La parrocchia è chiamata ad essere pienamente inserita nel proprio contesto sociale e culturale

 

Vivere per la città

 

di Wolfgang Schneck

 

L’autore ha lasciato il servizio nella sua diocesi temporaneamente, per impegnarsi per alcuni anni a promuovere la spiritualità dell’unità tra presbiteri diocesani e diaconi permanenti di tutto il mondo. Questo passo ha suscitato perplessità e curiosità, non solo fra i suoi parrocchiani ma nella città dove era parroco, vista l’esperienza di rapporti fraterni e le iniziative comuni a servizio del tessuto sociale che si erano creati con la popolazione…

 

 

Una comunità aperta

 

Nel 1994 abbiamo costituito a Mindelheim (14 mila abitanti), in Baviera, una comunità di tre sacerdoti, con il parroco, il viceparroco e il responsabile per la pastorale giovanile.

La parrocchia si era già impegnata nell’accoglienza dei tanti profughi che venivano dalla Russia. Soprattutto pensionati offrivano servizi importanti, come l’insegnamento della lingua, l’andare presso uffici e riempire moduli, mostrare come inserirsi nelle diverse usanze nella cittadina.

Questo nostro operare a favore della popolazione e dell’integrazione nella cultura e vita della cittadina, ci procurava molta stima da parte non solo della gente ma anche delle autorità comunali.

Con l’andare del tempo siamo venuti in contatto con le persone che lavorano negli uffici, nei negozi, nei vari posti di lavoro, scoprendo così che lì c’erano tanti cristiani cattolici o luterani.

Soprattutto nei servizi sociali, come i pompieri, il pronto soccorso, e anche al comune, lavoravano diversi cristiani e tanti altri si impegnavano in iniziative di volontariato, in gruppi ed associazioni. Non tutti erano cristiani “praticanti”.

Abbiamo così iniziato ad andare alle loro feste e alle loro riunioni, come per esempio a quelle dei pompieri o della banda musicale. Abbiamo cominciato a frequentare anche le sedute pubbliche dell’amministrazione comunale o della Croce Rossa, per far capire che loro si stanno occupando di cose importanti e per dire ai cristiani che, amando il fratello attraverso questi impegni a servizio dei prossimi e della società, amano concretamente Dio.

È stato bello incontrare un giorno un pompiere che andava, in tutta fretta, per intervenire in un incendio. "Dove vai?", gli chiedo, salutandolo. E lui, girandosi, mi risponde correndo: "Vado alla mia messa!".

Un giorno, il sindaco ci ha chiesto di partecipare ad un’azione, denominata "Agenda 2000", nella quale erano impegnati tutti i gruppi della città nell’intento di capire come gestire l’inquinamento dell’ambiente o il risparmio dell’acqua…

A me, in quanto sacerdote, affidano un gruppo misto che si occupa dell’inquinamento mentale e spirituale.

Poi, qualche anno dopo, si cerca di elaborare vari progetti per il futuro della città e, con altri della parrocchia, partecipo ad un gruppo che si occupa della cultura e di come trasmettere i nostri valori ai giovani.

Bisogna dire che i cattolici costituiscono la maggioranza della popolazione di Mindelheim. Come succede in genere, non tutti erano convinti della loro fede. Però attraverso gli anni si era formata nella parrocchia una bella squadra di circa 600 persone impegnate in diversi settori come la Caritas, la catechesi, nella liturgia o in diverse opere sociali.

Quella vita communis a cui accennavo, cioè la convivenza di sacerdoti, diaconi e anche seminaristi nella casa parrocchiale, aveva un riflesso lasciando il segno nello stile comunionale dei diversi gruppi della parrocchia che erano un bel numero, circa 50.

 

 

Parrocchia punto d’incontro

 

Tante volte ci troviamo anche con gli impegnati della parrocchia luterana. Nasce così una relazione molto bella non solo tra i parroci, ma anche tra le comunità: costatiamo che nel vivere per la città non abbiamo trovato dissensi ecumenici!

Pian piano la casa parrocchiale si è trasformata anche in un punto di incontro e di consiglio, dove tanta gente, da quell’uomo che trovo ogni mattina che pulisce le strade, ai medici, agli insegnanti, il sindaco stesso, vengono per un consiglio o trovano in parrocchia un luogo adatto e “neutrale” per incontrarsi: Come quella volta quando essendo nato un grande contrasto tra i vari partiti al consiglio comunale, la riunione del consiglio si è tenuta nella sala parrocchiale. Alla fine abbiamo offerto a tutti un brindisi nel nostro giardino. Non si è risolta la situazione, ma tanti non credevano che anche nell’ambito della chiesa si potesse litigare, discutere, far venire fuori i dissensi, le ferite; e questo faceva bene.

Dopo qualche anno ho chiesto al sindaco di fare lui una preghiera alla processione del "Corpus Domini", proprio al centro della città. La processione si è fermata davati al Comune e lui, con le sue parole, ha affidato la città alla guida e alla protezione di Dio. In quel momento è sceso un grande silenzio ed una gioia immensa ha preso le persone, quando tutti, in piazza, hanno cantato il "Te Deum". È successo qualcosa di straordinario, di particolare. Si capiva che la religione, la fede ha a che fare con le case, le strade, la vita pubblica, la vita privata, con ciascuno di noi. E ci ha responsabilizzati tutti.

 

Abbiamo capito che la gente ha bisogno anche del sacerdote, perché ha sete del sacro. Desiderava che fossimo sempre presenti, cattolici o luterani.

Così è successo che la Croce Rossa ci ha invitato, all’ultima ora delle loro lezioni sul pronto soccorso, a dire qualcosa sulla dignità della persona umana; il gruppo degli alcolisti anonimi ci ha invitato alla festa della primavera.

Gli inviti per le feste dell’Avvento erano talmente tanti che nel tempo prima di Natale non si poteva neanche mangiare a casa. E dappertutto ci dicevano: "Dite una parola…". Spesso questi momenti erano solo di pochi minuti, ma bastava per affermare la presenza di Dio.

Ad un certo punto però mi sono domandato che cosa veramente era meglio fare. Ho chiesto al consiglio parrocchiale, se non fosse più opportuno ritirarsi per un po’ e invitare tutti a celebrare il Natale insieme in chiesa e fare un’unica festa.

Un consigliere, parlando a nome di tutti, ci ha suggerito di andare lì dove la gente si raduna: "Non vi costa niente; il raduno lo fanno loro, ma voi portate un vostro messaggio, offrite già con la vostra presenza il vostro stile di vita evangelica".

 

Continuità attraverso il tempo

 

Dopo quattordici anni da parroco la diocesi mi ha concesso cinque anni presso il centro sacerdotale a Grottaferrata, a servizio di sacerdoti diocesani e diaconi permanenti di tutto il mondo che s’ispirano e si nutrono alla spiritualità del Movimento dei focolari, trovando giovamento per se stessi e per il loro ministero.

La domanda però che si facevano le persone era: cosa fa il parroco della cittadina di Mindelheim al centro internazionale dei focolarini? Nessuno nella città poteva capire questo passo. Avesse almeno fatto carriera, ma… nemmeno quello!

Allora sono venuti in due, il sindaco e un suo assessore per la cultura, mandati per capire che cosa stesse facendo in questa nuova realtà. Prima di tutto hanno portato tantissimi saluti da parte di molti e ciò faceva vedere l’interesse, la simpatia, l’amicizia da parte di tanta gente e come i rapporti rimangono al di là del tempo e della distanza.

Devo confessare con tutta sincerità che, per quel che mi riguarda, il cambio da una parrocchia viva ad un lavoro “settoriale”, per quanto necessario e decisivo per tanti sacerdoti e quindi pur vivendolo come un servizio ecclesiale, per me non era stato facile, anzi soffrivo di nostalgia. Poi mi sono donato totalmente in questa volontà di Dio, constatando che effettivamente posso contribuire anche con la mia esperienza a incoraggiare tanti sacerdoti ad affrontare con la vita e la sapienza del Vangelo le sfide di questo tempo.

In questa visita del sindaco e del consigliere, è bastato poco tempo per capire l’impegno dell’ex-parroco e cresceva, non solo l’interesse, ma anche una certa percezione della Chiesa universale come si può sperimentare qui a Roma, oltre che un modo particolare di vedere le cose dal punto di vista del carisma del Movimento. Hanno incontrato giovani e adulti, persone di ogni tipo, di ogni professione e vocazione, gente che si interessa di politica, altri che si occupano dell’ecologia o di tanti altri aspetti … oltre noi immersi nel mondo dei sacerdoti e diaconi.

Dopo un po’ il sindaco mi dice confidenzialmente: Il tuo successore è un sacerdote giovane molto adatto e impegnato. Sto notando però una cosa: nella tua permanenza la parrocchia aveva di mira tutta la città, il benessere comune. Attualmente ho l’impressione che senza avvertirlo, si guarda un po’ troppo solo alla parrocchia, e questo per me come sindaco fa della parrocchia un’associazione come tante altre associazioni della città.

Ci siamo detti che, comprensibilmente, un nuovo parroco deve prima di tutto conoscere i suoi. Ma il sindaco ha percepito una cosa secondo me importante: verso dove bisogna puntare come obiettivo delle nostre comunità?

Questa percezione del sindaco mi è stata di ulteriore luce sul nostro modo d’impegnarci in parrocchia e mi ha dato gioia. Ma cosa fare adesso?

Alla fine della visita il sindaco mi dice congedandosi: “Da voi ho capito una cosa: adesso devo curarmi anch’io un po’ della parrocchia per contribuire a farla arrivare a questo destino”.

 

Passato adesso un periodo di tempo dalla sua venuta, ho veramente l’impressione che ci stanno riuscendo.

 

Wolfgang Schneck