Un cammino possibile a tutti

È la volontà di Dio che ci fa santi

di Enrique Cruz Barrientos

Quest’esperienza di un sacerdote spagnolo traduce in vita una dimensione importante che auspicava il Concilio Vaticano II nel Decreto Presbyterorum Ordinis: «I presbiteri, immersi e agitati da un gran numero di impegni derivanti dalla loro missione, possono domandarsi con vera angoscia come fare ad armonizzare la vita interiore con l’azione esterna. Ed effettivamente, per ottenere questa unità di vita, non bastano né l’ordine puramente esterno delle attività pastorali, né la sola pratica degli esercizi di pietà, quantunque siano di grande utilità. L’unità di vita può essere raggiunta invece dai presbiteri seguendo nello svolgimento del loro ministero l’esempio di Cristo Signore, il cui cibo era il compimento della volontà di Colui che lo aveva inviato» (n. 14).

  

Una strada buona anche per me

Durante i miei primi anni di sacerdozio ho avuto la possibilità di fare, nel Centro di formazione alla spiritualità di comunione per sacerdoti diocesani, inserito nella cittadella del Movimento dei focolari a Loppiano, un’esperienza di unità bella e originale che sarebbe diventata decisiva per il futuro di tutta la mia vita.

Eravamo 62 sacerdoti e seminaristi provenienti da 26 nazioni dei cinque continenti. Siccome ancora non conoscevo bene la lingua italiana, uno di loro mi consigliò di leggere dei libri in italiano. Subito andai in biblioteca e trovai un testo sulla vita di san Pietro di Alcántara, grande santo spagnolo che aveva aiutato santa Teresa d’Avila nella riforma del Carmelo e che raggiunse la santità attraverso dure penitenze.

Quel testo mi aiutò effettivamente a migliorare la lingua italiana, ma a dire il vero allo stesso tempo mi suscitò una profonda inquietudine: se per diventare santi bisognava praticare tutte quelle penitenze, certamente quello non era il mio cammino! Per cui ho chiesto a Gesù di “cancellarmi” dall’elenco dei santi; per quella strada io non sarei riuscito a diventarlo nemmeno per sogno.

Alcuni giorni dopo, ascoltando una meditazione di Chiara Lubich dal titolo «Una via di santità per tutti», mi è arrivata quella che ho avvertito come una risposta da parte di Gesù. Quello scritto proponeva di vivere l’attimo presente concretamente come via alla santità. Sentii una gioia immensa… A ciò non potevo dire di no: anch’io potevo percorrere questa strada ed ero chiamato a farlo. Gesù mi aveva preso sul serio.

Le esperienze non si sono fatte attendere. Ve ne racconto qualcuna che mi è rimasta particolarmente nel cuore.

 

I cambiamenti di programma

Vicini alla Festa del Natale, i responsabili del Corso ci avevano distribuiti a piccoli gruppi per fare alcuni giorni di riposo in diverse parrocchie, i cui parroci erano sacerdoti che condividevano la stessa spiritualità di comunione che cercavamo di approfondire e sperimentare nel nostro Centro.

A me era toccato andare al Nord di Italia, in Folgaria, nelle Alpi, dove c’era tanta neve. Questa proposta mi piaceva tantissimo; sono del sud della Spagna, dove le temperature sono alte, per cui era la prima volta in vita mia che andavo a celebrare il Natale circondato dalla neve… e in più assieme ad altri sacerdoti amici.

Invece pochi giorni prima di partire trovo in uno dei corridoi il responsabile del Centro, il quale con un bel sorriso mi domanda: «Enrique, sei pronto a tutto?». Io, convinto interiormente, risposi: «Certo!». Volevo infatti fare fino in fondo quell’esperienza che stavamo cercando di vivere. Mi propone allora un cambio di programma: non sarei più andato nelle Alpi come previsto. Addio “settimana bianca”! Mi hanno chiesto invece di aiutare in cucina perché doveva venire un gruppo grande a passare il Natale con noi per conoscere la nostra vita, ed era necessario che alcuni rimanessimo per accoglierli e servirli.

Quante volte durante quei giorni mi sono detto, sbucciando le patate, mettendo sul fuoco la pasta, «è proprio con questi piccoli servizi che mi faccio santo».

 

Le difficoltà possono aiutare

Ogni giorno era occasione per nuove esperienze. Ricordo ad esempio che appena finito il tempo di Natale abbiamo ripreso i lavori con cui coprivamo tutte le necessità della comunità. Essi facevano parte della formazione, affinché non ci fermassimo alle “teorie”.

Io ho incominciato a lavorare nella segreteria. Umanamente parlando, quel lavoro non era attraente per me; consisteva nel trascrivere testi, preparare delle buste, scrivere nomi, in lingue che non conoscevo, con parole magari con cinque consonanti di seguito… Incredibile. Scrivere senza sapere cosa.

Si può immaginare quanti errori commettevo. Ancora si usavano le macchine da scrivere, e ogni volta che sbagliavo cercavo subito di correggere anche se era faticoso, pensando a quelli che avrebbero dovuto leggerlo dopo.

Magari prima queste piccolezze potevano sembrarmi delle banalità. Ma tutti sappiamo quanto la vita di tutti i giorni è zeppa di queste realtà. E abbiamo bisogno di fare bene le piccole cose se vogliamo riuscire a affrontare in sintonia con l’Amore di Dio quelle grandi. Del resto, come diceva Chiara in uno dei suoi famosi “detti” per i giovani (ma che servono a tutti), “niente è piccolo di ciò che si fa per amore”. Così tutto quel periodo è stato per me una scuola di vita per imparare ad andare avanti nel concreto amore evangelico, momento per momento, facendo con tutta la perfezione possibile ciò che Dio mi chiedeva attraverso le circostanze.

 

Anche il ministero si trasforma

Fino al giorno d’oggi, questo cercare di vivere bene l’attimo presente nella volontà di Dio per amore, mi aiuta a dare la stessa importanza a tutto ciò che faccio da sacerdote: accogliere le persone in parrocchia, preparare un raduno, celebrare un sacramento… tutto acquista valore, dignità, persino nuova fecondità, se fatto nella volontà di Dio del momento presente.

Questo modo di agire mi ha portato tra l’altro ad acquisire l’equilibrio nel saper relativizzare le cose, dando a ognuna il suo giusto peso. Ad esempio negli anni scorsi in Diocesi sono stato nominato vicario episcopale. Mi sono messo a fare quel servizio con tutto l’amore possibile, che significava tra l’altro svolgerlo con disponibilità e semplicità fraterne. Erano in tanti a congratularsi con questo modo di fare. Ma io cercavo sempre di non considerarmi “importante”.

Quando è finito quel periodo, alcuni mi facevano notare che avrei sofferto dovendo lasciare questo posto di rilievo: «La vita è fatta di scale, c’è chi sale e c’è chi scende. Però sempre costa scendere», mi dicevano ad esempio. Devo dire francamente che con l’aiuto di Dio non ho avuto nessun problema nel cambiare posto: nella sua volontà non ci sono cose “meno importanti”. Veramente si sperimenta che cercare solo la volontà di Dio ci rende liberi e realizzati, al di là degli incarichi e degli eventuali successi o insuccessi.

In questo momento un’ultima esperienza ha a che vedere con una possibilità sempre presente nella nostra esistenza, ma che in genere si concretizza in modo imprevisto, non programmato: difficoltà nella salute. Da qualche tempo soffro di diabete. Il medico mi ha spiegato con precisione come devo comportarmi per andare avanti con la maggiore normalità possibile: tenere una dieta adeguata, fare esercizi fisici, mangiare sobriamente cinque volte al giorno. Pure in questo campo è bello vivere la volontà di Dio. Ogni volta che faccio, ad esempio, gli esercizi con la cyclette, mi dico che anche questo può aiutarmi a cercare di realizzare l’esortazione evangelica: «Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione» (1 Ts 4, 3).

Enrique Cruz Barrientos