“Far casa” ai sacerdoti

di Dante SEMENTILLI e Franco QUATTROCIOCCHI

 

L a testimonianza di due sacerdoti del Lazio sulla necessità e
la possibilità della comunione e dell’accoglienza reciproca fra sacerdoti.
Una via per ritrovare il vero senso della vita e della vocazione.

 

Presentatore: Don Dante e don Franco, voi venite da Frosinone, vicino a Roma. Don Dante, che cosa ricorda degli anni della formazione?

Dante Sementilli: Siamo stati preparati a stare in piedi ciascuno da solo nella sua parrocchia. Ma c’era disorientamento: Beatles, minigonne, secolarismo; tra i sacerdoti, continue defezioni dal celibato, litigi per questioni di soldi… Terminati gli studi, ho preferito attendere più di un anno prima dell’ordinazione.

 

Presentatore: Alla fine si è fatto ordinare. Come le è andata?

Dante Sementilli: Dopo nove mesi senza alcun incarico, il vescovo mi ha chiamato per dirmi che non sapeva cosa farmi fare. Sono corso in chiesa. Dopo un’ora di adorazione, ho scritto su un foglio: «Anche se non potrò mai esercitare il ministero, non mi importa nulla. Ho scelto Dio e questo mi basta».

 

Presentatore: Don Franco, a un certo punto loro due si sono trovati in una stessa parrocchia.

Franco Quattrociocchi: Era il 1975. Arriva Dante e mi propone di tentare una vita comunitaria tra sacerdoti. Mi ero appena sistemato un appartamentino… La mattina seguente a messa il Vangelo diceva: «Chi non lascia padre, madre, ... non può essere mio discepolo».

Siamo stati insieme sette anni, con la possibilità di affinare i nostri rapporti, i nostri caratteri, così diversi. Eravamo avvolti dall’Amore di Dio. Si sono avvicinati giovani che poi hanno scelto la via del sacerdozio. E abbiamo ospitato tanti seminaristi e sacerdoti studenti a Roma.

 

Presentatore: E dopo quei sette anni?

Dante: Ci sono stati diversi trasferimenti, finché, nel 2002, ci siamo trovati di nuovo insieme. Si è aggiunto don Natale, un sacerdote anziano, solo. Desiderava terminare i suoi giorni vivendo con noi. Lo abbiamo accolto e valorizzato il più possibile. Alla fine, per un anno ho dormito in un lettino accanto al suo, per accompagnarlo ai servizi, lavarlo, anche alle tre di notte, mentre negli stessi mesi mia madre veniva curata in una casa per anziane. Ora ambedue sono in Cielo, ma per noi l’avventura continua.