Un'opportunità per riscoprire l'esigenza e la vita di comunione tra sacerdoti e tra comunità parrocchiali

 

Meno sacerdoti, lavoro pastorale accresciuto 

di Giampietro Baldo

 

Com’è noto, in zone sempre più vaste del mondo scarseggiano le nuove vocazioni sacerdotali, cresce l’età media dei sacerdoti e diventa più ridotto il loro numero. Per cui si affidano a un solo sacerdote diverse parrocchie, o si costituiscono delle “unità pastorali”, cioè diverse parrocchie affidate a un piccolo gruppo di “co-parroci”. Come muoversi per animare quelle comunità parrocchiali in modo efficace, creativo, senza logorare all’estremo i sacerdoti con il superlavoro? Presentiamo un’esperienza emblematica e stimolante a riguardo.

 

 

Prima esperienza diocesana di Unità Pastorale

 

Dieci anni fa, siamo arrivati in Val di Ledro, nel Trentino, in tre: don Lino Giori, ammalato di tumore, don Pio, vicino ai 70, ed io. Dovevamo seguire le undici comunità della Valle che comprendeva sei Comuni. Ci accoglievano sei sindaci e molti occhi erano su di noi in questa prima esperienza in diocesi di Unità Pastorale.

Il vescovo e i suoi collaboratori non ci avevano offerto alcuna traccia o indicazione particolare di lavoro. Abbiamo prima di tutto offerto la nostra esperienza: anche noi eravamo diversi di età, di salute, di talenti, eppure in tutti e tre c’era il desiderio di crescere nell’unità. La nostra testimonianza ha molto inciso nelle scelte del Consiglio Pastorale, composto da due rappresentanti per comunità. Questa costituzione del Consiglio ha permesso di conoscersi meglio tra le varie comunità e di promuovere una pastorale a livello di tutta la Valle, imparando gli uni dagli altri.

 Infatti dal primo momento si è intuito che dovevamo puntare sull’amore reciproco non solo fra noi del Consiglio, ma anche fra le varie parrocchie. Ci sono due di esse che superano i 1000 abitanti, altre più piccole e le attese erano diverse. Abbiamo trovato alcune comunità vivaci, altre che non sapevano come muoversi. Nell’ascolto reciproco si capiva che dovevamo muoverci come il cuore che fa un duplice movimento, di sistole e di diastole: noi da parroci avevamo il compito di individuare e mettere in rilievo il positivo di ogni comunità, per poi rilanciare la vita a tutti, offrendo dei criteri evangelici che potessero farci crescere insieme.

Un giorno, in un momento di stasi e di scoraggiamento per le comunità piccole, abbiamo chiesto ai Consiglieri di mettere in evidenza una o due esperienze positive della loro comunità; ne è nato un concerto di vita che ha rilanciato la vita di tutti.

Un anno dopo don Lino è partito per il Paradiso e dopo qualche anno don Pio è andato in pensione. Mi sono trovato da solo, ma il volano era partito. La Provvidenza, ancor prima che partisse don Pio, mi ha mandato il Provinciale dei padri Verbiti che mi chiede se posso dar lavoro ad un loro sacerdote appena arrivato dalla missione, padre Benito. Anche lui viveva la spiritualità dell’unità, per cui è stata l’occasione per poter stabilire un rapporto di comunione con lui così da garantire ancora la presenza di Gesù fra noi per il bene delle comunità.

 

Influsso nella società civile

 

Questa esperienza non ha coinvolto solo la vita ecclesiale, ma ha spinto i sei Municipi ad osservare che la rete costruita per le parrocchie poteva essere positiva anche per i Comuni. L’idea del Comune unico era già partita prima del nostro arrivo, ma l’esperienza delle parrocchie non solo ha accelerato il processo, ma ha fatto cambiar idea a molti che non vedevano chiaro il Comune unico. Il referendum del 2009 ha espresso una notevole maggioranza sul “sì”, il 75%.

Il giorno dopo sul quotidiano locale appariva sulla prima pagina a caratteri cubitali: "La Val di Ledro ha scelto l’unità". Era per me un forte indicatore dell’impegno che stavamo proponendo in tutta la Valle.

Dei quattro che facevano parte della presidenza del Consiglio Pastorale, ora uno è vicesindaco, l’altro assessore e una è diventata consigliera. Il rapporto costruito fra noi ha aiutato anche la campagna elettorale. Il rappresentante di un partito di sinistra ha aiutato una lista di destra che non trovava nomi disponibili, con questa proposta: “Non preoccuparti, io ti passo dei nominativi che sono interessati al Comune, ma con me non si sentono di venire essendo spostato a sinistra; contattali, con te sono certo che si troverebbero meglio”.

 

Crescita del laicato

 

Questo clima di ascolto, di collaborazione, sta portando molti frutti. Il primo è la crescita del laicato; quando il vescovo è venuto per la visita pastorale, affermava di aver trovato una valle viva e un laicato maturo.

Gli ho fatto presente che due mi sembravano i motivi principali della loro crescita. Il primo che essendo senza parroco residente, i laici si sono maggiormente responsabilizzati.

Il secondo motivo lo trovavo nella mia esperienza, seguendo la spiritualità e il “modello” che ho trovato nel Movimento dei focolari; in esso tanti laici hanno una vita cristiana profonda, radicale, e quindi si prendono le loro responsabilità.

Quando partecipo ai loro incontri, ad esempio a quelli estivi chiamati Mariapoli, io non devo dedicarmi a compiti organizzativi ma svolgere il cuore del mio ministero (confesso, celebro l’Eucaristia, faccio i colloqui…).

Ciò mi è stato d’ispirazione per concentrarmi nei riguardi di queste parrocchie nel mio ruolo fondamentale, dedicandomi fondamentalmente “alla preghiera e alla Parola” per dirla con l’espressione degli Atti degli Apostoli.

Ricordo un famoso “decalogo”, del vescovo e teologo Klaus Hemmerle pronunciato davanti alla Conferenza episcopale tedesca, riferito alla vita dei sacerdoti e alla loro pastorale, dove diceva tra l’altro: «È più importante seguire spiritualmente i collaboratori, che fare da me e da solo quante più attività possibili. È più importante essere presente in pochi ma centrali settori operativi, con una presenza che irradia vita, che essere presente ovunque, in fretta e a metà».

Infatti è stato decisivo tra noi aver puntato sempre a promuovere l’impegno e partecipazione dei laici e affidare loro delle responsabilità evangelizzatrici, man mano che crescevano nella vita cristiana, particolarmente nell’esperienza di vivere e diffondere la Parola e la vita di comunione.

Comunione fra le parrocchie

 

Un altro frutto è la reciprocità che cresce fra parrocchie. Non solo la gente si muove da una comunità all’altra, ma anche i servizi sono reciproci. Se manca l’organista, è presente quello del paese vicino; ad un funerale nel coro ci sono elementi di varie comunità; il ministro della Comunione è disponibile anche per la parrocchia vicina; per un periodo una parrocchia era senza soldi e ha trovato il prestito dall’altra, senza passare attraverso la banca dove gli interessi sono alti.

Un altro frutto è la sensibilità e l’apertura a chi è lontano dalla Chiesa. Anche recentemente in questo mese ho avuto due esperienze significative.

Una ragazza è venuta a chiedere il Battesimo per la sua bambina; lei convive e non capisce bene il senso del matrimonio. Al Battesimo partecipa la comunità, si fa festa, e lei alla fine della cerimonia viene in sacrestia a chiedermi di poter rientrare nel coro della parrocchia dopo anni di assenza.

Muore una signora giovane e il marito non vuole che alcuno lo sappia: non si suonano le campane e il funerale è celebrato in orario particolare. Ero andato a trovarla a casa durante la malattia, oro celebro il funerale senza coro e senza campane, ma facendomi uno sia col loro dolore, sia con le loro aspettative. Invito alla chetichella qualcuno, certo di far passare attraverso di noi l’Amore di Dio a queste persone. Alla fine mi ringraziano, anzi, il fratello che abita in Germania e frequenta, per la musica, sia chiese cattoliche che protestanti, afferma che non ha mai sentito un’omelia così chiara, concreta, aperta alla speranza. Sono sicuro che i loro cuori sono stati toccati non da me, ma dall’Amore di Dio che insieme alla comunità abbiamo portato.

 

Giampietro Baldo