«E voi tutti siete fratelli…»

di Ruedi Beck

 

Una parrocchia nella città di Basilea (Svizzera),
risponde con coerenza evangelica e creatività a una nuova sfida:
l’attuale contesto socio-culturale pluralista, multietnico e interreligioso,
affrontato non senza rischi ma con frutti sorprendenti.

 

Da giovane sacerdote ero affascinato dall’ideale di Gesù: un solo Padre … e tutti fratelli (cf Mt 23, 8-9). Oggi sono parroco nella City di Basilea, in un quartiere dove vivono persone di oltre 150 nazioni, fra loro più di mille rifugiati clandestini.

Durante l’inverno del 2005, giorno dopo giorno, bussavano alla porta della casa parrocchiale, affamati e assiderati. Poco prima lo Stato svizzero aveva emanato una legge molto rigida sull’immigrazione. Che fare? Gesù aveva detto: «Avevo fame e mi avete dato da mangiare...» (cf Mt 25). Insieme alle mie collaboratrici e ai miei collaboratori abbiamo preparato pasti caldi per loro e predisposto un alloggio per i più svantaggiati.

Ben presto ci siamo trovati in aperto contrasto con la legge. Sono seguiti mesi difficili in cui abbiamo rischiato anche il carcere. Finalmente il tribunale ci ha dato ragione e la legge è stata un po’ mitigata. In quei mesi è nata una vera comunità fra i rifugiati; e con l’amministrazione della città si è instaurata un’ottima collaborazione. Sempre più i nostri parrocchiani svizzeri hanno aperto il loro cuore alle persone di altre nazionalità.

Ma la fantasia di Dio è infinita. Durante la Giornata Mondiale della Gioventù del 2005, conosciamo davanti al duomo di Colonia un padre carmelitano dell’India. In seguito nasce da noi un piccolo Carmelo con tre padri indiani. Ormai la nostra équipe pastorale è internazionale: alcuni svizzeri, una tedesca, tre indiani, una religiosa italo-australiana, un bosniaco, una signora giamaicana e fra poco arriverà un sacerdote nigeriano.

Grazie all’unità fra tutti, l’impossibile diventa possibile: ogni domenica abbiamo la messa anche in inglese e un pranzo con ca. 100 rifugiati; nel 2008 abbiamo fatto un pellegrinaggio in Terra Santa con 160 persone di 20 nazioni, tra cui 40 bambini; in piccole comunità cristiane ogni due settimane si radunano medici, disoccupati, rifugiati, ecc.; alla distribuzione settimanale di viveri per i più poveri collaborano anche musulmani. Molti considerano la nostra parrocchia come un esempio per l’integrazione fra le varie nazionalità. Ma la cosa più bella è che in essa si sperimenta la Chiesa come Famiglia di Dio.