Portare Dio a chi non lo conosce

di Chiara LUBICH

 

«Non è costato poco al Figlio di Dio il farsi, per amore, uno con noi. Egli sì che ha “vissuto l’altro”. Ed eccolo uomo: Gesù, che nasce come noi, ebreo fra gli Ebrei, con la cultura ebraica, che vive, lavora, piange, è stanco, soffre nel corpo e nell’anima; offre a Dio anche la tremenda sensazione d’essere abbandonato da lui; è annientato, muore. E così è disceso lungo tutti i gradini in cui è posta l’umanità, per raccoglierla tutta nel suo cuore e portarla al Padre.

È a lui che noi, e i sacerdoti che sono i primi apostoli e i primi missionari, guardiamo per sapere come portare Dio a chi ancora non lo conosce o crede di conoscerne altri.

“Farsi uno” con loro, assumere le diverse culture spesso così ricche, le tradizioni a volte millenarie, ed in quelle far germogliare la buona novella.

E poi gli uomini tutti del mondo: atei, materialisti, violenti, terroristi, peccatori, drogati, ladri, omicidi...

Gesù crocifisso, nel suo grido d’abbandono, ricorda tutte queste creature.

È l’amore per lui che dà un nuovo slancio al sacerdote per sapere come e in che cosa dialogare con essi: Gesù è venuto medico per gli ammalati».

 

Dall’intervento alla Giornata
“Il sacerdote oggi – il religioso oggi”,
Aula Paolo VI – 30 aprile 1982)