” – come venivano spontaneamente chiamati nella Chiesa a Vienna –, erano sorpresi dalla riconoscenza dimostrata loro ovunque. «Finalmente la Chiesa cattolica segue di nuovo le persone», dicevano molti. Attraverso tanti contatti emergeva specialmente il cambiamento dei sentimenti nei cuori dei parrocchiani. A loro venivano trasmessi tanto dolore e tante domande. L’“essere toccati” dalle ferite degli altri li rendeva interiormente feriti. Non meno sono stati sorpresi da quante domande dirette su Dio siano venute fuori. Non c’era, com’era da aspettarsi, interesse prevalente per i temi caldi della politica ecclesiastica, ma le persone volevano sapere come la fede poteva aiutare nelle delusioni nei rapporti o per l’improvvisa perdita di una persona cara. Dove si può trovare Dio? Queste e altre simili lacerazioni erano all’ordine del giorno in questa missione.

Durante gli incontri preparatori della missione erano state ripetutamente date indicazioni sull’atteggiamento fondamentale nella missione “per salvare e non per giudicare”. Erano di aiuto immagini come quella della bocca, che è una sola, a differenza delle orecchie, che sono due, e per questo servono per ascoltare il doppio di quanto si parla. Questo facilitava il basarsi su un “linguaggio evangelizzatore”. Noi organizzatori eravamo convinti che ogni membro della parrocchia potesse diventare un missionario o una missionaria e che bastasse incoraggiarlo ad esserlo, assumendo il rischio dell’incontro con le persone.

·        I diritti umani nel messaggio di Dio misericordioso

’L'esperienza di queste missioni rivelava già nei preamboli una realtà totalmente diversa da quella solitamente creduta. Normalmente nelle discussioni teologico-pastorali si discute se una proposta mirata di fede non vada contro la libertà delle persone e contro la tolleranza. Qui, invece, una collaboratrice della diocesi, durante una piccola missione di strada, veniva interpellata sulla presenza della Chiesa così: «Ma dove eravate gli scorsi 10, 20 anni?». Poteva forse rispondere che prima stava producendo tanti documenti e che aveva discusso molto nella sua congrega? Nello stesso contesto le era stato rimproverato anche che: «Voi lasciate la gente morire di fame davanti ai vostri portoni della chiesa, mentre litigate continuamente per cose futili nei vostri locali riparati». Queste e altre domande hanno lasciato pensosi i missionari e sono diventate di stimolo per entrare in un nuovo dialogo di una più alta qualità. Questo dialogo richiede un grande rispetto davanti a ogni persona e il coraggio di tradurre in rapporti di confronto la buona novella a mo’ di invito. L’esperienza concreta ha mostrato che i nostri contemporanei sanno apprezzare una testimonianza di fede e spesso si meravigliano che sia proprio la “misericordia di Dio per ogni essere umano” la sostanza del messaggio cristiano. Sempre di nuovo si confermava che la Chiesa viene considerata, ora come prima, un’istituzione morale lontana dalla gente. Manca invece ancora molto un volto concreto, che rende umanamente sperimentabile lo sguardo della bontà di Dio. Il messaggio liberante e salvante non è forse da trasmettere proprio a coloro che forse semplicemente sono ignoranti perché non ne sanno più niente? Non dovrebbero avere il diritto di saperne qualcosa di più dai loro vicini cristiani?


Finalmente la Missione e il Congresso

Dopo gli incoraggianti “esperimenti di missione” nella fase preparatoria, la vera e propria missione cittadina di dieci giorni, con un congresso annesso, rappresentava a fine maggio 2003 a Vienna la prima vetta di una catena pluriennale. Se, come già accennato, all’inizio dei due anni preparatori si sperava nel coinvolgimento al massimo di 30 parrocchie, alla fine della grande missione cittadina collaboravano più di 110 parrocchie della città di Vienna, con 70 Comunità, Movimenti e Ordini a livello locale e internazionale, nella costruzione di questo progetto missionario. Nei precedenti tre decenni a Vienna non c’era mai stata una iniziativa condotta insieme come questa, coinvolgente nell’annuncio diretto e su un piano ecclesiale tanto vasto. Chi è stato dentro questo avvenimento lo ha sperimentato come un vero miracolo, una moltiplicazione dei pani e dei pesci di nuova maniera.

Con il motto “Aprite le porte a Cristo” 1400 eventi missionari, in gran parte nelle parrocchie, hanno visto almeno 200.000 persone nella città di Vienna venire interpellate con contatto diretto! Molte delle parrocchie nei loro eventi hanno posto un accento particolare nel portare la Chiesa sulle strade e le piazze della loro città. Molti per la prima volta hanno cercato di contattare personalmente quelli che stanno davanti alle porte delle chiese e li hanno invitati alla preghiera nella chiesa che era con la porta spalancata. Molte attività sono servite a far incontrare i bisognosi e i più poveri della nostra società. Nel centro cittadino sono stati offerti grandi appuntamenti missionari: sulla piazza di S. Stefano per l’evento dei giovani sono intervenuti grandi nomi della musica, del cinema e dello spettacolo con 6.000 presenze, portando poi la croce della Giornata Mondiale dei Giovani con un festoso corteo fin dentro il duomo di S. Stefano. Molti di questi giovani in questo incontro hanno riscoperto la preghiera e pure il sacramento della riconciliazione. Anche altri momenti come i musical dei più diversi gruppi e altri stimolanti eventi culturali hanno attirato al centro della città migliaia di persone. Feste per le famiglie e per i bambini, tavole rotonde sulla politica, l’economia e la cultura si tenevano nei luoghi della vita pubblica. Artisti con le loro opere si sono presentati in diverse chiese e gallerie. Caffè, ristoranti, banche e centri commerciali sono stati utilizzati come luoghi di dialogo sulla fede. Alcuni turisti hanno addirittura parlato di una speciale “aria di gioia” che si respirava al centro di Vienna. E soprattutto non si può dimenticare che i numerosi avvenimenti anche piccoli, nelle parrocchie, allestiti senza grande visibilità, hanno fatto germogliare in tanti una nuova speranza per il futuro della loro comunità.

Oasi della preghiera come invito all’incontro con Dio

Durante la settimana di missione cittadina, il vertice spirituale è stato un “giorno della misericordia” in cui nelle parrocchie si partecipava alla “serata della misericordia”. In alcune chiese c’era l’invito ulteriore a pregare davanti all’Eucaristia durante tutta la settimana, in silenzio o con musica meditativa. In forma molto essenziale i passanti potevano lasciare un’intenzione di preghiera davanti all’altare nella “worry-box” o portar via una Parola di speranza della Bibbia dalla “joy-box”. Nel frattempo questo semplice metodo della chiesa aperta, con bella musica e adorazione eucaristica, alla quale ognuno, al di là di ogni convinzione e vicenda personale, poteva partecipare, ha suscitato molte imitazioni in altre nazioni, come forma di invito alla missione.

Congresso con scambi internazionali

Accanto agli incontri pomeridiani e serali, nella grande missione cittadina, durante i dieci giorni si trovavano la mattina nel duomo di Vienna dedicato a S. Stefano più di 5000 persone, per uno scambio sui contenuti e i metodi nella nuova evangelizzazione.

Di questi, 500 venivano dall’estero, dagli USA all’Australia, ma soprattutto dalle città più direttamente interessate come Parigi e Lisbona, e da altri stati d’Europa. Con 12 grandi relazioni nel duomo di S. Stefano, 60 workshops intorno allo stesso duomo e 100 presentazioni di gruppi durante il cosiddetto “forum delle idee”, tenute nel palazzo arcivescovile, c’è stato un grande scambio di riflessioni sulle nuove possibilità di annuncio. Nel programma ci sono pure state riflessioni filosofiche e teologiche sull’annuncio, come anche testimonianze personali di evangelizzazione.

In tutti i contenuti e tutte le attività, però, era richiesta una particolare attenzione ai giovani e ai poveri, in tutte le forme in cui si presentano.

La liturgia quotidiana celebrata insieme con sempre nuovi canti giovanili nel duomo di S. Stefano dava una carica speciale e una spinta per l’annessa missione sulle piazze della città e nelle parrocchie. Notevoli anche i contatti internazionali creati dalle 400 famiglie ospitanti, che hanno accolto i partecipanti e le partecipanti dell’estero e della nazione al Congresso. Il contatto personale al di là di ogni confine territoriale ha operato veri miracoli durante l’intera settimana. Numerosi sono anche stati i vescovi e le delegazioni di diverse diocesi di ogni parte del mondo, che sono stati presenti durante questo Congresso missionario.

«Il miracolo di Vienna»?

Il cardinale di Parigi J.-M. Lustiger, nel discorso conclusivo di questa missione cittadina, ha continuato a parlare del “miracolo di Vienna”, dicendo di rilevare un grande cambio di rotta nella Chiesa viennese. Egli diceva di aver sperimentato che una Chiesa, prima fissata sul passato e molto appesantita, stava divenendo una Chiesa rivolta al futuro e piena di speranza. Davvero questo miracolo di Vienna richiama quello di Gesù della moltiplicazione dei pani e dei pesci e lo indica come chiave di volta per il futuro della missione in Europa. Si dovrà parlare di questo: che i cristiani depongano nelle mani di Gesù quei pochi “pani e pesci” della loro fede per sperare da Dio stesso il miracolo della sazietà di tante migliaia di persone. Certamente è difficile da accettare questa carenza di mezzi e di comprensione nella pastorale. Per una pastorale di lingua tedesca, ben dosata e professionalmente organizzata, questa nuova dimensione può sembrare troppo ingenua e lontana dalla realtà. Ma a questo tentativo pionieristico per condurre ogni singolo sui passi dell’inserimento in una vita parrocchiale semplice ma vera, si dovrebbe dedicare molta più attenzione. Le missioni cittadine hanno dimostrato con forza che occorre di nuovo aprire gli spazi per i giovani.

Rimane infatti la questione di chi porterà nel futuro la creatività, il potenziale innovativo e il fuoco di una nuova missione se non la gioventù e i giovani adulti. Anche se nelle chiese essi non sono più in tanti, proprio per questo occorre moltiplicare per loro la nostra attenzione.

Siamo di nuovo ai “cinque pani e due pesci”, ma con una grande speranza nella moltiplicazione del Signore.

Otto Neubauer