Vita e missione dei presbiteri:
una molteplice trama di rapporti

Mons. Ignazio SANNA

 

Il contributo teologico con cui
l’arcivescovo di Oristano (Sardegna)
ha introdotto la seconda tematica
dell’incontro, sottolinea
la dimensione essenzialmente comunitaria
dell’esistenza e del ministero dei presbiteri.

 

La Pastores dabo vobis descrive alcune appartenenze molto importanti per concepire e vivere l’identità del sacerdote: Gesù, Chiesa, comunione. Alla luce di queste appartenenze, la natura e la missione del sacerdozio ministeriale si definiscono in «una molteplice trama di rapporti che sgorgano dalla Santissima Trinità e si prolungano nella comunione della Chiesa, come segno e strumento, in Cristo, dell’unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (n. 12). Il sacerdozio, perciò, ha una radicale forma comunitaria (cf. n. 17) e può essere assolto solo con uno spirito di comunione.

Se il sacerdote vive questo spirito di comunione con umiltà e lealtà, crea sentimenti di corresponsabilità tra fedeli laici e sacerdoti, perché tutti si riconoscono uniti dallo stesso ideale di rendere presente l’opera di grazia di Gesù e di annunciare il suo Vangelo. Benedetto XVI, nel proporre l’esempio del Curato D’Ars, ha ribadito che è doveroso estendere sempre di più gli spazi di collaborazione ai fedeli laici, coi quali i presbiteri formano l’unico popolo sacerdotale e in mezzo ai quali, in virtù del sacerdozio ministeriale, si trovano «per condurre tutti all’unità della carità, “amandosi l’un l’altro con la carità fraterna, prevenendosi a vicenda nella deferenza” (Rm 12, 10)» (Presbyterorum Ordinis 9).

In ultima analisi, il sacerdote non è ordinato solo per il suo bene spirituale, ma per quello della comunità dove svolge il suo ministero di verità e di carità. Infatti, «ogni sommo sacerdote, scelto fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati» (Eb 5, 1). È molto significativo che l’espressione “l’ordine dei presbiteri”, che dà il titolo al Decreto conciliare sui sacerdoti, metta in risalto soprattutto la prospettiva comunitaria in cui il sacerdote si deve collocare per vivere in maniera giusta e fedele il ministero. Non è certamente casuale che il decreto conciliare parli dei sacerdoti quasi sempre al plurale. Non solo. Ma fin dall’inizio i presbiteri sono presentati come i collaboratori dell’ordine dei vescovi, legati gli uni agli altri nell’ordine del presbiterato. «I presbiteri – precisa il Concilio – costituiti nell’ordine del presbiterato mediante l’ordinazione, sono tutti tra loro uniti da un’intima fraternità “sacramentale”, formano un unico presbiterio nella diocesi al cui servizio sono assegnati. (…) Ciascuno è unito agli altri membri del presbiterio da particolari vincoli di carità apostolica, di ministero e di fraternità». In quanto membri dell’“ordine dei presbiteri”, questi ultimi hanno un legame intimo e sacramentale che tocca profondamente tutta la loro personalità, struttura la loro vita e trasforma la loro esistenza.

Proprio perché all’interno della vita della Chiesa è l’uomo della comunione, il presbitero è chiamato a intessere rapporti di fraternità, di servizio, di comune ricerca della verità, con i propri fratelli e con tutti gli uomini di buona volontà. Ogni suo gesto di comunione trova origine e compimento nel cuore stesso della Trinità.