Per una rinnovata Pentecoste

Card. Claudio HUMMES

 

Omelia ai vespri dell’allora Prefetto della Congregazione per il Clero.
Riportiamo anche le sue parole introduttive,
dette spontaneamente prima di leggere il testo scritto.

 

Focolarini, Schoenstatt, Carismatici e altri hanno collaborato per questa manifestazione. Tante grazie a tutti voi!

Nella preparazione di questi giorni di chiusura dell’Anno sacerdotale, ci siamo tante volte riuniti per pensare a tutte queste celebrazioni liturgiche e altre iniziative per i sacerdoti. I tre Movimenti sono venuti da noi per parlarci di questo pomeriggio. Io ero molto contento perché ero sicuro che sarebbe stata una cosa molto buona, qualcosa che veramente ci ringiovanisce, ci rinnova, ci dà la gioia di essere sacerdoti, di essere sacerdoti in questo tempo, in questo mondo di oggi, in questa cultura di oggi.

Alle volte è un po’ difficile senz’altro, ma è possibile evangelizzare tutte le culture. Tutte le culture hanno del bene, del vero, e portano nel loro seno i semi di Dio, della sua Parola e della sua azione nel mondo. Ciò mi fa pensare sempre alle parole di Gesù: «Io non sono venuto per condannare ma per salvare il mondo». Così anche noi non vogliamo condannare il mondo, la cultura, ma vogliamo salvarla.

Viene da ricordare quanto diceva Giovanni Paolo II, nella memorabile vigilia della Pentecoste, subito prima del Giubileo del 2000, nel grande incontro con i Movimenti ecclesiali in Piazza San Pietro. Ero lì anch’io. È stato veramente un avvenimento grandioso, importantissimo. Il Papa diceva: «Voi siete la risposta a questo mondo che cerca la luce, che cerca anche non sapendo dove trovarla, ma che cerca un senso per la storia, un senso per la vita. E voi siete per questi tempi veramente una luce». E questo ripeto io oggi. Sono qui per ringraziarvi e dirvi quanto è stato buono questo pomeriggio.

Se mi permettete, le testimonianze mi hanno toccato personalmente molto nel profondo, tutte le testimonianze. Ma voglio menzionarne in modo particolare una: quella dei tre sacerdoti del Burundi che hanno vissuto così fortemente il martirio insieme a quelli che sono morti.

Ed ora vi leggo il testo che ho preparato per questa occasione.

 

Fratelli e Sorelle,

 

Per la conclusione dell’Anno Sacerdotale, lo Spirito del Signore ci ha congregati a Roma in questi giorni e ci invita ad una rinnovata Pentecoste, anzitutto i presbiteri. La Pentecoste, come è scritto nel libro degli Atti degli Apostoli, è avvenuta dopo l’Ascensione di Cristo, durante giorni di intensa preghiera degli stessi Apostoli nel Cenacolo, insieme con Maria, la Madre di Gesù. È una preziosa indicazione sullo spirito con il quale voi, cari sacerdoti, dovreste vivere questi giorni dell’Incontro Internazionale dei Sacerdoti con il Papa. Cioè, vivere la preghiera, insieme con Maria, per ricevere ancora una volta, in modo intenso, il dono dello Spirito Santo per la vostra vita presbiterale e per la missione che il Signore vi ha affidato: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16, 15). «Ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 19-20).

L’Apostolo Paolo, nel brano della Lettera ai Romani, appena letto, insegna che la Chiesa è come un corpo con «molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione». Il sacerdozio ministeriale, di cui voi, sacerdoti, siete stati insigniti sacramentalmente, vi ha configurati a Cristo, Capo e Pastore del Popolo di Dio. Con tutte le altre membra del Corpo, siate discepoli di Gesù. Ciò è determinante, perché così siete entrati nella strada della salvezza. Eppure, per l’ordinazione presbiterale siete non soltanto discepoli, ma anche Capi e Pastori della comunità dei discepoli. Capi non nel senso mondano, ma piuttosto come servitori del Popolo di Dio. Sant’Agostino lo disse alla sua comunità: «Con voi sono cristiano, per voi sono vescovo». In conseguenza, il presbitero è sempre pastore, 24 ore al giorno, e bisogna assumere questa identità e questo ministero con lo stesso amore che Gesù richiese da Pietro: «Tu me ami?», e Pietro: «Signore, tu sai che ti amo»; e Gesù: «Pasci le mie pecorelle» (cf Gv 21, 15-18). Ciò vuol dire che amare il Signore e amare il Suo gregge come Lui stesso lo ha amato e lo ama, è la richiesta fondamentale di Gesù ai suoi pastori. Si tratta della carità pastorale, indispensabile caratteristica del pastore. Fedeltà di Cristo, fedeltà dei sacerdoti. Come Cristo ha fedelmente amato il Suo gregge sino alla fine, così anche i sacerdoti devono amare fedelmente il gregge di Cristo.

Paolo parla al contempo di tanti altri carismi, che lo Spirito dà a chi vuole, per il bene comune della Chiesa. Nel clima pentecostale del dopo-Concilio, questi carismi sono stati effusi in forma rinnovata e molteplice sui fedeli, in modo particolare nei cosiddetti nuovi Movimenti ecclesiali. Molti sacerdoti si sono associati a tali Movimenti. Gli ultimi Papi hanno approvato tali Movimenti e riconosciuto che possono essere anche un arricchimento spirituale per i presbiteri in essi associati, purché si armonizzino con la spiritualità propria dei presbiteri, la quale per loro deve essere centrale e determinante (cf Pastores dabo vobis, 68).

Proseguiamo ora la nostra preghiera liturgica, per tutta la Chiesa e per il mondo e, insieme con Maria, innalziamo una preghiera fervente allo Spirito Santo, affinché Egli venga su di noi, ci illumini, ci santifichi e riaccenda in noi lo slancio missionario così urgente nei tempi odierni. Amen.